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Vainilla
Titolo originale: Vainilla
Anno: 2025
Nazione: Messico
Genere: drammatico
Casa di produzione: Redrum, Huasteca
Distribuzione italiana: Da definire
Durata: 96 minuti
Regia: Mayra Hermosillo
Sceneggiatura: Mayra Hermosillo
Fotografia: Jessica Villamil
Montaggio: Sonia Sánchez Carrasco
Musiche: Yamil Rezc
Attori: Aurora Dávila, Natalia Plascencia, María Castellá, Paloma Petra, Rosy Rojas, Fernanda Baca, Lola Ochoa
Trailer di “Vainilla”
Informazioni sul film e dove vederlo in streaming
Nata nel 1989 a Torreón, nello stato messicano di Coahuila, Mayra Hermosillo è un’artista poliedrica: attrice, regista e scrittrice. Dopo aver mosso i primi passi nella recitazione presso l’ITESM Campus Laguna e l’Universidad del Valle de México, ha proseguito la sua formazione a Città del Messico, dove ha collaborato anche con il Festival Internacional Cervantino, una delle più importanti manifestazioni culturali del Paese. La sua carriera teatrale l’ha vista protagonista in produzioni di rilievo come Jesus Christ Superstar e Privacidad, quest’ultima accanto a Diego Luna (Un giorno di pioggia a New York, 2019; Rogue One: A Star Wars Story). Nel 2015 debutta come attrice cinematografica nel lungometraggio Distancias cortas di Alejandro Guzmán Alvarez, segnando il suo passaggio dal teatro al cinema e alla televisione. Ottiene notorietà internazionale interpretando Enedina Arellano Félix nella serie Narcos: Messico, ruolo che le conferisce visibilità globale e riconoscimento critico.
Nel 2018, Hermosillo debutta alla regia con il cortometraggio En la piel de Lucía, scritto e diretto insieme ad Ángel De Guillermo García. Tre anni dopo, nel 2021, riceve il sostegno del programma FOCINE per realizzare il suo secondo corto, Me quedo aquí, confermando il suo impegno verso una narrazione cinematografica personale e radicata nel contesto sociale messicano.
Il 2025 segna il suo debutto alla regia in un lungometraggio con la pellicola drammatica-familiare Vainilla, presentata in concorso alle Giornate degli Autori 2025, sezione autonoma della Biennale Cinema. La prima proiezione per la stampa si è tenuta il 2 settembre alle ore 22:00 presso la Sala Cortino, mentre la proiezione pubblica ha avuto luogo il 3 settembre alle ore 17:00 presso la Sala Perla del Lido di Venezia.
Il film ha ricevuto il prestigioso Authors under 40 Award – Best Screenplay 2025 delle Giornate degli Autori, riconoscimento che celebra la forza narrativa e la sensibilità autoriale di una regista emergente capace di raccontare con delicatezza e profondità le dinamiche familiari e le tensioni emotive che attraversano il quotidiano.
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Trama di “Vainilla”
Alla fine degli anni ’80, in Messico, la piccola Roberta, una bambina di otto anni, osserva con curiosità il mondo che la circonda. Armata di una macchina fotografica e di una radio con cui registra le voci dei parenti insieme alla cugina, Roberta documenta il microcosmo familiare in cui cresce: una casa abitata da sette donne di tre generazioni diverse, tutte imparentate, tutte profondamente diverse tra loro, ma unite da un destino comune. Queste donne vivono sospese tra sogni e realtà, tra speranze e una quotidianità grigia e faticosa. La loro esistenza è segnata da un bivio drammatico: pagare i debiti di Limbania — una donna fragile, vittima dell’alcolismo, a cui è intestata l’abitazione — oppure accettare di perdere tutto, rinunciare alla loro casa, piena di ricordi, di fotografie, di voci, e ritrovarsi nel bel mezzo della strada.
Roberta cresce in questo contesto, tra malinconia, felicità e tristezza, in una casa che è al tempo stesso rifugio e prigione emotiva. Attraverso il suo sguardo, scopriame le figure femminili che popolano la sua vita: Alicia, Limbania, Paloma, Petra, Georgina, Rosy e Lola. Madri, zie, sorelle e cugine, tutte legate da vincoli di sangue e da una rete invisibile di affetti, conflitti e memorie.
