Unbroken (2014): Il terzo film di Angelina Jolie

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Unbroken locandina film

Unbroken

Titolo originale: Unbroken

Anno: 2015

Paese: Stati Uniti d’America

Genere: biografico

Produzione: Universal Pictures, Legendary Pictures

Distribuzione: Universal Pictures

Durata: 2 ore e 17 minuti

Regia: Angelina Jolie

Sceneggiatura: Ethan Coen, Joel Coen, William Nicholson, Richard Lagravenese

Fotografia: Roger Deakins

Montaggio: Tim Squyres

Musica: Alexandre Desplat

Attori: Jack O’Connell, Myavi, Garrett Hedlund, Finn Wittrock, Domhnall Gleeson

Trailer italiano di Unbroken

Per la regia di Angelina Jolie, Unbroken è la trasposizione cinematografia del romanzo autobiografico edito col titolo Sono ancora un uomo. Una storia epica di resistenza e coraggio che tratta la storia vera di Louis Zamperini, che fu un atleta olimpico durante gli eventi del secondo conflitto mondiale.

Trama di Unbroken

Il film racconta la storia vera di Louis Zamperini, figlio d’immigrati italiani, atleta professionista di atletica leggera. Da ragazzino, Louis passa le giornate a vagabondare, bere alcol e guardare le donne, convinto di non essere in grado di fare niente della sua vita. Il fratello maggiore Pete, però, la vede diversamente e gli dà la spinta per rimboccarsi le maniche e fare qualcosa della sua esistenza. Quando scoppia la Seconda Guerra Mondiale Louis, che si stava allenando per partecipare alle Olimpiadi, decide di arruolarsi nell’aviazione. All’ammaraggio del suo aereo, Louis e due dei suoi compagni rimangono dispersi nell’oceano per 47 giorni affrontando fame, intemperie, squali… I due ragazzi sopravvissuti vengono “tratti in salvo” da una nave giapponese. Questo è l’inizio di una prigionia nei campi giapponesi durata due anni.

Fotogramma di Unbroken

Recensione di Unbroken

“Se resisti, puoi farcela.”

Louis Zamperini

Quest’unica frase basta per racchiudere il film. Unbroken racconta la storia vera di un uomo qualunque, che ha cominciato la sua vita nei panni di un ragazzino che combinava solo guai e ha scoperto di essere un veloce corridore a forza di scappare a gambe levate dalla polizia. Figlio d’immigrati italiani, viene deriso dai coetanei americani. Il fratello maggiore rappresenta quelle persone chiave nelle vite degli altri, quelli che credono in te e ti danno la spinta di crederci a tua volta.

La regia e il montaggio sono ineccepibili per raccontare una storia che, se non fosse vera, avrebbe dell’incredibile, e pensare che questa è solo una parte della vita di Louis (morto nel 2014 a 97 anni). Il film ha una linea temporale logica, conosciamo Louis che è ragazzino e lo vediamo diventare un giovane uomo. La narrazione scorre bene, gli attori offrono interpretazioni magistrali per accompagnarci nell’agonia, sempre permeata dalla fede, dei 47 giorni dispersi nell’oceano e poi nei campi di prigionia giapponesi. Il rapporto di Zamperini con il caporale giapponese Watanabe è particolarmente complesso, come complicato è il personaggio di Watanabe – soprannominato “l’uccello” dai prigionieri, perché tutto vede e tutto sa – non è un semplice rapporto di prigioniero-caporale, c’è qualcosa che va oltre e che ci permette di scavare nella mente e nell’animo umano non solo di Zamperini ma anche di Watanabe che non si presenta solo come un uomo capace d’indicibili crudeltà ma anche come una persona in lotta con sé stessa.

Alla regia troviamo Angelina Jolie, che ha già dato prova del suo talento dietro la macchina da presa ma che qui fa uno scalino in più nella sua, piuttosto recente, carriera di regista. Da sempre interessata a tematiche sociali e impegnata a livello personale nella causa dei rifugiati e nella tutela dei diritti umani, stavolta Angelina Jolie ci regala un film che è davvero un qualcosa di prezioso.

