
I contenuti dell'articolo:
Un semplice incidente
Titolo originale: Yek tasadef sadeh
Anno: 2025
Nazione: Iran, Francia, Lussemburgo
Genere: drammatico
Casa di produzione: Jafar Panahi Productions, Les Film Pelléas, Bidibul Productions
Distribuzione italiana: Lucky Red
Durata: 103 minuti
Regia: Jafar Panahi
Sceneggiatura: Jafar Panahi
Fotografia: Amin Jafari
Montaggio: Amir Etminan
Attori: Vahid Mobasseri, Maryam Afshari, Ebrahim Azizi, Hadis Pakbaten, Majid Panahi
Trailer di “Un semplice incidente”
Informazioni sul film e dove vederlo in streaming
Dopo il film Gli orsi non esistono e il conseguente arresto nel 2022, il regista iraniano Jafar Panahi torna a dirigere, stavolta lo fa restando interamente dietro la macchina da presa. Un semplice incidente, è un film che segna il suo rientro in pompa magna, ma è anche un modo per prendersi ciò che gli è mancato per tutti questi anni: l’affetto diretto dei festival e del pubblico. Il film racconta la storia di un gruppo di ex prigionieri che ha la possibilità di vendicarsi di un uomo che anni prima li aveva torturati in carcere. Con un tocco delicato e decisamente equilibrato, Panahi ci tiene a creare un tono privo di elementi politici, raccontando il punto di vista umano della vicenda. Diversamente dai suoi lavori precedenti, dove ha sperimentato un mix fra documentario e fiction, qui è presente un elemento di finzione ben visibile.
Anche in questa occasione, Panahi si serve di diversi non attori, confermando il suo omaggio al cinema neorealista, ma si serve anche di alcuni volti già noti, come il protagonista Vahid Mobasseri, il quale aveva già lavorato con lui in Gli orsi non esistono.
Il film è stato presentato in anteprima alla settantottesima edizione del Festival di Cannes, dove ha concorso per la Palma d’oro ed ha anche vinto l’ambito riconoscimento. Il tutto è successo in presenza del regista stesso, il quale non usciva dall’Iran dal 2010, anno della prima condanna. Il regista ha portato il film in diversi festival, eseguendo un vero e proprio tour. Infatti, il film è stato presentato anche a Karlovy Vary, a Locarno, al Talluride e a Toronto (tra gli altri). In Italia, il film è stato presentato durante la ventesima edizione della Festa del cinema di Roma, dove il regista ha ricevuto il premio alla carriera da Giuseppe Tornatore. In seguito, viene distribuito nelle sale italiane a partire dal 6 novembre del 2025, grazie allo sforzo di Lucky Red.
Trama di “Un semplice incidente”
Un padre viaggia in macchina insieme alla moglie e alla loro figlia piccola, durante il tragitto viene investito un cane e la macchina smette di funzionare. L’incidente scatena una serie di eventi dai toni accesi.
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Recensione di “Un semplice incidente”
Un semplice incidente si apre subito con un concetto interessante: il destino può essere fatale. In effetti è proprio il destino che porta un padre di famiglia nel “covo del nemico”. Se non fosse stato per quell’incidente sciagurato, dove una creatura innocente ha perso la vita, probabilmente Vahid non avrebbe agito sequestrando quell’uomo, strappandolo alla sua famiglia per delle ore. Ma dietro questo piccolo frammento di storia, c’è di più, c’è la rabbia, l’amarezza, la malinconia, ma soprattutto c’è la malattia della vendetta. In un paese cruento come l’Iran, a oggi uno dei principali a utilizzare la pena di morte per risolvere i problemi, c’è un uomo che si fa degli scrupoli. Quell’uomo è Vahid, la sua storia insegna come non si debba agire seguendo la vendetta, perché essa è come un virus che ti entra dentro, seminando odio e rancore nella persona. Il regista, il quale ha subito delle angherie in prima persona, fa capire immediatamente qual è il suo punto di vista: non cerca la vendetta e nemmeno la giustizia sommaria, Jafar Panahi è interessato a raccontare una storia umana, di grande impatto sociale. Con il suo sguardo esperto e attento, Panahi dirige un film necessario, specialmente in tempi dove guerre e bombardamenti sono all’ordine del giorno. Con una storia delicata e fondamentale, Un semplice incidente è un’analisi precisa del concetto di giustizia: la vendetta equivale alla giustizia? Questo è il percorso che intraprende Vahid con un gruppo di ex prigionieri, i quali, per tutto il film, sono indecisi sul da farsi, perché una volta che si commette un omicidio non si torna più indietro, si sorpassa una linea che azzera la distanza fra l’aguzzino e i torturati. In un mondo pieno di egoismo e apparenza, c’è un barlume di speranza rappresentato da persone come Vahid, il quale, seppur con dei giusti risentimenti, non si abbassa al livello di un omicida, rimanendo nel dubbio più totale. Questo film è capace di tenere sulle spine lo spettatore fino alla fine, giocando bene con la curiosità derivata dalla reale identità dell’uomo con la protesi. Si tratta davvero di Eghbal o è semplicemente un uomo qualunque? La risposta arriva solamente nel finale, ma prima c’è un percorso ben argomentato che costringe il protagonista a tormentarsi.
