Yes Day (2021): Un giorno di (scatenata) libertà

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Yes Day

Titolo originale: Yes Day

Anno: 2021

Paese: Stati Uniti d’America

Genere: commedia

Produzione: Grey Matter Productions, Entertainment 360

Distribuzione: Netflix

Durata: 86 min.

Regia: Miguel Arteta

Sceneggiatura: Justin Malen

Fotografia: Terry Stacey

Montaggio: Jay Deuby

Musiche: Michael Andrews

Attori: Jennifer Garner, Edgar Ramírez, Jenna Ortega, Julian Lerner, Everly Carganilla, Fortune Feimster, Nat Faxon, Arturo Castro, Molly Sims

Trailer italiano di Yes Day

Disponibile su Netflix a partire dal 12 marzo, Yes Day è ispirato all’omonimo romanzo (pubblicato nel 2009) scritto da Amy Krouse Rosenthal e illustrato da Tom Lichtenheld. A dirigere il film è il regista portoricano Miguel Arteta, conosciuto per Chuck & Buck (2000), The Good Girl (2002, con Jennifer Aniston candidata ai Film Independent Spirit Awards), Youth in Revolt (2009) e la commedia Una fantastica e incredibile giornata da dimenticare (2014), nella quale a condiviso il set con Steve Carell e Jennifer Garner, assoluta protagonista proprio di Yes Day. Sceneggiato da Justin Malen, già autore di 2 gran figli di… (L. Sher, 2017), montato da Jay Deuby (Questi sono i 40, J. Apatow, 2013; Corpi da reato, P. Feig, 2013) e curato dal direttore della fotografia Terry Stacey (Dear John, L. Hallström, 2010; Qua la zampa!, L. Hallström, 2010; Nella tana dei lupi, C. Gudegast, 2018), il lungometraggio vanta, oltre alla Garner (anche produttrice del film), Edgar Ramírez, Jenna Ortega e la partecipazione di Nat Faxon, vincitore dell’Oscar 2012, insieme ad Alexander Payne e Jim Rash, per la sceneggiatura non originale di Paradiso amaro (A. Payne, 2011).

Trama di Yes Day

Allison (Jennifer Garner) e Carlos Torres (Edgar Ramírez) vivono in una bella casa in compagnia dei proprio figli: Ellie (Everly Carganilla), Nando (Julian Lerner) e Katie (Jenna Ortega). Questi ultimi, in particolare, soffrono le ristrettezze imposte dall’apprensiva madre: una condizione che convince Nando a montare un video da mostrare a scuola, la cui protagonista negativa è proprio Allison. Chiamati dagli insegnanti, i genitori di Nando non riescono a comprendere ciò che ha spinto il ragazzino a rappresentare in quel modo la personale condizione familiare, ma l’incontro con Mr. Deacon (Nat Faxon) conduce Allison e Carlos, inizialmente scettici, a promuovere uno “Yes Day”: ovvero, un giorno speciale in cui ad ogni richiesta dei figli si può rispondere esclusivamente in modo affermativo. L’obiettivo è riscoprire l’importanza di una famiglia unita, eppure né Carlos né Allison si aspettano ciò che Katie, Nando e la piccola Ellie hanno in serbo per loro…

Recensione di Yes Day

L’idea alla basa di Yes Day, ultimo lungometraggio diretto da Miguel Arteta, rappresenta certamente un pensiero interessante. Del resto, concepire una giornata in cui ogni sogno, ovviamente lecito, possa essere realizzato, rimanda a quel concetto di estraniazione dalla quotidianità che può attirare l’attenzione di molti. La libertà, spesso esplosiva e coloratissima, espressa dal film, testimonia proprio questo. Quasi come se le vite di Allison (Jennifer Garner) e Carlos Torres (Edgar Ramírez) potessero essere riavvolte allo stesso modo di una pellicola, rendendo due adulti molto simili ad una coppia di bambini. Ma Yes Day non dev’essere inteso come un’opera nostalgica. Al contrario, Arteta, individuando nei più piccoli il target principale, riprende 86 minuti di scherzi, azione, divertimento, ironia, frammentati da qualche scena dal carattere più emotivo ma sempre a misura di bambino. Una soluzione che distanzia Yes Day da commedie come, per esempio, Mia moglie per finta (D. Dugan, 2011), in cui la presenza degli allora piccoli Bailee Madison e Griffin Gluck non rendeva il film adatto ad una fascia così giovane. Per non parlare, poi, della lontanissima associazione con un lungometraggio dal titolo simile: Yes Man (P. Reed, 2009), in cui la costrizione stabilita dal protagonista Jim Carrey definiva una sceneggiatura, e soprattutto un tema, completamente diversi.

