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ACAB – All Cops Are Bastards
Titolo originale: ACAB – All Cops Are Bastards
Anno: 2012
Genere: drammatico/poliziesco
Casa di produzione: Cattleya/Rai Cinema
Distribuzione italiana: 01 Distribution
Durata: 112 min
Regia: Stefano Sollima
Sceneggiatura: Barbara Petronio, Daniele Cesarano, Leonardo Valenti
Fotografia: Paolo Carnera
Montaggio: Patrizio Marone
Musiche: Mokadelic
Attori: Filippo Nigro, Marco Giallini, Pierfrancesco Favino, Domenico Diele, Andrea Sartoretti
Trailer di ACAB – All Cops Are Bastards (2012)
Informazioni sul film e dove vederlo in streaming
ACAB – All Cops Are Bastards è un film del 2012 diretto da Stefano Sollima. Sei nominations ai David di Donatello e due vittorie ai Nastri d’Argento, una al miglior attore protagonista per Favino e l’altra al miglior attore non protagonista per Giallini. Il regista italiano proveniva dal successo della serie televisiva “Romanzo Criminale” di cui ha diretto 22 episodi. L’opera segna il suo passaggio sul grande schermo, che più avanti lo porterà a collaborare anche all’estero, divenendo un nome nuovo della cinematografia internazionale. Le sue collaborazioni con Benicio Del Toro e Michael B. Jordan sono un esempio del suo successo oltreoceano.
Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Carlo Bonini – edito in Italia da Einaudi – basato su una storia vera. “ACAB” è l’acronimo di “All cops are bastards” (“tutti i poliziotti sono bastardi”) un motto che, partito dal movimento skinhead inglese degli anni Settanta, è diventato nel tempo un richiamo universale alla guerriglia nelle città, nelle strade, negli stadi.
Trama di ACAB – All Cops Are Bastards
Tre Celerini del reparto mobile della Polizia vivono delle vite costernate di problemi. Uno ha un figlio neo fascista con cui fare i conti, un’altro è in crisi a causa di una separazione con la moglie, dalla quale ha avuto una figlia, e l’ultimo è in fase di processo per aver aggredito un tifoso allo stadio, durante una giornata lavorativa. Le vicende personali si mischiano alle loro attività di agenti antisommossa. L’arrivo di una nuova recluta svela il mondo segreto che si nasconde dietro gli scontri armati.

Note di regia
Stefano Sollima
“ACAB“ è un viaggio nel mondo chiuso e controverso del reparto mobile, spesso guardato con distacco da tutto il resto della Polizia e con sospetto e diffidenza dai cittadini. Le vicende pubbliche e private di Cobra, Negro e Mazinga – tre celerini storici – e della giovane recluta Adriano mi hanno permesso di raccontare il controverso “reparto mobile” con un inedito sguardo dall’interno, sullo sfondo dei più sconcertanti episodi di violenza urbana accaduti in Italia negli ultimi anni. Sotto l’ombra inquietante di quanto successo al G8 di Genova nel 2001 si susseguono infatti la morte dell’Ispettore Filippo Raciti, il 2 febbraio 2007, il caso di Giovanna Reggiani, aggredita, violentata e uccisa da un romeno nei pressi della stazione di Tor Di Quinto il 30 ottobre 2007 e infine, la morte di Gabriele Sandri, il tifoso della Lazio che l’11 novembre 2007 venne ucciso in una stazione di servizio da un colpo di pistola esploso dall’agente della polizia stradale Luigi Spaccarotella. Ed è proprio durante i violentissimi scontri tra ultras e poliziotti che si susseguirono a Roma quella notte che le storie dei nostri protagonisti vanno a concludersi, intrecciando i loro destini con un’esplosione di violenza che è stata il culmine di anni di tensioni sociali e di scontri tra forze dell’ordine e ultras. Il film, nonostante sia immerso nei fatti più sanguinosi ed inquietanti degli ultimi anni, non vuole essere un film di denuncia sociale, o meglio, non solo. E’ soprattutto una storia di uomini. Ripresa con uno stile visivo asciutto, realistico, attento a ricercare nelle pieghe del racconto gli aspetti umani, sentimentali, quelli umoristici e persino grotteschi delle sue vicende e dei suoi protagonisti. Alternando i momenti spettacolari e grandiosi a quelli più intimi e privati, senza alcuna retorica o demagogia. O magari ascoltando, tra le altre, l’irriverente “Police on my back” dei Clash, l’energica “All Cops Are Bastards” dei 4 skins, l’ipnotica “Snow” dei Chemical Brothers e soprattutto “Seven Nation Army” dei White Stripes il cui giro di basso introduttivo è diventato la base musicale dei cori dei tifosi negli stadi di tutto il mondo. Ancora il mondo dei poliziotti, degli antagonisti e degli ultras, declinato questa volta musicalmente, quasi a completare il quadro. Un film poliziesco, quindi, di genere, che è soprattutto un racconto di amicizia, fratellanza, di ricerca di sicurezza e ordine, ambientato in un paese sempre più attraversato dall’odio, sempre più radicalizzato nelle sue posizioni, che compone certamente uno sfondo sconfortante, da cui però è bene non distogliere lo sguardo.
Recensione di ACAB – All Cops Are Bastards
Stefano Sollima realizza un’ampia panoramica sull’Italia contemporanea, dal punto di vista del lavoro, eseguito dalle forze armate della Polizia. Il quadro delineato è un paese diviso a metà, di un popolo messo contro sé stesso. La violenza sembra essere l’unica risposta ai problemi reali che sovrastano la città di Roma e a livello generale l’intera nazione. L’ottima regia accompagnata da un montaggio dinamico donano freschezza alla storia e la mantengono originale anche al passare degli anni. Ha tutte le caratteristiche per essere un film uscito oggi, nonostante abbia più di un decennio. L’attualità delle situazioni mostrate, rende l’opera complessivamente giovane.
Sollima si presenta come un grandissimo regista d’azione, tanto che decide di farne un marchio di fabbrica e di creare uno stile unico e riconoscibile. Rimarrà infatti ancorato al genere, producendo lavori sempre più intraprendenti. Il suo trasferimento artistico in America evidenzia la sua grinta nel portare un cinema sempre più ambizioso, cooperando con nomi internazionali e spostando i suoi set dal territorio della capitale romana al mondo intero.

