Chevalier (2015). Essere il migliore 

Recensione, trama e cast di "Chevalier" del 2015. Un film che esplora l'amicizia e la rivalità tra uomini in un contesto isolato, mettendo alla prova dinamiche di potere e legami umani.

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Trailer di Chevalier

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Presentato in anteprima mondiale al Locarno Film Festival 2015 e successivamente al Toronto Film Festival, Chevalier è il terzo lungometraggio della cineasta greca Athina Rachel Tsangari, già autrice dei film The Slow Business of Going (2000) e Attenberg (2010). Il film del 2015, designato dalla Grecia per l’89ª edizione degli Academy Awards come miglior film straniero, senza però ottenere la nomination, è stato sceneggiato da Efthymis Filippou. Filippou è noto per la sua candidatura al Premio Oscar® per The Lobster nel 2017 e per essere autore delle sceneggiature di Dogtooth (2009), Alps (2011, Premio per la Miglior Sceneggiatura al Festival di Venezia), e Il sacrificio del cervo sacro (2017, Premio per la Miglior Sceneggiatura al Festival di Cannes), tutte scritte insieme a Yorgos Lanthimos.

La pellicola arriva nei cinema italiani grazie a Trent Film, dal 20 giugno 2024, venendo distribuita durante la seconda edizione di Greek Weird Wave, una rassegna dedicata ad alcuni dei principali esponenti della New Wave greca. Proprio all’interno di questa manifestazione è stato distribuito in anteprima mondiale anche il secondo film della cineasta, Attenberg, lungometraggio vincitore della Coppa Volpi per la Miglior Interpretazione Femminile a Venezia 67.

Trama di Chevalier 

Nel mezzo del Mar Egeo, sei uomini di ritorno da una battuta di pesca su uno yacht di lusso decidono di intraprendere un gioco che si svilupperà in più giornate con lo scopo di decretare chi, tra di loro, sia il migliore complessivamente. Il gruppo dà il via a una competizione fatta di continui paragoni senza regole e limiti, iniziando a giudicarsi reciprocamente sulle più diverse qualità e abilità, sia mentali, fisiche che organiche. Lo scopo è stilare una classifica che non solo decreterà il migliore, ma anche il peggiore. Gli amici si ritrovano quindi a discutere su ricette e valori del colesterolo, a osservare i compagni e a giudicarli su come camminano, si vestono e dormono. Si impegnano in vere e proprie sfide, come una gara di canto, immersioni subacquee e la velocità nel montare mobili IKEA, fino a valutare aspetti fisici personali come le dimensioni del proprio pene. Il gioco e il viaggio si prolungano di qualche giorno per concludere la competizione, durante la quale il vincitore potrà aggiudicarsi l'”anello della vittoria”, ovvero il titolo di “Chevalier”.

La gara in Chevalier (2015)
La gara in Chevalier (2015)

Recensione [titolo]

L’idea su cui si basa la pellicola è senza dubbio affascinante e intrigante, tuttavia le modalità con cui la cineasta e lo sceneggiatore decidono di affrontare la situazione e la tematica all’interno del film non sono delle migliori, al punto da eliminare ogni elemento di interesse e attrattiva dalla vicenda narrata. Si tratta di un racconto audiovisivo che si svolge quasi interamente a bordo di uno yacht di lusso, in compagnia di sei uomini tristi e annoiati dalla vita, oltre allo staff della barca composto da due cuochi e un capitano. “Chevalier” si dipana attorno a un dilemma perpetuo: decidere chi sia il migliore. Su questo concetto e sul suo significato si sviluppa l’intera drammaturgia e i rapporti tra i vari personaggi coinvolti. Il dilemma centrale è: come si può determinare in modo oggettivo chi sia il migliore all’interno di un gruppo? Quali sono i parametri da prendere in considerazione per condurre un gioco sociale del genere? Contano di più l’aspetto fisico, la prestanza fisica e la salute, oppure l’educazione, la moralità e la psicologia dell’individuo? Effettivamente, quali parametri scegliere per stabilire se uno è migliore dell’altro?

Nel film, il gruppo di amici seleziona specifici criteri strutturando il gioco come una competizione a punti. Questi criteri spaziano dalle competizioni cronometrate, come il montaggio di mobili IKEA, fino all’osservazione critica reciproca. Ad esempio, un partecipante che si mangia le unghie perde 3 punti, mentre chi ha una rasatura perfetta guadagna ben 9 punti. Al contrario, un individuo con una schiena pelosa perde 20 punti, mentre chi ha un petto villoso ne guadagna 20, e così via. Il gruppo, a causa di questo gioco, si trova a osservarsi, a scrutarsi reciprocamente e a criticarsi per come mangiano, dormono o camminano, mettendo ogni minimo dettaglio caratteriale, proprio e dell’altro, sotto la lente d’ingrandimento e analizzandolo in profondità. Il gioco del migliore diventa presto un tormento per tutti i partecipanti trasformandosi da un’esperienza divertente a una fonte di ansia sociale, in cui tutti, chi più chi meno, hanno il timore di perdere e paura di essere considerati perdenti dagli altri. Effettivamente, chi è che desidera essere visto come un perdente da un gruppo sociale o dalla società? In fondo, tutti noi vogliamo che gli altri ci rispettino e ci ammirino per chi siamo. In breve, tutti ambiscono a essere considerati “il migliore” e sono disposti persino a imbrogliare e ingannare gli altri partecipanti, nascondendo informazioni o fingendo di dormire mentre vengono osservati di notte. Presto, tutti i partecipanti puntano a vincere il “Chevalier”, simbolo del loro successo sociale come esseri umani. Tuttavia, l’obiettivo di conseguire questo premio causerà un incredibile stress fisico a tutti i partecipanti, portandoli a scontrarsi tra loro e, forse, a compromettere persino la loro amicizia.

