Buongiorno, notte (2003). La tragedia di Aldo Moro tra realtà e immaginazione

Recensione, trama e cast del film Buongiorno, notte (2003), dove Marco Bellocchio affronta il rapimento di Aldo Moro non con la cronaca, ma con uno sguardo interiore e poetico. Un film che intreccia storia, sogno e memoria, restituendo il dramma umano dietro la tragedia nazionale.

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Screenshot tratto dal film Buongiorno, notte (2003) - Immagine di pubblico dominio da fonte Wikipedia
Screenshot tratto dal film Buongiorno, notte (2003) – Immagine di pubblico dominio da fonte Wikipedia

Buongiorno, notte

Titolo originale: Buongiorno, notte

Anno: 2003

Nazione: Italia

Genere: Drammatico, Storico

Casa di produzione: FilmAlbatros, Rai Cinema, Sky

Distribuzione italiana: 01 Distribution

Durata: 105–106 minuti

Regia: Marco Bellocchio

Sceneggiatura: Marco Bellocchio (con la collaborazione di Daniela Ceselli), tratto da Anna Laura Braghetti e Paola Tavella

Fotografia: Pasquale Mari

Montaggio: Francesca Calvelli

Musiche: Riccardo Giagni

Attori: Maya Sansa, Luigi Lo Cascio, Roberto Herlitzka, Paolo Briguglia, Pier Giorgio Bellocchio, Giovanni Calcagno

Trailer di “Buongiorno, notte”

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Buongiorno, notte venne presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2003, dove ricevette il Premio Pasinetti per il miglior film e suscitò un dibattito acceso. La critica ne riconobbe l’audacia formale e la delicatezza nel trattare un tema ancora doloroso. Maya Sansa ottenne numerosi riconoscimenti, mentre Roberto Herlitzka vinse il Nastro d’Argento come miglior attore protagonista.

Il film segnò un momento di svolta nella carriera di Bellocchio, consolidando la sua capacità di affrontare la storia italiana attraverso una lente personale, più vicina all’introspezione che alla cronaca. Bellocchio affronterà ancora in seguito la vicenda Moro, questa volta in maniera più estesa e complessa in Esterno Notte (2022).

Trama di “Buongiorno, notte”

Marco Bellocchio rilegge il dramma di Aldo Moro attraverso gli occhi di Chiara, terrorista appartenente alla lotta armata, chiamata a prendere parte al sequestro dello statista che, nel contempo, cerca di vivere un’esistenza “normale” fatta di lavoro, amici e quotidianità.

Recensione di “Buongiorno, notte”

Nel 2003 Marco Bellocchio decide di confrontarsi con uno degli episodi più traumatici della storia italiana: il rapimento di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse. Lo fa però con una scelta radicale: non mostrare i fatti attraverso la lente della cronaca politica, ma filtrandoli attraverso lo sguardo di Chiara (Maya Sansa), una giovane brigatista che partecipa al sequestro vivendo lacerata tra il fanatismo ideologico e un desiderio silenzioso di normalità.

La sceneggiatura, liberamente ispirata al libro Il prigioniero di Anna Laura Braghetti, intreccia scene di vita quotidiana con inserti onirici e spezzoni di repertorio televisivo degli anni Settanta. Bellocchio, in questo modo, non costruisce un film storico-didattico, ma un ritratto soggettivo, dove le tensioni personali diventano lo specchio di un Paese imprigionato in se stesso. La struttura narrativa è ellittica, rarefatta, più interessata a suggerire che a spiegare, in costante equilibrio tra realtà e immaginazione.

Al centro della vicenda c’è Chiara, interpretata con grande intensità da Maya Sansa. È una figura fragile e contraddittoria: da un lato partecipe della lotta armata, dall’altro incapace di spegnere del tutto il proprio lato umano. La vediamo lavorare come bibliotecaria, sorridere tra i colleghi, tornare a casa dove Aldo Moro è rinchiuso in una stanza: un contrasto feroce che sottolinea la schizofrenia di un’esistenza divisa tra ideologia e quotidianità. La sua ambiguità rappresenta non solo una crisi individuale, ma anche la crisi di un’intera generazione che aveva creduto di poter cambiare il mondo con la violenza.

