Dos (2021): ventri cuciti

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Dos locandina film

Dos

Titolo originale: Dos

Anno: 2021

Paese: Spagna

Genere: Horror

Casa di produzione: Rodar y Rodar Cine y Televisión

Distribuzione: Netflix

Durata: 1h 10m

Regia: Mar Targarona

Sceneggiatura: Cuca Canals, Christian Molina, Mike Hostench

Fotografia: Rafa Lluch

Montaggio: José Luis Romeu

Musiche: Diego Navarro

Attori: Pablo Derqui, Marina Gatell, Esteban Galilea, Kandido Uranga

Dal cineasta de Il Fotografo di Mauthausen (2018), Mar Targaroma, prende vita un’opera macabra e inquietante come Dos (Two), pellicola in grado di conquistare l’interesse del pubblico italiano di Netflix, che appena 24 h ore dalla sua uscita sulla piattaforma on demand, avvenuta il 12 dicembre 2021, lo candida nella top 10 dei film più visti piazzandolo al settimo posto, grazie a una sinossi accattivante, ma il risultato rispetterà l’attesa del pubblico?

Trama di Dos

Una donna, completamente nuda, si sveglia all’interno di una misteriosa camera, forse quella di un hotel. Lei non sa come abbia fatto a terminare in questo luogo a lei sconosciuto. Accanto a lei si trova un uomo, privo di qualsiasi vestito e che dorme accanto a lei. I due, a causa di un dolore allucinante che hanno nel momento in cui uno di loro si muove, scoprono di essere stati uniti carnalmente, difatti i loro corpi sono stati cuciti insieme nel ventre, rendendoli una cosa sola. L’uomo, David, e la donna, Sara, dovranno comprendere come mai sono terminati in questa situazione, oltre che nell’individuare un modo per disunire ciò che qualcuno ha voluto unire insieme.

David e Sara - Dos
David e Sara – Dos

Recensione di Dos

Dos è un’audace prova registica e di sceneggiatura, una storia minimale all’insegna dell’angoscia e del mistero con un risvolto profondamente psicologico che si appoggia entro una narrazione che si sviluppa, nella sua totalità, entro un enigma da sviscerare e scoprire, sfruttando un’unica location e un trio di personaggi: le due vittime e il carnefice. Questo tipo di sceneggiature e di storie sono piuttosto complesse da scrivere poiché sono esenti da qualsiasi tipo di spettacolarità visiva ripiegandosi del tutto entro uno sviluppo di tensione emotiva, da dosare con assoluta saggezza, sia a livello di scrittura sia in quello di regia. Quindi la domanda principale da porsi su Dos è: il film ha una sua tensione? La risposta non può che essere si, dato che per l’intero arco narrativo, dalla durata di 1h 11 minuti, lo spettatore rimane incollato alla storia, venendo avvolto dal giallo e dal trauma di Sara e David, due estranei che si scoprono legati nel corpo, cuciti nella parte del ventre. Noi tifiamo per loro e con loro camminiamo all’interno della stanza alla ricerca di una verità tutta da scoprire e che risulta, nel finale, profondamente filosofica e connessa al concetto di dualità, elemento su cui si basa l’intera pellicola.

Il lungometraggio spagnolo di Targarona non va però considerato come cinema con la C maiuscola, ma come un prodotto televisivo che può rientrare all’interno del genere fiction, quel genere che sfrutta la dialogica dei personaggi per raccontare, a tratti in maniera ridondante, tutto ciò che lo spettatore deve sapere, tanto che non viene dato nessun reale indizio allo spettatore per scoprire da solo la realtà ma noi scopriremo tutto attraverso lo sviluppo narrativo e grazie ai dialoghi. Dunque cosa manca effettivamente in Dos? Una sottotrama e quel senso di non-detto e di simbolico, dato che tutto viene espresso a parole. Questo lato televisivo del prodotto di Netflix traspare anche nel genere dove se da un lato si poteva osare con l’horror o con momenti sanguinolenti, si preferisce indagare il mistero eliminando tutte quelle scene che potrebbero dare un maggior fastidio e malessere fisico allo spettatore. Alla fine Dos appare come un interessante giallo, che si avvicina per alcuni versi alla saga di Saw, soprattutto nell’elemento del gioco che sembra comparire all’inizio della vicenda.

Fotogramma di Dos
Fotogramma di Dos

Il corpo all’interno di Dos

Il lungometraggio sacrifica in maniera eccessiva il suo genere secondario del Body Horror non riuscendo a sviscerare come doveva quel senso dell’orripilante corporeo, ma allo stesso tempo Mar Taragona realizza una messa in scena d’incredibile audacia, tanto da poter apparire anche repulsiva per una fetta di pubblico. Il duo attoriale, Pablo Derqui e Marina Gatell, si espongono alla nudità, dando vita a una prova attoriale sporca e di carattere dove i loro corpi hanno un ruolo di primo piano all’interno dell’ ambiente scenico. Noi sentiamo il peso dei corpi che si muovono sulla stanza, il loro dolore e i loro affanni. L’unione dei due e l’ambiente chiuso creano quel senso di claustrofobia spaziale ed emotiva, che contagia il pubblico, soprattutto a inizio film dove la donna si sente succube dell’uomo accanto a lei, non potendo prendere le distanze nette da quell’individuo come vorrebbe, ma è costretta ad avere un stretto contatto con lui per motivi fisici, questa sensazione causa in noi un certo fastidio poiché come ti sentiresti se ti trovassi legato/a e privo/a di qualsiasi vestito dinanzi all’ignoto/a?  Peccato che a volte il duo attoriale ricade in una recitazione troppo teatrale e da soap opera che depotenzia un po’ il tutto.

Note positive

  • La messa in scena della nudità
  • Il ritmo

Note negative

  • La trama non è sviluppata al meglio delle sue potenzialità
  • L’aver prediletto un genere da fiction televisiva piuttosto che quello più autoriale
  • Dialoghi eccessivamente ridondanti e mancanza di non – detto
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