American Psycho: Il sociopatico Patrick Bateman

Recensione e scheda film di American Psycho, una storia malata e contorta che porta lo spettatore nella folle vita di un sociopatico: Patrick Bateman
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Scheda Film
Recensione
Scheda Film

American Psycho – Scheda film

Anno:  2000

Paese di produzione:  Stati Uniti d’America

Durata:      102 min

Genere:     Horror

CAST TECNICO

Regia:  Mary Harron

Soggetto:   Bret Easton Ellis (romanzo)

Sceneggiatura:   Mary Harron, Guinevere Turner

Casa di produzione:  Lionsgate Films

Distribuzione:    Filmauro

Fotografia:    Andrzej Sekula

Montaggio:    Andrew Marcus

Musiche:   John Cale

Scenografia:   Gideon Ponte

Costumi:  Isis Mussenden

Durata: 1h 44m

CAST ARTISTICO

Christian Bale, Justin Theroux, Josh Lucas, Bill Sage, Chloë SevignyReese Witherspoon, Samantha Mathis, Matt Ross, Jared LetoWillem Dafoe, Cara Seymour, Guinevere Turner, Stephen Bogaert, Monika Meier

 

Recensione

American Psycho – Recensione film

American Psycho:  lo spaccato di vita di un maniaco yuppie nella New York degli anni ‘80, tratto dal romanzo di Bret Easton Ellis.

La settima arte come poche altre forme artistiche è capace di regalarci emozioni, malesseri, e suggestioni; e proprio la suggestione è il tema di American Psycho, si, perché Mary Harron vuole prenderci di peso e immergerci nell’inconscio malato e depravato di Patrick Bateman, personaggio principale del romanzo di Bret Easton Ellis pubblicato nel 1991, un romanzo avvincente, spavaldo, malato, non per tutti, che ci illustra lo stile di vita di un ricco yuppie della New York anni ‘80.

Mary Harron non ha il curriculum di Bryan De Palma o Martin Scorsese, infatti i suoi lavori da regista sono solo sei, pochi ma buoni. E’ predisposta al cinema “di nicchia”, e tra i suoi principali lavori troviamo “La scandalosa vita di Bettie Page”, “Ho sparato a Andy Warhol” (in entrambi è anche sceneggiatrice), e “Charlie Says”, in più lavora anche per la tv come regista di serie televisive.

La scelta dell’attore principale difficilmente poteva dare frutti migliori, infatti Christian Bale nel ruolo dello psicopatico Patrick Bateman è surrealmente realistico, divino, ogni espressione, e ogni singolo battito di ciglio dell’attore davanti la camera nel film trasmette qualcosa, a volte sicurezza, paura, e paranoia, proprio appunto per l’enigmaticità, il cinismo, e la schizofrenia lucida del suo personaggio, inutile inoltre citare le molteplici pellicole di successo che lo vedono protagonista, formando un curriculum imponente che lo porta nel 2011 a coronare il sogno dell’oscar come attore non protagonista con The Fighter“.

Parlando appunto del personaggio principale della pellicola, la regista ha voluto dare forma al personaggio su carta di Bret Easton Ellis senza però demonizzare al 100% la categoria yuppie degli anni ‘80, infatti la pecora nera del romanzo è lui, tutto ciò che lo circonda è motivo di ribrezzo e disgusto, proprio perché diverso da lui, insomma, in questo lavoro Easton Ellis non ha fatto di tutta l’erba un fascio, buon per lui, in più nel romanzo e di conseguenza nel film, la tematica ricorrente è un fenomeno sociale che nel mondo moderno non è ancora stato scongiurato, la misoginia, che lo scrittore e la regista ci mostrano come non proprio un tabù negli ambienti inerenti al film.

 TRAMA

New York, 1987, Patrick Bateman (Christian Bale), è un giovane e ricco uomo d’affari di Wall Street, frequenta i locali più esclusivi della grande mela, possiede una casa invidiabile, vestiti di lusso, frequenta belle donne e ha una cura maniacale per l’aspetto fisico.