Tema interessante ma…

Il tema trattato è indubbiamente interessante, ma la regista non riesce a trattare la questione in maniera veramente accattivante. La direzione statica e un montaggio eccessivamente lento non riescono a conferire forza e carisma alla vicenda, che col passare del tempo diventa statica e quasi noiosa. La noia nel cinema è un ostacolo da evitare a tutti i costi, divenendo il maggior ostacolo riguardo la fruizione di un opera drammaturgica. In questa pellicola, la noia si insinua nello spettatore per due motivi principali: la presentazione errata dei personaggi e l’assenza di mostrare le varie gare a cui i partecipanti sono sottoposti nel film.

L’introduzione iniziale dei personaggi protagonisti, facenti parte di un film corale, non è assolutamente congeniale alla vicenda. Il pubblico fatica non poco a comprendere il loro carattere, la loro essenza, la loro vita; così noi non riusciamo a penetrare completamente l’essenza di tutti i personaggi. Nel corso della storia, naturalmente, questi caratteri vengono approfonditi e iniziamo a cogliere le sfumature caratteriali del Dottore, di Giorgos, di Josef Nikolaou e di Tonia. Tuttavia, non riusciamo mai a entrare in empatia con loro, a causa di una scrittura che non riesce a creare un impatto profondo nei personaggi. Questi cadono in dinamiche di stress interiore, ma non sviluppano veri e propri conflitti interiori ed esterni con gli altri partecipanti, riducendo la loro forza emotiva, e rimanendo come bloccati da una sorta di apatia generale.

Dunque, nonostante la bravura del cast, l’intera pellicola sembra vittima di una sorta di apatia, che impedisce allo spettatore di entrare in contatto con questi personaggi e con le loro dinamiche interiori. Proprio a causa di questa mancanza, la storia risulta noiosa, dove non proviamo né gioia né tristezza per ciò che accade in scena. È un peccato, perché il tema della storia era interessante, ma la regia e la sceneggiatura non riescono a sviluppare in modo accattivante questo racconto incentrato su sei uomini che cercano di scoprire chi sia il migliore tra loro.

Frame del film Chevalier (2015)
Frame del film Chevalier (2015)

In conclusione

“Chevalier” si distingue per il suo tema profondo e le analisi sociali che propone, mettendo in luce il lato oscuro delle competizioni umane all’interno di gruppi sociali ristretti. Tuttavia, la sua esecuzione soffre di una regia statica e di una scrittura iniziale poco incisiva che limitano il coinvolgimento dello spettatore. Nonostante i suoi meriti concettuali, il film non riesce a mantenere un ritmo sufficientemente coinvolgente per sostenere pienamente la complessità delle tematiche trattate.

Note positive

  • Tema Intrigante: Il film affronta un tema profondo e intrigante riguardante il desiderio umano di essere considerati il migliore in un gruppo sociale, offrendo spunti di riflessione sulla natura delle competizioni e delle dinamiche di gruppo.
  • Analisi Sociale: Il modo in cui il gioco trasforma l’amicizia in una competizione stressante mette in luce le dinamiche interpersonali e le ansie sociali dei personaggi, offrendo una critica sottile ma efficace della società contemporanea.
  • Ambiguità dei Personaggi: Nonostante la scrittura iniziale sia deficitaria, i personaggi vengono gradualmente approfonditi nel corso della storia, mostrando sfumature psicologiche che aggiungono complessità alla narrazione.

Note negative

  • Regia e Montaggio: La regia statica e il montaggio lento non riescono a dare energia alla storia, contribuendo a rendere il film noioso e a diminuire l’empatia dello spettatore verso i personaggi.
  • Scarsa Empatia: A causa di una scrittura iniziale carente, il pubblico fatica a connettersi emotivamente con i personaggi e le loro dinamiche, compromettendo l’impatto emotivo della narrazione.
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Stefano Del Giudice
Stefano Del Giudice

Laureatosi alla triennale di Scienze umanistiche per la comunicazione e formatosi presso un accademia di Filmmaker a Roma, nel 2014 ha fondato la community di cinema L'occhio del cineasta per poter discutere in uno spazio fertile come il web sull'arte che ha sempre amato: la settima arte.

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