Recensione di “Vainilla”
Ho avuto il privilegio di imparare da registi che con il loro lavoro mi hanno incoraggiata a trovare la mia voce di scrittrice e regista. Questo percorso mi ha condotto a Vainilla, una storia che affonda le radici nella mia infanzia nel Messico settentrionale. Sono cresciuta in una casa non tradizionale. A me appariva normale, non la pensava così la comunità conservatrice circostante. Il film segue Roberta, una bambina plasmata da questo ambiente, che crede di poter risolvere la situazione della sua famiglia. Questa è una storia sul crescere troppo in fretta, sull’intreccio di vergogna e amore, su un’identità che si forma fuori dalle più comuni convenzioni. Anziché criticare la tradizione, Vainilla si interroga sul significato dell’appartenenza e sui giudizi che attribuiamo a vite diverse dalla nostra. Girare questo film nella città natale è il mio modo di onorare il posto da cui provengo aprendo, al tempo stesso, la porta ad altre storie che esplorano la famiglia, il genere e la resistenza, in luoghi spesso trascurati dal cinema
Note di regia
Mayra Hermosillo debutta alla regia e alla sceneggiatura con un lungometraggio profondamente necessario per sé stessa, compiendo un viaggio che appare terapeutico. Vainilla (2025) è un’opera che affonda le radici nell’infanzia della cineasta, un racconto intimo e viscerale che nasce dall’urgenza di confrontarsi con un pezzo della propria esistenza familiare. La narrazione prende forma prima nella scrittura — basata sui suoi ricordi — e poi nella regia, ambientata in luoghi a lei noti, come il suo paese natale, Torreón, nello stato di Coahuila. In questa lettura, Roberta non è altro che l’eco di Mayra: il personaggio drammaturgico attraverso cui la regista dà voce e corpo a quelle sensazioni, emozioni e domande che abitavano la sua mente di bambina. Lo sguardo di Roberta (che altro non è che lo sguardo di Mayra) diventa il filtro attraverso cui lo spettatore entra in un mondo popolato esclusivamente da donne, un universo femminile dove la figura maschile è completamente assente. Non si ode mai la voce di un padre, né quella di un nonno, in un modo matriarcale, dominato da Tachita, la dura e crudele capofamiglia che comanda e dirigere tutto.
La cineasta mette in scena, pur scegliendo nomi divergenti per i personaggi, un’indagine nei propri ricordi. Rilegge, con gli occhi di donna adulta, la sua famiglia, cercando di comprendere quelle figure femminili dure ed emotive, buone e cattive, piene di segreti e contraddizioni che hanno segnato e fatto parte della sua infanzia. Donne che, nel Messico degli anni ’80, rappresentavano qualcosa di anticonvenzionale, tanto che il villaggio stesso non faceva altro che giudicarle per il loro modo di vivere, per la loro indipendenza, per la loro resistenza. Un giudizio che poi si rifletteva anche negli occhi di Mayra/Roberta che udendo le frasi che gli venivano pronunciate a scuola, dove veniva definita “l’infermiera”, si poneva domande e incominciava a cercare una maggior comprensione di quelle donne atipiche.
Vainilla, dunque, non è solo un film: è un’opera drammaturgica necessaria, un atto di restituzione e di amore. La cineasta tenta di raccontare il suo mondo di bambina, dando vita alle sue donne — quattro delle quali scomparse prima dell’uscita del film — che ci appaiono nella loro essenza visiva e fisica nei titoli di coda, dove vediamo l’alternanza di immagini delle vere donne e delle attrici sul set. Un gesto di commiato e di celebrazione, che trasforma la finzione in memoria viva. Pur abbracciando un approccio da fiction e non documentaristico, Vainilla è intriso di realtà: ciò che vediamo e udiamo sono le voci, i pensieri e le emozioni di quelle donne forti e complesse, che portavano sulle loro spalle l’intero nucleo familiare in un momento di grande difficoltà economica. Il film diventa così un tributo alla resilienza femminile, alla memoria affettiva e alla capacità del cinema di trasformare il personale in universale.
Il ritratto corale di una famiglia
La pellicola si configura come un lungometraggio corale, nonostante Roberta rappresenti l’epicentro fisico ed emotivo attraverso cui si legge l’intero nucleo familiare. Ogni personaggio femminile messo in scena possiede una propria identità e tridimensionalità ben definita sin dal primo istante in cui appare sullo schermo. Sia a livello di sceneggiatura che di interpretazione attoriale — con prove eccellenti da parte del cast — le donne al centro del film vengono rese iconiche e caratterizzate con precisione fin dai primissimi minuti, grazie a una regia attenta che ne delinea i tratti distintivi fin dalla loro introduzione.
La presentazione dei personaggi è costruita con cura: Tachita viene mostrata nell’atto di rubare, gesto che ne rivela subito la durezza e la determinazione; Limbania, invece, la vediamo prima in un bar e poi in casa, ubriaca fradicia, segnata da un conflitto interiore che la consuma. Ogni figura femminile è arricchita da elementi positivi e negativi, e possiede una caratterizzazione che la distingue nettamente dalle altre, contribuendo alla costruzione di un microcosmo femminile unico e sorprendente. Lo spettatore penetra in questo universo con dolcezza e curiosità, sentendosi parte di questa famiglia, dove ogni personaggio è credibile, comprensibile nei suoi atteggiamenti e degno della nostra attenzione.
