
Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità
Titolo originale: At Eternity’s Gate
Anno: 2018
Paese: Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti d’America
Genere: Biografico
Produzione: conoclast, Riverstone Pictures, SPK Pictures
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 110 min
Regia: Julian Schnabel
Sceneggiatura: Jean-Claude Carrière, Julian Schnabel
Fotografia: Benoît Delhomme
Montaggio: Louise Kugelberg, Julian Schnabel
Musiche: Tatiana Lisovkaia
Attori: Willem Dafoe, Oscar Isaac, Mads Mikkelsen, Rupert Friend, Mathieu Amalric, Niels Arestrup, Stella Schnabel, Patrick Chesnais
Ben 22 anni dopo Basquiat, il cineasta Julian Schnabel (Prima che sia notte, Lo scafandro e la farfalla) ci trasporta negli ultimi anni di Vincent Van Gogh, il genio maledetto, raccontato attraverso lo sguardo di un artista contemporaneo, con la collaborazione alla sceneggiatura di Jean-Claude Carriere. Ad interpretare l’irrequieto pittore olandese Willem Dafoe, premiato alla Mostra d’arte
Cinematografica di Venezia con la Coppa Volpi per il Miglior attore
Trama di Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità
Dal burrascoso rapporto di Vang Gogh con Gauguin a quello forte e viscerale con il fratello Theo fino al misterioso colpo di pistola che, a soli 37 anni, ha posto fino alla sua vita. Il lungometraggio unisce scene ispirate ai dipinti di Vincent Van Gogh e agli eventi della sua vita che sono stati accettati come fatti realmente accaduti, questi vengono uniti a dicerie e fatti completamente inventate.

Recensione di Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità
“Sono tutti pazzi gli artisti?
Non tutti, solo quelli bravi”
Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità
Prima di parlare di Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità vanno fatte alcune premesse fondamentali per inquadrare il film nella giusta prospettiva. Innanzitutto bisogna dire che non è solo un’opera di ricostruzione narrativa, oltretutto film del genere ce ne sono già stati molti come gli ottimi Brama di vivere di Vincente Minnelli (1956), Vincent & Theo di Robert Altman (1990) o il lungometraggio di animazione Loving Vincent di Dorota Kobiela e Hugh Welchmann (2017); inoltre è importante dichiarare che il regista dell’opera cinematografica è Julian Schnabel un affermato pittore di scuola espressionista la cui pittura trova punti in comune con quella di Van Gogh.
Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità prende spunto da tre elementi: il ritrovamento, nel 2016, di un libro mastro contenente sessantacinque disegni inediti dell’artista, una nuova teoria sulla morte del pittore sulla base di testimonianze dell’epoca e infine dal titolo di uno dei quadri di Van Gogh “At eternity’s gate” (1890 – Kröller-Müller Museum, Otterlo) dipinto due mesi prima della morte. Come ha dichiarato il regista:
“Questo è un film sulla pittura e un pittore e la loro relazione rispetto all’infinito”. “Contiene quelli che sono i momenti che considero essenziali nella sua vita; non è una biografia, ma la mia versione della storia. Una versione che spero possa avvicinarvi maggiormente all’artista”.
Julian Schnabel
L’opera riesce nell’intento espresso, è un film, infatti, sulla ricerca interiore, sulla solitudine e sull’emarginazione. I colori accesi della natura comunicano alla perfezione la ricerca di Dio in essa che Van Gogh anela e che rappresenta nelle sue opere. Le riprese effettuate con la macchina a mano, che insegue da vicinissimo il protagonista comunicano la sensazione di febbrile agitazione e, a volte, lo stato di confusione in cui si ritrova l’artista a causa del disagio psichico che lo porterà in asilo psichiatrico. La parte inferiore dell’inquadratura è spesso sfocata proprio a emulare la visione confusa dell’artista nei momenti più difficili. Questi sono aspetti molto interessanti e particolari dal punto di vista stilistico che però possono essere anche un limite della pellicola che diventa forse troppo squilibrata e di difficile assimilazione.
Oltre alle riprese e ai dialoghi eccellenti, da sottolineare soprattutto i discorsi con Paul Gauguin e con il sacerdote che raccontano molto del personaggio Van Gogh e la colonna sonora, allo stesso tempo ipnotica e martellante di Tatiana Lisovkaia.
Concludendo, nonostante il film sia criticato da più parti, per essere didascalico e poco coraggioso, si può reputare un buon film, emozionante, ben diretto e recitato magistralmente da Willem Dafoe che si cala perfettamente nella parte. Come dice il regista è una versione e a me questa versione è piaciuta. Ah quasi dimenticavo, vi consiglio di non abbandonare la sala appena partono i titoli di coda.
Note positive
- Fotografia
- L’interpretazione di Willem Dafoe
Note negative
- A tratti didascalico