Dal pianeta degli umani (2021): Una fiaba macabra tra realtà e finzione

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locandina dal pianeta degli umani

Dal pianeta degli umani

Titolo originale: Dal pianeta degli umani

Anno: 2021

Paese: Italia, Belgio, Francia

Genere: documentario

Produzione: GraffitiDoc, Iota Production, Tag Film, Rai cinema

Durata: 1h 28m

Regia: Giovanni Cioni

Sceneggiatura: Giovanni Cioni

Fotografia: Giovanni Cioni

Montaggio: Philippe Boucq

Musiche: Juan Carlos Tolosa

Attori: Giovanni Cioni

Trailer Dal pianeta degli umani

Trama di Dal pianeta degli umani

Una fiaba, narrata da un coro di rane. Il silenzio della frontiera di Ventimiglia, tra Italia e Francia, dove avviene la marcia dei migrati e del dolore, dove uomini per ottenere la propria salvezza e speranza sono costretti ad affrontare il terribile sentiero della morte per poter raggiungere la Francia. Una storia, dai lontani anni ’20, sul Dottor Voronoff, colui che ha ricercato la cura della giovinezza attraverso sperimentazioni che vedevano il trapianto di testicoli di scimmia nell’uomo. Una riflessione sul silenzio del tempo e sulla morte all’interno di una narrazione che parla di brutalità.

Le rane in Dal pianeta degli umani
Le rane in Dal pianeta degli umani

Recensione di Dal pianeta degli umani

C’era una volta, a quei tempi, ai nostri tempi, è una fiaba, non è mai successo, è una storia vera

Didascalie iniziali del lungometraggio

Come d’inanzi a un film muto, a una storia d’altri tempi, dove lo spettatore doveva andare a leggere le didascalie per comprendere la pellicola, il lungometraggio di Giovanni Cioni si apre come una favola antica, come un racconto d’attualità dal sapore fiabesco e irreale trattando però di realtà, il tutto narrato da una voce fuori campo di un misterioso uomo e di un coro di rane. Quest’ultime sono esseri che vivono al di fuori dello spazio – tempo potendo viaggiare nel corso degli eventi passati e presenti. All’interno di questa dimensione surreale il cineasta, per creare il climax oscuro e folle interno alla sua opera, sfrutta delle scene girate a nuovo mescolandole con elementi d’archivio che sono situabili tra realtà e finzione, citando due classici della cinematografia dei primi anni come il primo King Kong o L’isola delle anime perdute. Proprio quest’ultima pellicola è l’emblema del med doctor, figura che troviamo ben presente anche all’interno di Dal pianeta degli umani dove troviamo una figura quasi da mostro del cinema horror anni ’30 come il Dottor Voronoff, medico realmente esistito negli anni ’20, che intendeva esplorare la causa più intima e profonda della morte al fine di comprendere se la vita aveva previsto anche la morte o se questa è una male curabile ed evitabile. Proprio per sconfiggerla all’interno della sua villa laboratorio di Ventimiglia ha fatto esperimenti per trovare la cura all’invecchiamento, per farlo ha acquistato un gran numero di scimmie, li ha rinchiusi in gabbia e trasferiva i loro testicoli sugli umani. La storia del Dottor Voronoff dona al tutto un sapore di macabro e lo spettatore potrebbe, per il modo in cui la sua storia è trattata ritenerla come un evento fiction, peccato però che sia realmente accaduto tutto ciò e che questo med doctor aveva anche trovato, prima del secondo conflitto mondiale, una importante notorietà nei giornali e vari appoggi politico come in Mussolini. La figura di questo dottore folle ispiro Mikhail Bulgakov nel creare il protagonista del suo romanzo Cuore di Cane.

Dal pianeta degli umani
Dal pianeta degli umani

Dal pianeta degli umani, già partendo dal nome, si dimostra come uno sguardo sull’essere umano e su ciò che compie nel mondo, ma la narrazione seppur originale e innovativa nel proprio approccio documentaristico, si dimostra fin troppo confusionale e frammentaria tanto che alla fine dei conti solo l’elemento storico riguardante al personaggio di Voronoff cattura realmente interesse. Del resto anche la prima parte che riflette sulla migrazione e su un territorio brutale come il sentiero della morte tra Italia e Francia che viene osservato dal cineasta con distacco, come un luogo in cui tutto è accaduto ma nulla sembra accadere, non appare ben amalgamato al tutto, come del resto avviene per il terzo atto che appare narrato in maniera poco coincisa e anche se va accettata la natura sperimentale del tutto, alla fine lo spettatore faticherà a continuare la visione della pellicola.

L’elemento su cui l’intera storia si fonda è una riflessione sulla morte, sul tempo e sullo svanire. Giovanni Cioni, attraverso le immagini d’archivio e non, sembra voler mostrare al pubblico come tutto il nostro agire, vagare alla fine non lascerà niente sul pianeta, ma tutto svanisce e si ripete sempre uguali, come gli orrori accadono ma di questi nei luoghi e nel tempo ne rimane solo un lieve ricordo, ricordo che non resta su quelle persone che soccombono al mare, come i migrati. Anche la storia di Voronoff rientra in questa tematica mostrando come l’uomo deve accettare il tempo e comprendere che tutto prima o poi svanirà nell’abisso, anche noi, non esseri eterni ma esseri momenti, che vivranno solo per un breve tempo. Come Voronoff nel tempo è svanito ricadendo nel dimenticatoio dei tempi, tutto prima o poi svanirà per sempre e solo i luoghi rimarranno forse a testimoniare qualcosa, come il nostro passaggio.

Il silenzio della frontiera, l’oblio, la negazione del presente, la morte, la vita. Essere in vita, quale vita?Poi ci sono le rane che cantano. Le rane che sono invisibili e sono ovunque. Animali di passaggio tra la vita e la morte, l’acqua e la terra. Le rane cantano nelle loro cisterne, canti polifonici che raccontano la fiaba del mondo. C’erano, a quei tempi, e ci sono sempre. Testimoni beffardi della storia. Avevo registrato i loro canti, nelle cisterne d’acqua sospese sulla riviera, e sono loro che mi hanno permesso di raccontare questa storia. Sono sempre lì, in vita, come se la morte non le riguardasse, come se l’avessero superata.

Giovanni Cioni

In conclusione, Dal pianeta degli umani è un opera interessante, innovativa e sperimentale che porta a galla una tematica forte che però non riesce a narrare nei migliori dei modi attraverso un lungometraggio documentaristico reale che finge di essere finzione ma che risulta troppo frammentario e quindi poco incisivo, anche a causa di un narratore inespressivo e che dona una recitazione fin troppo piatta, probabilmente Giovanni Cioni poteva scegliere una voce attoriale per narrare la storia invece che la sua. Proprio l’interpretazione è l’elemento che complica in maniera pesante la fruizione del messaggio.

Note positive

Note negative

  • Un buon tema ma sviluppato male attraverso un montaggio frammentario
  • Giovanni Cion non dona un interpretazione all’altezza per poter narrare questa storia
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