La storia di Louis non è quella di un uomo straordinario; la sua forza sta proprio nell’essere un uomo comune che si è ritrovato in circostanze difficili e ha deciso di reagire in maniera straordinaria. Ho particolarmente apprezzato il finale del lungometraggio. La Jolie conclude la pellicola quando Louis, finita la guerra, torna negli Stati Uniti e riabbraccia i famigliari, ma sa benissimo che, per rendere il film valido e rendere onore a Zamperini, va aggiunto qualcosa. Il bello, l’incredibile, quello che ci lascia tutti a bocca aperta, viene dopo. Louis, infatti, pur avendo sofferto di stress post traumatico e aver faticato per rimettersi in piedi, è diventato marito e padre amorevole, ha creato iniziative per aiutare i ragazzi svantaggiati e soprattutto ha perdonato Watanabe e, ormai anziano, è tornato in Giappone e ha portato la fiaccola olimpica. Ha, quindi, perdonato. Ha risposto all’odio con l’amore. Com’è possibile, si chiede Angelina (e se lo chiede anche la maggior parte del pubblico) rispondere con il perdono a così tanto dolore? E com’è possibile sopravvivere a così tanto male, fisico ed emotivo? Al termine del film, dunque, la regista ha inserito foto e video forniti dalla famiglia di Zamperini, che quindi non ritraggono più gli attori, ma ci mostrano il vero Louis, accompagnati dalla canzone dei Coldplay “Miracles” (appositamente realizzata per il film) e lì, guardando quell’uomo ormai così anziano che corre fra i giapponesi con il sorriso sulle labbra, capisci la grandezza di quest’essere umano, che incarna la forza che tutti noi abbiamo dentro.Gli attori sono relativamente sconosciuti (pensate che colui che interpreta il caporale Watanabe, Miyavi, è una rockstar giapponese che qui era al suo primo film) ma regalano delle interpretazioni fantastiche. La regia, le riprese, il montaggio, tutto è perfetto e lustrato per regalarci un film degno di essere un block-buster ma sono le interpretazioni di questi giovani e talentuosi attori a renderlo credibile e possibile.

Una nota particolare va alla scena della trave. Ogni volta in cui pensiamo di non essere in grado o di non potercela fare, (ri)guardiamo quella scena. Siamo quasi alla fine di Unbroken. Zamperini, dopo anni di soprusi, violenze e prigionia (ricordiamo che i due anni di prigionia sono il seguito immediato della fine dei 47 giorni disperso nell’oceano) riesce a malapena a reggersi in piedi. Lui e gli altri prigionieri lavorano duramente trasportando carbone; i loro corpi e le loro facce sono neri. Sono alla fine, demoralizzati, umiliati, picchiati, abusati… A un certo punto Watanabe ordina a Zamperini di sollevare una pesante trave da terra e tenerla finché lui non gli dirà di smettere. Se la farà cadere prima, Watanabe gli sparerà. La maggior parte degli altri prigionieri segue la scena; come può fare Zamperini, così malmesso e debole, a sollevare quella trave così pesante? E infatti Louis ci prova, la prende in braccio ma fatica… È tutto un gioco di sguardi fra i due uomini fino a quando Luis trova dentro di sé la propria forza, la propria resilienza, e solleva la trave sopra la testa.

La tiene a quel modo per 37 minuti. Watanabe alla fine lo picchia ugualmente, ma è evidentemente scosso, perché il “campione” non è lui, ben vestito, potente e nutrito, ma quel giovane ormai quasi privo di forze fisiche che però ha trovato quella emotiva. Questa scena ci ricorda che possiamo fare di tutto; che siamo forti e resilienti e che, anche di fronte alle avversità più gravi, possiamo scegliere come reagire. La rabbia e l’odio non distruggono i nostri nemici, ma noi. Noi che, se lo vogliamo, possiamo tutto quello che vogliamo.

Note positive:

  • Ottima regia; ottima recitazione; ottima colonna sonora; ottimo montaggio;
  • Una storia vera che lascerà qualcosa a ogni spettatore.

Note negative:

  • Personalmente, non ne ho trovate. “Unbroken” è diventato uno dei miei films preferiti in assoluto.
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