In Vainilla, ogni carattere incarna una sfumatura diversa della femminilità e della resistenza. Alicia (interpretata da María Castellá), madre di Roberta, è una figura materna dolce e affettuosa, dal fare razionale: sogna di aprire uno studio fotografico, ma sembra temere l’amore, rifiutando l’idea di trasferirsi a vivere con il fidanzato, mostrandosi attaccata alla propria famiglia. Accanto a lei troviamo Tachita, la capofamiglia, una donna dura e rigida — anche fisicamente — che governa e controlla con mano ferma tutto ciò che la circonda, lottando con determinazione per mantenere l’abitazione, arrivando persino a rubare collane per ottenere il denaro necessario. Georgina, madre di Alicia e figlia adottiva di Tachita (una parentela ambigua e poco chiara nel film), è una donna loquace e dal fisico in carne, che subisce costantemente le critiche della madre, la quale la definisce “grassa”, spingendola a vomitare e a prendere pasticche per perdere peso. Limbania, madre di Manuela, è una figura tragica, al centro di un conflitto interiore che la porta a distruggere ciò che costruisce, spendendo il denaro nell’alcool e subendo la violenza di uomini spietati.
Anche le due bambine, Manuela e Roberta, sono indagate con sensibilità e profondità. Cugine fortemente unite ma profondamente diverse: Manuela cerca di nascondere la propria femminilità nascondendosi e appiattendosi il petto con fasce, mentre Roberta la esplora e la esibisce senza filtri, usando rossetti e trucchi con naturalezza. Nell’ultima parte del film, Roberta dichiara apertamente la sua ribellione contro le regole familiari e sociali, diventando voce di una nuova generazione che non ha paura di mostrarsi per ciò che è. Manuele inversamente è più chiusa, possedendo un carattere alquanto meno ribelle.
Il film costruisce così un affresco potente e intimo, dove ogni donna — adulta o bambina — è portatrice di una storia, di una ferita, di una forza. Vainilla non racconta solo una famiglia, ma un universo femminile stratificato, in cui la resistenza quotidiana si mescola alla fragilità, e dove l’identità si costruisce attraverso gesti, silenzi e conflitti.
Un opera prima matura
Vainilla non sembra affatto un’opera prima. Non ha nulla dell’acerbo, dell’inesperienza o della timidezza che spesso accompagnano i debutti cinematografici. Al contrario, si presenta come un film maturo, consapevole, costruito con una padronanza narrativa e visiva che sorprende. Realizzare una pellicola come questa — che nasce da un imprevisto (il rischio di perdere la casa) e si sviluppa fuori dai canoni classici della struttura in tre atti rifiutando toni prettamente drammatici— è un’impresa tutt’altro che semplice. Eppure, Mayra Hermosillo dimostra una padronanza sorprendente nel tratteggiare il suo microcosmo familiare, scegliendo una forma narrativa fluida che si nutre di frammenti, di gesti, di silenzi e di dialoghi quotidiani.
La sceneggiatura è il cuore pulsante del film: ricca di dialoghi dal sapore domestico, scritta con una sensibilità rara, dove ogni frase pronunciata risulta credibile, mai artificiosa, mai fuori posto. Le parole sembrano emergere direttamente dalla vita, come se fossero state ascoltate e poi trascritte, e non inventate. Questa capacità di rendere il parlato naturale e significativo è uno dei tratti più distintivi dell’opera, e rivela una profonda comprensione del linguaggio emotivo e relazionale.
La regia, che si muove spesso entro l’abitazione familiare — vero epicentro teatrale della narrazione — è altrettanto solida. Hermosillo non cerca virtuosismi, non indulge in movimenti di macchina spettacolari, ma adotta un approccio sobrio, calibrato, che restituisce con giustizia ciò che accade sullo schermo. Le inquadrature fisse, la composizione attenta degli spazi, la gestione dei tempi e dei ritmi interni alla scena contribuiscono a creare un’atmosfera intima dove ogni gesto e ogni sguardo acquistano peso. La regia non è eccelsa nel senso tecnico del termine, ma è giusta, coerente con il tono e con il mondo che il film vuole raccontare.
Accanto alla scrittura e alla regia, è impossibile non sottolineare le prove attoriali del cast, in particolare degli interpreti adulti. Ogni attore riesce a trasmettere una forza fisica e una presenza scenica che riempiono lo spazio con naturalezza e intensità. I corpi, le voci, le posture diventano strumenti narrativi: non c’è mai una recitazione sopra le righe, ma una tensione costante tra interiorità e gesto, tra parola e silenzio. Le attrici incarnano con potenza le contraddizioni dei loro personaggi — donne dure e fragili, affettuose e spigolose, capaci di amare e di ferire — rendendo il microcosmo familiare credibile, stratificato, vivo.
In conclusione
Vainilla è un’opera prima che sorprende per maturità e consapevolezza. Mayra Hermosillo trasforma il proprio vissuto in un racconto universale, restituendo un affresco corale di donne forti, contraddittorie e resilienti. La scelta di un approccio intimo e frammentario, lontano dai canoni classici, permette di dare voce a un microcosmo familiare che diventa specchio di una società intera. La regia sobria e calibrata, la sceneggiatura naturale e credibile e le interpretazioni intense del cast rendono il film un tributo alla memoria affettiva e alla resistenza femminile. Vainilla non è solo un film, ma un atto di restituzione e di amore, capace di trasformare il personale in universale e di lasciare nello spettatore un segno profondo.
Note positive
- Sceneggiatura naturale e credibile, con dialoghi domestici autentici
- Regia sobria e coerente con il tono del film
- Interpretazioni intense e stratificate del cast femminile
Note negative
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SUMMARY
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3.9
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