Waiting for the Barbarians (2019): il bisogno di creare un nemico

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Waiting for the Barbarians locandina

Waiting for the Barbarians

Titolo originale: Waiting for the Barbarians

Anno: 2019

Paese di produzione: ItaliaStati Uniti

Genere: drammatico

Durata: 1 hr 52 min

Aspect Ratio: 2.39 : 1

Case di Produzione: Iervolino Entertainment

Distribuzione: Iervolino Entertainment, AMBI Distribution

Regia: Ciro Guerra

Sceneggiatura: J.M. Coetzee, autore dell’omonimo romanzo su cui è basato il film

Produttori: Michael Fitzgerald, Olga Segura, Andrea Iervolino, Monika Bacardi

Dop: Chris Menges

Montaggio: Jacopo Quadri

Musica: Giampiero Ambrosi

Attori: Mark RylanceJohnny DeppRobert Pattinson, Gana Bayarsaikhan, Greta Scacchi, David Dencik, Sam Reid, Harry Melling, Bill Milner, Gursed Dalkhsuren, Tserendagva Purevdorj

Trailer del film Waiting for the Barbarians

“Il dolore è verità. Tutto il resto è in dubbio.”

Colonnello Joll (Johnny Depp) Cit. Waiting for the Barbarians

Trama di Waiting for the Barbarians

Il Magistrato (Mark Rylance), amministratore di un isolato avamposto di frontiera al confine di un impero senza nome, aspetta con impazienza la tranquillità della pensione, fino all’arrivo del Colonnello Joll (Johnny Depp). Incaricato di riferire sulle attività dei “barbari” e sulla sicurezza al confine, Joll conduce una serie di spietati interrogatori. Il trattamento dei “barbari” per mano del Colonnello e la tortura di una giovane donna “barbara” spingono Il Magistrato a una crisi di coscienza che lo porterà a compiere un atto di ribellione.

Recensione di Waiting for the Barbarians

La guerra è un tema molto ricorrente nella settima arte anche se viene raccontato da diversi punti di vista. Waiting for the Barbarians, diretto dal regista colombiano candidato all’Oscar Ciro Guerra (El abrazo de la serpiente, Oro verde – C’era una volta in Colombia, Frontiera verde), parla di questo argomento da una prospettiva più metaforica e analitica in quanto alle motivazioni interne dell’uomo che l’hanno resa protagonista di tanti episodi storici universali.

Basato sul romanzo del Premio Nobel per la Letteratura 2003 J.M. Coetzee che è anche lo sceneggiatore del film, Waiting for the Barbarians mette in discussione i principi essenziali dell’esistenza umana e il sottofondo del colonialismo nell’identità e memoria culturale di tanti popoli del mondo.

Dopo essere stato presentato per la prima mondiale in concorso al Festival del Cinema di Venezia 2019, il film arriva nelle sale italiane il 24 settembre 2020.

Waiting for the Barbarians è il primo film in inglese di Ciro Guerra, ma non è la prima volta che è coinvolto in un progetto legato a temi culturali e sociali, specialmente quelli riguardanti i gruppi etnici.

Anche se sono passati molti anni finché i produttori sono riusciti a girare il film, Waiting for the Barbarians è una di quelle storie che portano con sé delle riflessioni atemporali dettate da uno sguardo approfondito sul pensiero e natura dell’agire dell’uomo.

La trama del film si sviluppa durante le quattro stagioni dell’anno che giocano un ruolo essenziale nell’atmosfera e nelle azioni svolte dai personaggi.

“Non abbiamo nessun nemico che io sappia, a meno che noi stessi siamo il nemico.”

Il Magistrato (Mark Rylance) Cit. Waiting for the Barbarians

Il ritmo del film è lento, con una sceneggiatura con degli snodi narrativi identificabili ma non abbastanza potenti per suscitare nello spettatore una grande curiosità per ciò che sta per accadere. Perciò il peso del film risiede nella recitazione di Johnny Depp (Fantastic Beasts, Murder on the Orient Express, Pirates of the Caribbean, Edward Scissorhands) che interpreta il Colonnello Joll, e in quella del premio Oscar Mark Rylance (Ready Player One, Dunkirk, Bridge of Spies, The Gunman) che dà vita a Il Magistrato. Entrambi due attori eccezionali, come lo sono anche i dialoghi intelligentemente pensati.