A differenza di film come Taxi Teheran, Tre volti, Gli orsi non esistono, Panahi rinuncia al mix fra documentario e finzione, abbracciando nuovamente lo stile fiction: era dai tempi di Offside che non tornava a questa formula. Un po’ per obbligo e un po’ per necessità, dopo la famosa condanna del 2010, Panahi aveva imparato a escogitare modi sempre più ingegnosi per girare in clandestinità, anche questa volta non fa eccezione. Che fosse in un taxi, ai confini del paese o in una residenza sul lago, Panahi non ha mai smesso di fare ciò che sa fare: il cinema. Nonostante il cambio di stile, il modo di raccontare è sempre quello, non abbandona la coerenza registica che lo ha accompagnato in tutti questi anni. Le riprese si svolgono spesso in un’automobile, il perché sembra trovarsi nella definizione di spostamento delle idee, poiché ciò che racconta il regista non è solo il trasferimento dei personaggi da un luogo a un altro, ma è un vero e proprio trasferimento di idee e opinioni. Se le azioni non si svolgono in auto, si svolgono comunque all’aperto, questo è dovuto al fatto che Panahi ha sempre ammirato il cinema neorealista, ed ha sempre emulato la scelta di evitare scenografie troppo costruite o sfarzose. Tramite stratagemmi registici efficaci, Panahi è capace di movimentare la storia da diverse angolazioni, permettendo allo spettatore di godere di diverse inquadrature, ma senza rinunciare mai al suo punto di vista prettamente sociale.
Nonostante l’assenza di colonne sonore emblematiche, il film compensa con una sceneggiatura imprevedibile, che racconta in modo preciso le difficoltà dei personaggi, i loro traumi post-carcere, ma anche la loro voglia di lasciarsi alle spalle dei momenti brutali.
Con Un semplice incidente, Jafar Panahi è ancora la voce di chi non ha voce. Attraverso questo film, Panahi esprime se stesso, rendendo la vicenda personale, ma parlando anche a nome di molti prigionieri politici che non possono difendersi. Girato in clandestinità e con il sostegno di alcuni paesi europei, il film è un testamento necessario della situazione tragica che continua ad esistere in Iran.
In conclusione
Con Un semplice incidente, Jafar Panahi sfida nuovamente il regime iraniano, andando a girare un film clandestino che parla di giustizia mancata e della dannosità della vendetta. Inoltre, il film presenta una sceneggiatura pulita, in grado di instillare la curiosità necessaria verso lo spettatore. A differenza dei film recenti, Panahi abbandona il mix fra realtà e finzione in favore di un modello fiction puro. Nonostante ciò, il regista continua a mantenere la sua coerenza narrativa e registica.
Note positive
- Regia
- Sceneggiatura
- Dialoghi
- Tema principale necessario
Note negative
- /
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| Sceneggiatura |
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| Colonna sonora e sonoro |
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| Interpretazione |
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| Emozione |
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SUMMARY
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3.9
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