Una vita perfetta all’apparenza, perché Patrick è un maniaco omicida che prova piacere solo nel torturare e uccidere tutto ciò che non è conforme con il suo stile di vita, ma non solo; per lui non ci sarà pena se non quella di essere condannato a vita a desiderare il male altrui.

ANALISI FILMICA

Abbiamo a che fare ormai con un vero prodotto d’annata, proprio nel 2019 infatti la pellicola compie 20 anni di età, ma è ancora attualissimo come pochi. Il film ci illustra lo stile di vita di uno yuppie newyorkese che scandisce la propria vita a intervalli regolari di cene eleganti e macabri omicidi; Patrick è bello, fisico da invidia e ha un viso che gioca decisamente dalla sua, infatti gli amici, i pochi che ha, lo chiamano “il ragazzo della porta accanto”. E’ colto, enigmatico, cinico, ma sa essere anche brillante e alla mano, in particolar modo in pubblico, ma in realtà lui è tutt’altro di come appare nella vita pubblica perché vive in una dimensione parallela, una dimensione fatta di delitti efferati e di torture macabre alle sue vittime, vittime scelte con cura, con estrema cura, molto spesso o quasi sempre donne, ma la forbice si allarga anche ad animali, clochard, e colleghi di lavoro, quelli che lui osserva con profonda invidia.

Tutto gira intorno alle sue gesta, la città funge solo da cornice, da cartolina, una cartolina inanimata e quasi irreale, sia per le riprese fatte in esterno, sia per gli scorci che offre dalle finestre di uffici e appartamenti. C’è una perenne ostentazione del lusso in ogni singola scena, proprio a far capire il grado d’estrazione sociale del protagonista, dove tra un evento e l’altro sono i dettagli che ci parlano, i bicchieri di cristallo pregiato in cui beve i suoi scotch invecchiati, la scrivania in mogano dove mette le sue scarpe Ferragamo mentre guarda documentari nelle ore lavorative, c’è persino un contest fra colleghi su chi ha il biglietto da visita più bello, dove chi uno chi l’altro illustrano il loro biglietto opinando sulla qualità della carta, le tonalità del bianco, e sull’effetto della filigrana, come se stessero parlando di un’opera del Brunelleschi.

Stiamo analizzando un personaggio ovviamente malato e borderline, che mentre delle ore diurne veste i panni del finanziere di Wall Street, in quelle notturne si cimenta in vere e proprie imprese omicide, il più delle volte nei confronti di modelle e prostitute, utilizzando dei crismi più che precisi, una vera e propria routine del macabro, allestendo quasi dei veri e propri set di scena in casa dove tutto si consumerà, scegliendo addirittura la colonna sonora che dovrà racchiudere l’evento, colonne sonore spesso di Phil Collins e Huey Lewis and the News, dove poco prima di utilizzare gli “attrezzi del mestiere” sulle sue vittime ama intavolare discorsi sulle biografie degli artisti che sta ascoltando spiegando anche il significato del singolo scelto, come a voler dare un messaggio ai malcapitati del momento.

Il cerchio del racconto si chiude vedendo come tutto intorno a patrick pian piano sfoca, resta solo, come è sempre stato, circondato dal vuoto, nessuno lo conosce, nessuno lo considera, e molti lo scambiano per altri; ma lo strascico di tutto il male che ha inflitto alle sue prede si riduce a nient’altro che una condanna eterna, si, una condanna al desiderare il male e la distruzione di tutto ciò che lo circonda, perchè non può farne a meno, la sua voglia di sangue non finirà mai.

Note positive

  • Interpretazione
  • Dialoghi
  • Scorrevolezza

Note negative

  • Nessuna
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Gabriele Ferro
Gabriele Ferro

Sono diplomato in ragioneria e sono un grande amante della scrittura. Autore di recensioni cinematografiche e aspirante autore Tv. Mi interesso anche di politica, musica, e cinema

Articoli: 5

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