Roberto Herlitzka dà volto ad Aldo Moro con un’interpretazione memorabile. Non è un ritratto solenne o retorico, bensì una presenza discreta, quasi dimessa. Il Moro di Herlitzka è un uomo stanco, segnato dall’attesa, che conserva dignità persino nel silenzio. I suoi dialoghi sono essenziali, spesso interrotti da pause, e proprio in quei silenzi risiede la forza del personaggio. Herlitzka non interpreta un simbolo, ma un essere umano vulnerabile, capace di commuovere senza artifici.

Gli altri membri del gruppo brigatista (tra cui Luigi Lo Cascio e Pier Giorgio Bellocchio) sono rappresentati come giovani animati da convinzioni radicali, ma al tempo stesso intrappolati in un meccanismo che sembra sfuggire di mano. Bellocchio evita caricature: non sono mostri, ma persone accecate da un’ideologia che li ha portati a rinunciare a ogni empatia.

La regia di Bellocchio è elegante e rigorosa. La macchina da presa si concentra su spazi chiusi, quasi claustrofobici: l’appartamento dove Moro è detenuto diventa una prigione non solo per il prigioniero, ma anche per i sequestratori stessi. L’esterno, la città, la vita “normale”, restano come un miraggio osservato attraverso le finestre o filtrato dalla televisione.

Il montaggio alterna piani realistici e improvvise fughe visionarie. Indimenticabile la sequenza in cui Chiara immagina Moro liberato, che cammina per Roma in una sorta di sogno a occhi aperti: un momento di respiro poetico che mostra ciò che avrebbe potuto essere e che invece non è stato. Questo scarto tra realtà e immaginazione rappresenta uno degli elementi più innovativi del film.

La fotografia gioca su toni cupi e smorzati, che riflettono l’atmosfera oppressiva degli anni di piombo. Anche la colonna sonora contribuisce a creare una dimensione sospesa: accanto alle musiche classiche (Schubert, Verdi), Bellocchio inserisce i Pink Floyd, scelta che amplifica il senso di alienazione e di tempo storico in frantumi.

In conclusione

Con Buongiorno, notte (2003), Marco Bellocchio realizza un’opera intima, sofferta, lontana dalla retorica e dalle semplificazioni. Non è un film sul caso Moro, ma un film su come la Storia si riflette nelle coscienze individuali, su come ideologia e umanità entrino in conflitto dentro lo stesso corpo. È cinema politico, ma prima ancora cinema dell’anima, capace di trasformare un trauma nazionale in un’esperienza personale e universale. Un’opera che chiede silenzio e riflessione, e che ancora oggi mantiene intatta la sua forza evocativa.

Note positive

  • Il film restituisce il dramma degli anni Settanta senza indulgere nel sensazionalismo.
  • Maya Sansa e Roberto Herlitzka regalano due interpretazioni di straordinaria intensità.
  • L’uso del sogno e del repertorio televisivo crea un linguaggio originale, che va oltre la semplice ricostruzione storica.
  • Bellocchio esplora il lato umano e psicologico, mostrando come la violenza ideologica diventi prigione interiore.

Note negative

  • Chi si aspetta una cronaca fedele e dettagliata del sequestro di Moro può rimanere deluso: il film privilegia la dimensione interiore rispetto a quella storica.
  • Alcuni passaggi onirici rischiano di apparire troppo astratti, rallentando la tensione narrativa.
  • La prospettiva fortemente soggettiva può sembrare limitante a chi cerca un quadro politico più ampio.

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Review Overview
Regia
Fotografia
Sceneggiatura
Colonna sonora e sonoro
Emozione
Interpretazione
SUMMARY
3.8
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Stefano Rocca
Stefano Rocca

"Lei non crede che i sogni e internet siano abbastanza simili?
Sono luoghi in cui si esprimono desideri repressi" Sono un semplice appassionato di cinema, che ama raccontare le emozioni che i film sanno trasmettere. Ogni storia può evocare sensazioni diverse, e sono grato a chi sceglie di leggere i miei pensieri.