Blue Jasmine (2013): il colore della malinconia

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Blue Jasmine (2013) – Trailer Ufficiale in Italiano

Durante la sua carriera, Woody Allen ha creato molti personaggi femminili indimenticabili interpretati da alcune delle più grandi attrici del mondo, tra le quali Diane Keaton, Geraldine Page, Mariel Hemingway, Charlotte Rampling, Mia Farrow, Barbara Hershey, Gena Rowlands, Dianne Wiest, Mira Sorvino, Judy Davis, Samantha Morton, Scarlett Johansson e Penelope Cruz, per citarne alcune. Sia che siano apparse in commedie leggere, in film drammatici o quant’altro, questi complessi personaggi femminili sono impressi nella nostra memoria come i punti focali dei suoi film. Chi senza dubbio troverà il suo posto in questa galleria di donne versatili, complesse e ampiamente celebrate è Jasmine, la protagonista travagliata del dramma del 2013 di Woody Allen è Blue Jasmine, interpretata da un’ altra attrice straordinaria e famosa a livello globale, Cate Blanchett, che ha vinto per questa parte il premio Oscar 2014 come miglior attrice protagonista.

Trama di Blue Jasmine

Jasmine (Cate Blanchett) e Ginger (Sally Hawkins), avvenenti sorelle putative, vengono adottate in tenera età dalla medesima famiglia, crescendo però, le loro vite prendono pieghe differenti. La prima ha la fortuna d’incontrare Hal (Alec Baldwin), affarista ricco e affascinante che cuce per lei una vita a misura di Stella, la seconda, al contrario, si innamora di Augie (Andrew Dice Clay), uomo dal cuore dolce ma assai più umile. Quest’ultimo, desideroso di affrancarsi e intento ad alleviare il senso d’inferiorità della compagna, affida un’ingente somma di denaro alle tanto glorificate abilità finanziarie di Hal. Nel frattempo però, Jasmine viene a conoscenza dei torbidi segreti del marito, che finiranno per condurre entrambe le famiglie alla rovina economica e affettiva e causeranno il completo deteriorarsi del rapporto tra sorelle. Tuttavia, le difficoltà psicologiche di Jasmine e le ristrettezze economiche costringeranno le due sotto lo stesso tetto, dissotterrando antichi rancori e innescando nuovi conflitti.   

Jasmine (Cate Blanchett) e Ginger (Sally Hawkins) - Blue Jasmine (2013)
Jasmine (Cate Blanchett) e Ginger (Sally Hawkins) – Blue Jasmine (2013)

Recensione di Blue Jasmine

A vestire i panni del paranoico commediografo statunitense è un’idiosincratica Blanchett logorroica, in stato di grazia e in mistica congiunzione col regista esibisce, tra misantropia e nichilismo, una tragicomica nevrosi Alleniana. La nostra Janet, poi Jasmine per esigenze stilistiche, fredda come il ghiaccio e inconsapevole delle cicatrici, disconosce un passato di umiltà e sofferenza rigettando l’affetto della sorella adottiva (Sally Hawkins), fastidiosa rimembranza nonché fonte d’imbarazzo.

Come una Blue Moon, Hal (Alec Baldwin) è una romantica apparizione miracolistica; ingenuità e fede assoluta cementificano il castello di sabbia che a Jasmine offre riparo. Gravido di concreto scetticismo, il racconto argina ogni fraintendimento: soltanto chi dorme può vivere in un sogno, e saper chiudere un occhio facilita il sonno. L’incantevole Jasmine questo lo sa, ma era davvero beata nell’opulenza della torre eburnea? Quando assilla i passanti con le sue malinconiche rievocazioni non mostra ombra di trasalimento, la cronaca nostalgica di un matrimonio idilliaco si esaurisce presto nella sterile elencazione di abiti e gioielli ottenuti; Hal è una lista di possedimenti e poco più.

Jasmine (Cate Blanchett) e Hal (Alec Baldwin) a bordo piscina - Blue Jasmine
Jasmine (Cate Blanchett) e Hal (Alec Baldwin) a bordo piscina – Blue Jasmine

Certo, la bella addormentata ha difficoltà a distinguere chi siede sul cavallo bianco, ma in fondo ciò che conta per lei è di essere salvata! Fermamente avvinghiata ai pilastri granitici dello stereotipo, Jasmine rinuncia alle aspirazioni, cade nell’oblio, resta confinata sullo sfondo dimenticandosi di sé. Reprimersi per aderire a modelli prescritti costa tormento: disistima, disorientamento e asfissianti crisi di panico come urla di un sepolto bramoso di luce. Cosa ha sommerso, dunque, l’orfana dagli occhi blu?

Sappiamo della trascurata ambizione scolastica, del fardello d’una genetica vantaggiosa, come spesso Ginger rimarca, d’una colpevolezza in relazione alla sorella squattrinata, alle disunioni e ad azioni che l’intreccio svelerà pian piano. Blu come il Gelsomino o come un noto parfum francese che riesuma ricordi inquinati, la nostra respinge ogni sforzo introspettivo tanto da esplodere in un fievole e farfugliante grido d’aiuto sulla panchina di un parco. Come l’iconico Isaac Davis di Manhattan, anche Ginger vive l’ipocrisia di un ripiego amoroso, porte chiuse e sentieri sbarrati alimentano la fiamma del desiderio; Blue Jasmine è un testo dalla silente brutalità che erge ad afrodisiaco l’angoscia dell’abbandono.

L’estetica ipotizza una sospensione del tempo: offuscato da un leggero strato di polvere, il paesaggio urbano si mostra intriso di una poetica classicamente Alleniana ma al contempo spoglio di artifizi revivalistici. Anche al difuori del terreno domestico il nostro si conferma un inconsapevole narratore di spazi e luoghi. Al netto di un’insolita tragicità contenutistica, la narrazione risulta agile, delicata e protetta dalle incursioni del Melò. Neanche lo sfasamento temporale mina la fluidità del racconto, anzi da la possibilità al montaggio di giocare coi Jump Cut, limpidi e opportunamente dislocati. Si distinguono per espressività i piani della Blanchett, all’interno di una messa in scena mai pretenziosa, tangibile e disadorna che favorisce la fruibilità dell’opera.    

In conclusione

Estraneo alla retorica e al perbenismo calcolatore, Woody ripropone al pubblico parte dei suoi convincimenti più noti. La centralità del sesso, gli amori circostanziali e la natura fisiologica del tradimento accompagnano anche questo corso di annichilimento, o di genesi, cambiando punto di vista. Dopotutto il lungometraggio trasla su schermo il comune favoleggiare sui pazzoidi di quartiere, che, un po’ come la storia in questione, finiscono col suscitare spesso ilarità, ma anche disturbo o dispiacere.

La magnifica e pluripremiata performance di Cate Blanchett carica su di sé un peso vagamente eccessivo, impedendo alla molteplicità di tematiche di esprimersi col medesimo vigore e aprendo a fraintendimenti. In tal senso, mostrare i primissimi sintomi psicotici anche nei momenti di agiatezza economica della protagonista, avrebbe rafforzato l’idea di un malessere più antico e resistente.

Seppur con minor sagacia d’un tempo, l’autore confeziona un prodotto ottimo, chiaro, equilibrato nei toni e intellettualmente stimolante, da aggiungere alla lista dei film da recuperare qualora si volesse approfondire la conoscenza del famigerato cineasta.  

Note Positive:

  • Fotografia
  • Interpretazioni
  • Sceneggiatura e Dialoghi

Note Negative:

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