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Una squadra – Il film
Titolo originale: Una squadra
Anno: 2022
Nazione: Italia
Genere: documentario
Casa di produzione: Fandango, Sky, Luce Cinecittà
Distribuzione: Luce Cinecittà, Fandango
Durata: 74′
Regia: Domenico Procacci
Sceneggiatura: Domenico Procacci, Lucio Biancatelli, Sandro Veronesi, Giogiò Franchini
Fotografia: Gherardo Gossi
Montaggio: Giogiò Franchini
Musiche: Mauro Pagani
Attori: Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci, Adriano Panatta, Tonino Zugarelli, Nicola Pietrangeli
Il documentario, presentato al 39. Torino Film Festival, è un’anticipazione della docuserie (sei episodi da 52′) in onda dal 14 maggio su Sky. Si tratta del primo lavoro di Domenico Procacci come regista, noto come produttore e fondatore della Fandango.

Trama di Una squadra – Il film
Santiago del Cile, 1976: l’Italia vince la sua prima e finora unica Coppa Davis. Panatta, Bertolucci, Barazzutti e Zugarelli – capitanati dall’ex campione Pietrangeli – sono la squadra che portò a casa, dopo tante polemiche, l’insalatiera di sei chili d’argento. Ma prima di vincere sul campo, la squadra vinse sul fronte politico: nessun rappresentante di governo, né intellettuale o personaggio dello spettacolo (tranne Ugo Tognazzi) sostenne l’impresa. Non si giocano volée con il boia Pinochet.
Le diatribe dell’epoca sono documentate dai servizi sulla stampa e in televisione, dove ci si chiedeva: perché impedire alla squadra di giocare? Se vogliamo fare una rimostranza a Pinochet, non vendiamogli più le macchine… o no? Intanto, sul dilemma dell’embargo, la squadra partì per il Cile, lottò e vinse 4-1 la più grande competizione mondiale di tennis a squadre. Vittoria straordinaria passata in sordina ormai da 45 anni.

Recensione di Una Squadra – Il film
Procacci affonda le mani in una montagna di materiale da editare: da un lato la parte storica, documentata con vecchi articoli di giornale, copertine, dibattiti televisivi, notiziari… dall’altro, il girato nuovo, quello che vede i protagonisti della storia davanti a una telecamera a raccontare ciascuno, e separatamente, la propria versione dei fatti. Passato e presente vengono continuamente messi in relazione e i ricordi, vivissimi, ci consentono di recuperare una memoria poco e male conservata.
Si intuisce che il regista (non c’è voce off, né presenza in campo) abbia voluto ricreare un gioco di botta-risposta a distanza: un palleggio a fondo campo, tanto per restare sul tennis. Gli intervistati, ripresi mentre guardano e ascoltano le versioni dei loro compagni, restituiscono alla telecamera reazioni squisitamente genuine, spontanee, a volte esilaranti.
Il quadro finale della squadra del 1976 è quello di un gruppo di ragazzi fuoriclasse, tenaci, molto diversi tra loro ma tolleranti, spregiudicati, poco disposti a scendere a compromessi. Dei profili così, era dura anche per lo sceneggiatore più esperto tirarli fuori. Procacci sa coltivare un terreno dove ognuno è libero di esprimere quello che è, o che gli sembra ricordare essere stato in passato. Emergono anche i disaccordi, le opposizioni ancora presenti nelle versioni contrastanti.

In queste testimonianze spicca uno spirito libero d’altri tempi, come per esempio quello di Adriano Panatta che, il giorno della finale propose al suo compagno Paolo Bertolucci di scendere in campo con la maglia rossa. Era una provocazione, un gesto di protesta sconsiderato e inammissibile. Ma nessuno ne parlò. Forse perché le televisioni erano ancora per la maggior parte in bianco e nero? A dire il vero neppure il resto della squadra capì la portata di quel gesto apparentemente ingenuo ma pazienza, sospira Panatta. Certe cose si fanno ma non si spiegano.
Dopo il 1976, nei quattro anni successivi, la squadra raggiunse la finale per altre tre volte: in Australia nel ’77, in USA nel ’79 e in Cecoslovacchia nel 1980. La serie di sei episodi ripercorre la storia di questo lungo percorso, rendendo ai protagonisti – e all’Italia stessa – la gloria che si meritano.

In conclusione
Note positive
- carattere autentico dei personaggi
- commistione passato/presente
- ironia e ritmo
Note negative
- Peccato non aver dato più spazio al racconto di cosa hanno visto in Cile, nel 1976, gli occhi di questi giocatori