Tuttavia, anche Arteta, in alcune sequenze, si allinea ad un registro più affine ad un target adulto. I primi minuti, ad esempio, rendono con successo (e sempre in modo divertente) il cambiamento tra due fasi della vita. L’ex avventuriera Allison, ad esempio, capace di paracadutarsi da un aereo e simbolo di quell’istantanea voglia di accettare qualsiasi proposta (reputata come un’occasione irripetibile), che diventa una madre intransigente capace soltanto di dire “no”. Oppure Carlos, anche lui in passato amante di nuove e spericolate esperienze, tramutato col passare degli anni in “poliziotto buono” a casa e in un esperto di negazioni presso il lavoro. Due personaggi che, dopo essersi stabiliti in una classica abitazione del suburbio statunitense, comprendono di essersi trasformati in qualcosa che non riconoscono nemmeno, tanto sono stati assorbiti (e intrappolati) dalle proprie incombenze e responsabilità. Il lavoro ossessionante di Carlos, ma anche la mancanza di un impiego per Allison, che testimonia la difficoltà di riempire un vuoto ingiustamente definito tale, poiché destinato ad accudire i tre figli, sottolineano tali temi, rendendo le sfumature di Yes Day anche apprezzabili da un pubblico adulto.

Qualcosa che, però, definisce anche una sottile ambiguità, come se Arteta e lo sceneggiatore Justin Malen (attuatore, come la Garner, del progetto “Yes Day” con la propria famiglia) volessero realizzare un lungometraggio per bambini e famiglie con delle derivazioni verso un secondo, e addirittura terzo, target principale. In fondo, Yes Day appare suddiviso in tre parti: la prima dedicata alla situazione di Allison e Carlos; la seconda contraddistinta dal divertimento del “Giorno dei sì”, e la terza in cui l’importanza delle responsabilità compare anche nei più piccoli. Quest’ultima, caratterizzata persino da uno stile in parte Young Adult, ricentralizza la figura di Jennifer Garner: una madre in perenne apprensione, e quindi, ribaltando la prospettiva dal lato di Ellie, Nando e soprattutto Katie, in continua lite con loro per rappresentare l’ingiusta ostruzione verso i desideri di ciascuno. D’altra parte, però, la scelta di Arteta e Malen, nonostante riduca talvolta l’intensità da cartoon del lungometraggio, tanto affine ai più piccoli, sottolinea anche degli aspetti sorprendentemente in opposizione ai più noti luoghi comuni. Come la volontà di allontanare i genitori da smartphone, tablet e laptop: una prospettiva considerata letteralmente assurda da Carlos Torres.

Eppure, col tempo, Allison/Jennifer contraddirà con le azioni ciò che le viene imputato, tramutando la famiglia in una squadra in cui ogni componente avrà il piacere di sentirsi parte di qualcosa; trovando persino un pacifico microcosmo disposto a proteggerlo dai problemi tipici della quotidianità. In tal senso, è piacevole assistere a come Jennifer Garner riesca a calarsi in un ruolo così dinamico, nonostante sia il personaggio di Edgar Ramírez, al primo ruolo in una commedia, a stimolare con buona costanza le risate dello spettatore. E poi ci sono i tre giovani attori, con la simpatica Everly Carganilla a rubare la scena, ricordando a tutti quanto sia importante, dopotutto, mantenere vivo lo spirito dell’infanzia. E magari regalarci, di tanto in tanto, uno “Yes Day”.

Note positive

  • L’idea alla base della sceneggiatura (ispirata al libro Yes Day! scritto da Amy Krouse Rosenthal e illustrato da Tom Lichtenheld)
  • La dinamicità del film, ideale per il principale target a cui è rivolto
  • La visione di un’agitata (a dir poco) Jennifer Garner e di un Edgar Ramírez in un ruolo a lui nuovo

Note negative

  • La volontà di produrre un film per famiglie, conduce regista e sceneggiatore verso un’ambiguità che tende a suddividere il film in parti ad hoc per ogni segmento di pubblico, riducendo così l’intensità del lungometraggio per il target principale
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