Parlando specificamente dei personaggi, Il Magistrato è indiscutibilmente il protagonista di questa storia. Lui è un uomo pacifico che governa con docilità il suo paesino di frontiera. Giustamente questa docilità è la base del suo arco di trasformazione: lui inizia e finisce fedele ai suoi principi; nonostante alla fine questa sua bontà non è più al servizio del suo popolo ma al servizio delle “minoranze”, cioè dei “barbari” o i “nomadi” come lui preferisce chiamarli. Lui non è dei cattivi, ma neanche è un eroe perché comunque si approfitta del caos per recuperare il suo posto di potere e avere vicino la ragazza barbara chi ben poco dimostra affetto nei suoi confronti. Tutti in questa storia lottano per un interesse particolare. Ma chi non lo fa? Tutti siamo stati egoisti almeno una volta.

Intanto il Colonnello Joll è un personaggio molto statico nella sua personalità serena e viso inespressivo, nel suo agire silenzioso ma spietato e terrificante.

Quella dose di energia mancante in almeno la metà del film viene sicuramente data dall’ufficiale Mandel interpretato da Robert Pattinson (Tenet, The King, The Lighthouse, Harry Potter and the Goblet of Fire), che dimostra sempre di più le sue buone capacità recitative dopo il suo ben conosciuto ruolo nella saga di Twilight. Purtroppo, Mandel non è di certo la figura che gli permette di sfruttare a pieno il suo potenziale. Mandel appare dopo circa la prima ora di film: è un personaggio che ha una funzione limitata nella trama, quella di mostrare già senza maschere le vere intenzioni e crudeltà dell’Impero, esprimendosi in modo feroce e portando avanti lui stesso delle torture pubbliche. Lui è praticamente l’esecutore delle decisioni del Colonnello Joll.

È da sottolineare anche il lavoro dell’attrice di origine mongola Gana Bayarsaikhan (Wonder Woman, Ben-Hur, Ex Machina) nei panni della ragazza barbara. La sua performance è molto convincente. Tramite lei vediamo fino a quanto può arrivare la disumanità di quell’Impero ignoto.

Poteva la storia di Waiting for the Barbarians essere raccontata in una forma più dinamica per il grande schermo? Forse sì. Oltre gli snodi narrativi della sceneggiatura, certo è che deve essere stato molto impegnativo lavorare con personaggi principali e posti senza nomi (fedeli al romanzo), fatto che risponde al solo scopo metaforico del racconto originale dove Il Magistrato potrebbe rappresentare una maggioranza sociale con dei principi basilari, Joll e Mandel sarebbero quei “gruppi” cattivi ben identificabili e il Paese e l’Impero qualsiasi città e paese del mondo.

Il “Nemico” come strumento funzionale della storia

Costruire un nemico è la base per giustificare i mezzi per ottenere qualcosa d’interesse al potere governante come ad esempio legittimare una guerra o un’invasione per appropriarsi di un territorio. Mettere nome a un nemico è inoltre un modo di seminare paura in un intero popolo e di conseguenza controllarlo a piacimento; ma è anche una forma discutibile e quasi automatica dell’uomo per nascondere la sua sete di dominazione e voglia di potere assoluto. La storia di Waiting for the Barbarians ha una validità contemporanea perché parlare di questo argomento non è far riferimento al passato storico di tanti paesi, ma significa parlare della realtà di tante società moderne, compresa quella italiana. Ben diceva Umberto Eco nella sua opera Costruire il nemico e altri scritti occasionali: “Per tenere i popoli a freno, di nemici bisogna sempre inventarne, e dipingerli in modo che suscitino paura e ripugnanza.”

Lo straniero, nella storia del film “i barbari” (un popolo etnico), diventano il nemico perfetto per il Colonnello Joll e l’Impero, perché sono diversi, sconosciuti e uno ostacolo per la loro espansione territoriale. Nonostante i motivi forse sono altri, vediamo che oggi continuano a esistere tanti Colonnelli Joll e tanti “barbari” in un mondo sempre più capovolto.

