Con la morte di Jean-Luc Godard se ne va una delle colonne portanti della storia del cinema. Godard era l’essenza della settima arte, l’uomo che liberò il cinema dalle imposizioni e dagli schematismi del cinema classico, traghettandolo verso una Rivoluzione che ancora oggi fa sentire il suo eco. Ogni suo film è vita, rivoluzione, musica. Scoprire Godard significa tuffarsi in un viaggio cinematografico senza fine, immenso nei suoi significati e, sempre, strabordante di bellezza.

Queste cinque opere possono essere un inizio per scoprire Godard, un avvio attraverso cinque film che rappresentano cinque tappe diverse della carriera del Maestro.
1) Fino all’ultimo respiro, 1960
Il film da cui è iniziato tutto.
Godard crea il Cinema Moderno, fa rinascere il Cinema sotto una nuova forma. Un Cinema non più fatto di sceneggiatori (“teatro filmato”) ma di Regia pura. Godard, con Breathless, mostrò al mondo intero le infinite possibilità del mezzo cinematografico, fece “vedere” a tutti fin dove poteva spingersi la potenza di un’immagine. Gli stacchi di montaggio, gli sguardi in camera, l’estasi in una Parigi attraversata da due amanti. Con Fino all’ultimo respiro Godard non “racconta” una storia, crea un mondo.

2) Pierrot le Fou, 1965
I primi piani di Anna Karina (prima moglie e musa di Godard) sono Arte Pura.
Con delle “semplici” inquadrature Godard riesce a creare mondi interi, immagini che si stagliano per sempre nella memoria.

“Per fare un film basta una donna e un’ arma”
Jean-Luc Godard
Pierrot le fou è forse il più grande film di Godard, di certo uno dei più grandi film della storia del cinema. Con questa pellicola inizia la sperimentazione di Godard sui colori primari, la ricerca di un’immagine viva e vitale, potente di per sé e non in quanto legata a una storia. Le “storie” di Godard (nel senso più narrativo del termine) sono sottili, a tratti evanescenti, quasi non esistono. Eppure nei suoi film vi è tutto. Filosofia, Arte, conflittualità politica.
3) Due o tre cose che so di lei, 1967
Politica, appunto. Come si è detto Jean-Luc Godard non si è mai ripetuto, non ha mai smesso di giocare con la forma del cinema nè di riflettere sul mondo contemporaneo. In “Due o tre cose che so di lei” diventa centrale la militanza politica dell’autore, il suo essere ostinatamente e sempre uno spirito anarcoide e anti-americano.
Memorabile la scena della riflessione sull’universo a partire dalla tazzina di caffè

4) Prénom Carmen, 1983
Dell’autore si tendono a ricordare i film degli anni 60. Alcuni ritengono la sua opera successiva troppo politicizzata, la sua deriva estetica incontrollabile e incontrollata, Godard appare a molti come un oggetto ormai incomprensibile. Prénom Carmen vince un leone d’oro che viene fortemente contestato da parte della critica, reputato riconoscimento tardivo a un autore troppo immerso nel suo ego e in una ricerca artistica ormai sfociata nell’ossessione e nel soliloquio. Al netto delle chiacchiere dei critici del tempo resta ciò che il film è: un nuovo colpo di genio del Maestro Godard.

Il più grande teorico che il Cinema abbia mai avuto, non perché sul Cinema sul abbia teorizzato da terzo ma perché ha mostrato cos’era, come si faceva, dove poteva spingersi e dove poteva giungere. Prénom Carmen è la ricerca dell’ “immagine finalmente perfetta”, è sensualità, è cinema libero da qualsiasi schema.

Una sinfonia musicale che si muove libera. Ed a proposito di musica, la scena del bacio fra i due protagonisti con “Ruby’s Arm” rappresenta una delle vette più alte mai raggiunte dal Cinema mondiale. Pura estasi visiva.
5) Addio al Linguaggio, 2014
Penultima opera del Maestro. Godard che ha creato il Cinema in un certo senso ne dichiara la fine. O forse no. Impossibile leggere chiaramente “Addio al linguaggio”, un film in cui Godard abbraccia l’uso dell’immagine digitale e continua a creare meraviglie. Ma il mondo è cambiato, è più confuso, ci sono troppe voci e troppe immagini. Ed ecco che anche le immagini di Godard diventano confuse, si sdoppiano, sembrano quasi “sgretolarsi” davanti ai nostri occhi.

Il film narra la fine di un amore da due punti di vista diversi ma risulta “inseguibile” se si percepisce l’opera come un flusso canonico d’informazioni. E infatti non vuole esserlo. Godard all’età di 80 anni vuole continuare a spingere oltre le possibilità del mezzo, portare il cinema all’estremo, parlare di comunicazione e d’immagini. “Rompere” l’immagine davanti ai nostri occhi e lasciarci ipnotizzati. Più moderno di tanti registi esordienti, ancora capace di lasciare esterrefatti per ciò che mostra possibile attraverso il cinema.

Molti non hanno compreso il film, dicendo che in fondo non parla di nulla. La verità è che Godard ha inventato un linguaggio e gli altri sono sempre arrivati troppo tardi a capirlo.
Una vita per il cinema
Questo era Godard. Un Maestro che ha liberato il cinema, continuando a farlo in maniera sempre nuova, creativa, costante. Molto si può dire sul Godard uomo, che potrà risultare antipatico, troppo orgoglioso, così immerso nel suo ego da perdere amicizie care (note le faide personali con Truffaut e Agnès Varda), ma resta un fatto incontestabile e che nessuno dovrebbe contestare.

La sua è stata una vita dedicata al cinema.
Dagli anni 60 ad oggi.
Dall’inizio alla fine.
Dai tempi della Nouvelle Vague e fino al suo Ultimo Respiro.