Le scene di contrasto tra le varie fazioni contrapposte sono dirette superbamente. Contribuisce anche una colonna sonora esplosiva e carica di tensione. Si focalizza l’interesse anche sull’attimo prima di uno scontro, evidenziando la psicologia dei personaggi, che nel primo prodotto cinematografico di Sollima diventano esseri umani. Il regista romano non si limita a raccontare banali scontri di lotta ma inserisce all’interno una componente più politica e socialmente impegnata. Per raggiungere il suo obiettivo sviscera le condizioni esistenziali dei singoli personaggi, le loro vite al limite e il pericolo di un futuro incerto che caratterizza ciascuno di essi.
La soluzione alle difficoltà del presente si può ricercare nella brutalità commessa da quei soggetti che comunque Sollima condanna duramente. Le minacce e le percosse a opera di poliziotti di esecuzione, a danno di immigrati e tifosi mostrano e rivelano un Italia in ginocchio, che non riesce a prendere forti posizioni di potere. I suoi rappresentanti appaiono distanti e totalmente incapaci di gestire il paese. Nell’anarchia metropolitana della capitale vengono lasciati a morire chiunque si appresti a vivere in quei precisi contesti, dai poveri immigrati agli agenti di polizia. Entrambe le parti risultano vittime di un sistema che li pone gli uni contro gli altri, abbandonati al loro misero destino.

La lettura del mondo e la conseguente chiave di comprensione viene riscontrata in opinioni razziste e xenofobe ai danni prevalentemente di extracomunitari. La cultura risente dei danni economici di un paese, privo di politiche assistenzialiste efficaci. Manca un piano reale di integrazione in grado di coordinare il flusso di stranieri. In assenza di esso, lo Stato lascia la responsabilità ai privati cittadini, che in balia di un controllo al vertice, che provveda alla sistemazione della circolazione interna, sono costretti ad arrangiarsi come possono. Il problema è che non disponendo dei mezzi adeguati all’informazione, trovano un veloce e diretto riscontro nella violenza urbana.
In Conclusione
Il film merita sicuramente la visione, grazie all’interpretazione dei personaggi. Favino, Giallini e Nigro si rivelano all’altezza dei ruoli assegnati. Drammatico nel suo svolgimento e crudo in alcuni passaggi, per via della ferocia dei protagonisti. Un’opera dal forte impatto ma essenziale per comprendere a modo le dinamiche che imperversano il nostro paese. Si mette in luce le dure condizioni di vita di moltissime famiglie, che vivono ai margini della società, in ambienti indubbiamente da rivedere, dal punto di vista strutturale e culturale. La pellicola svela il Vaso di Pandora e palesa i veri modi nel quale la polizia si scaglia contro la popolazione e di come offusca le indagini a riguardo, nei casi di denuncia nei loro confronti. Ad essere minacciata in tutto ciò è la democrazia italiana, che sprovvista di manovre strategiche per il risolvimento di effettivi problemi, manifesta tutta la sua instabilità.
Note Positive
- Ottima Regia
- Buone interpretazioni dei protagonisti
- Ritmo scorrevole
Note Negative
- I titoli di testa e di coda invecchiati male, causa la post produzione