I simboli chiave del racconto

In Waiting for the Barbarians ci sono due elementi che parlano metaforicamente sull’argomento centrale della storia:

– Gli occhi: vediamo che il Colonnello Joll usa sempre degli occhiali scuri ben particolari per “proteggere i suoi occhi dal sole”, occhiali che a fine film non porta più. Questo rappresenta il modo in cui lui vede la realtà: il sole è la chiarezza che fa vedere la verità, ma lui sceglie una “cecità” intenzionale dinanzi alla violenza e l’abuso di potere. Quando non ha più gli occhiali e vediamo il suo viso “nudo” è quando finalmente lui si rende conto che il suo ideale di dominazione è soltanto un fallimento.

Vediamo la stessa metafora tramite la cecità della ragazza barbara causata dalla tortura sofferta durante gli interrogatori portati avanti da Joll. Nonostante questo, la ragazza insiste sul fatto che lei può vedere, il che vuol dire che anche se non più fisicamente, dopo quello vissuto lei ora “vede” il mondo mentalmente in maniera diversa da come lo conosceva.

– Le ferite e cicatrici: colpisce molto la scena in cui Il Magistrato ripercorre con le sue mani i segni rimasti nel corpo della ragazza barbara dopo le torture, un gesto che diventa una sorta di senso di colpa perché anche se lui non ha ferito direttamente la ragazza, lui ha servito fino ad ora all’Impero.

Certamente queste cicatrici hanno la funzione di dimostrare il dolore e le terribili impronte lasciate dal colonialismo -soprattutto- nei popoli nativi. Essendo J.M. Coetzee sudafricano, si potrebbe intuire che più che altro lui fa riferimento ai fatti storici di quella regione del pianeta.

Oltre l’estetica narrativa

Un altro aspetto da far notare su Waiting for the Barbarians è la sua ambientazione che gioca come un altro personaggio della storia. Il direttore della fotografia, Chris Menges (Kes, The Mission, The Killing Fields), insieme allo scenografo Domenico Sica (Kudun, Malena, Wonder Woman, Rome), hanno costruito un paesino sperduto nel nulla con poche risorse ben utilizzate che oltre a creare delle belle immagini da cartoline, riescono a trasmettere quell’atmosfera d’isolamento, incertezza e “calma tesa” che caratterizzano quel posto di frontiera. Inoltre, le location scelte in Italia e in Marocco completano la stupenda narrazione visiva che caratterizza il film.

A questo si aggiungono i vestiti dei personaggi a carico del costumista Carlo Poggioli (The New Pope , Divergent, Van Helsing, The name of the Rose) che si mischiano con i colori e le emozioni del deserto e che completano il look del film. I costumi rafforzano l’idea di appartenenza al paesino: mentre Il Magistrato, il popolo e i barbari stanno sempre su una palette di colori terra, la divisa dei soldati dell’Impero è blu (colore cromaticamente opposto a quello del luogo e degli altri, ciò che vuol dire che anche se loro ci provano non fanno mai parte del paesino).

Waiting for the Barbarians deve essere letto tra le righe per poter essere apprezzato come merita. Pertanto, non è un film leggero in quel senso, ma ciò non rappresenta un aspetto a svantaggio, anzi, è sicuramente il suo punto di forza perché rispecchia dei problemi ancora presenti come l’abuso di potere, l’emarginazione sociale, i pregiudizi e la paura verso chi è “diverso”.

“Quando abbiamo incominciato a lavorare all’adattamento del romanzo di J.M. Coetzee, pensavo che la vicenda fosse ambientata in un mondo e in un’epoca lontana. Tuttavia, durante le riprese del film, la distanza nel tempo e nello spazio si è progressivamente ridotta e ora che il progetto è concluso, la trama si è trasformata in una storia sulla contemporaneità.”

Ciro Guerra, regista di Waiting for the Barbarians

NOTE POSITIVE

● Narrativa visiva ben costruita tramite la fotografia, i costumi e la scenografia.

● Recitazione eccezionale di Mark Rylance e Johnny Depp, dovuta non solo alla già nota bravura di entrambi gli attori ma anche alla buona regia di Ciro Guerra.

NOTE NEGATIVE

● Ritmo lento, dovuto in parte ai plot points non molto forti della sceneggiatura.

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