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Undine – Un amore per sempre
Titolo originale: Undine – Un amore per sempre
Anno: 2020
Genere: drammatico, romantico
Paese di produzione: Germania, Francia
Lingua originale: tedesco
Regia: Christian Petzold
Fotografia: Hans Fromm
Montaggio: Bettina Böhler
Casa di produzione: Schramm Film
Distribuzione in Italia: Europictures
Durata: 90 min.
Cast: Paula Beer, Franz Rogowski, Maryam Zaree, Jacob Matschenz, Anne Ratte-Polle, Rafael Stachowiak, José Barros
Recensione di Undine – Un amore per sempre
Undine – Un amore per sempre è un film del 2020 di Christian Petzold e rivisitazione dell’omonima e celebre fiaba tedesca scritta nel 1811 da Friedrich de la Motte Fouqué. Il film ha partecipato alla 70esima edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino in cui Paula Beer ha vinto l’orso d’argento come migliore attrice.
Trama di Undine – Un amore per sempre
Undine lavora al Märkisches Museum di Berlino come storica, illustrando ai visitatori lo sviluppo urbanistico e architettonico che ha caratterizzato la città nel corso degli anni. Un giorno, il suo fidanzato Johannes decide di lasciarla, venendo meno alla sua promessa di amarla in eterno; Undine, sconvolta dall’accaduto, si imbatte in Christoph, un sommozzatore professionista. L’amore appena nato rinvigorisce e dona nuova speranza alla ragazza. Ella sembra essere sfuggita al mito, ma è proprio quando si rende conto che sta nuovamente amando un uomo, che ritorna e con esso la sua maledizione: dovrà uccidere l’uomo che l’ha tradita.
Undine – Un amore per sempre di Christian Petzold Franz Rogowski in Undine – Un amore per sempre
Analisi di Undine – Un amore per sempre
Undine – Un amore per sempre non è solamente la rivisitazione di un’antica fiaba o una semplice storia d’amore, ma si tratta anche di ribellione.
Il film si apre presentandoci l’evento che rompe con il mito e dà inizio alla nuova storia: poco dopo che Johannes l’ha lasciata, Undine si imbatte in Christoph. Presentatoci come evento puramente casuale, si rivelerà passaggio obbligato verso la sfida e il riscatto: lei non vuole tornare alla maledizione, ma vuole continuare ad amare incontrando qualcun altro. Ed è con questa premessa che Undine compie la sua seconda rottura con la tradizione: da figura fiabesca desidera diventare umana, condizione che può raggiungere solamente attraverso l’amore.
La libertà che Undine raggiunge con Christoph è però fugace. Riesce ad assaporarla per poco tempo, giusto la durata di Stayin’ Alive quella canzone che l’aveva fatta tornare in vita, quella che forse ha sancito quel suo passaggio a umana. Ma è proprio in questo momento che la maledizione ritrova il suo effetto. La forza e la potenza del richiamo del mito sono troppo potenti per essere sconfitti definitivamente e potremmo dire che non se ne sono mai andati.
Ce lo dimostra l’immersione che fanno insieme: Christoph le mostra un reperto sul fondo del lago che porta il suo nome, simbolo del legame che lei ha non solo con le profondità, ma anche con l’acqua stessa, l’elemento dal quale proviene e al quale appartiene: sott’acqua Undine assume sembianze non umane, è leggera, quasi etera, ma soprattutto è viva, riesce a respirare. L’acqua è un filo conduttore importante nello svolgersi della trama perché crea una struttura circolare, come un lago: è lì che tutto ha inizio e fine, è lì che tutto nasce e muore.
Nel film convivono due punti di vista importanti: quello di Undine e quello del mondo; il primo occupa la maggior parte della narrazione, mentre il secondo subentra poco dopo la scomparsa della donna, facendoci vedere il mondo con gli occhi di Christoph, il suo cercatore. Disperato e affranto dalla perdita, inizia a cercare Undine ovunque, a casa, al museo, ma è come se non riuscisse mai a trovarla pur cercandola perché anche lei, come il mito, è sempre viva: ogni sua azione, ogni momento in cui si trova da sola, sono accompagnati da un leitmotiv che, soprattutto dopo la sua dipartita, ne ricorda la presenza.
Il gesto ultimo ce lo suggerisce arriva direttamente da Christoph quando in un’immersione vede Undine e risale con la statuetta del sommozzatore, sigillo del loro amore. Ma è proprio quando smette di cercarla che la trova e capisce che il loro amore è ancora vivo e così la battaglia che Undine stava affrontando per salvare ciò che li legava, diventa anche sua.
In conclusione, penso si possa guardare il film tenendo a mente la modernità della fiaba perché si è prestata in modo eccezionale ad una nuova rivisitazione, e la sua magia, ridataci da un montaggio lento ma costante, così come lo sono le fiabe; da una fotografia che valorizza i colori, in particolare nelle scene sott’acqua dove tutto assume i toni del verde e del blu, e, da ultimo, dalla chimica che unisce i due attori Paula Beer e Franz Rogowski.
Note positive
- L’interpretazione degli attori
- La nuova trama
- La scelta fiabesca di alcune inquadrature
Note negative
- Nessuna in particolare