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Dune Drifeter
Titolo originale: Dune Drifter
Anno: 2020
Paese: Stati Uniti d’America
Genere: Fantascienza
Durata: 1h 38min
Regia: Marc Price
Sceneggiatura: Marc Price
Fotografia: Noel Darcy
Montaggio: Marc Price
Musiche: Adam Langston
Attori: Phoebe Sparrow, Daisy Aitkens, Simon Dwyer-Thomas, Alastair Kirton, Richard Corgan, Marcus Shakesheff, Charlotte Mounter, Caroline Bartholdson, Claire Burley
Dune Drifeter è stato presentato in anteprima nazionale italiana al Trieste Science+Fiction Festival 2020
Trama di Dune Drifeter
La squadra Germini composta da sette navicelle da combattimento spaziale ha effettuato il salto dell’iperspazio per raggiungere il luogo di battaglia dove gli umani di Terra Prime stanno per compiere un attacco d’importanza strategica contro il loro nemico alieno. Il luogo dello scontro è intorno al pianeta Erebus.
Appena sono partiti la squadra Germini sei, composta dalle combattenti Grey Leader e Grey Sei, mostrano un malfunzionamento dell’iniettore al Plasma che non hanno aggiustato bene prima della partenza. Nonostante qualche problema iniziale le due riescono a risolvere momentaneamente il problema e a condurre senza difficoltà la navicella. Nel frattempo ricevono ordini diretti dal Colonello Danforth, dello squadrone Dune e vice comandante del Valiant e intermediario dell’Amiraglio Mostel, che li avvisa di non prepararsi per la battaglia dato che questa terminerà molto prima dell’arrivo. Tra malcontento generale di alcuni piloto della Germini che volevano combattere la squadriglia, tra un chiacchierata e l’altra all’interno del tunnel ipersapaziale, giungeranno sul luogo trovandosi però dinanzi a loro una scena raccapricciante e di morte.
Le truppe della Valiant stanno soccombendo contro l’attacco alieno, la squadra Germini e così costretta a combattere ma la situazione peggiorerà sempre di più e le loro navicelle vengono man mano distrutte dalle forze nemiche. Gli ultimi a rimanere in vita è la squadra sei ma anche questi colpiti e a causa del problema all’iniettore del plasma precipitano all’interno del pianeta Erebus, in cui l’aria è mortale per la razza umana e non solo.
Grey Leader e Grey Sei riusciranno a sopravvivere in questo territorio oscuro?

Recensione di Dune Drifeter
Un applauso ai componenti tecnici e attoriali che hanno partecipato all’impresa che sta dietro a Dune Drifeter che mostra nuovamente al mondo del cinema come non siano tanto i soldi a fare la settima arte ma quanto sia fondamentale la passione a la creazione di un gruppo coeso e competente di lavoratori per condurre in porto un progetto cinematografico. Così come era accaduto per il suo primo lungometraggio Colin (2008), costato appena 53 euro, ecco che nel 2020 il regista Marc Price è andato a realizzare una storia di fantascienza senza possedere minimamente un budget adeguato per portare al termine questa impresa, almeno apparentemente, dato che Marc Price è riuscito pienamente nel suo intento, portando sullo schermo un omaggio a quella fantascienza di Roger Corman degli anni ’50, strizzando l’occhio ai cult di genere fantascientifico e fantastico come il primo Stark Trek del 1966 e i primi film di Guerre Stellari.
All’inizio di Dune Drifeter non possiamo non denotare le sue numerose citazioni cinematografiche. I titoli di apertura riportano immediatamente alla mente la sigla del 1966 di Star Trek con le scritte che compaiono sullo schermo oscuro e stellate. Anche il tunnel spaziale e il salto nell’iperspazio richiama l’opera di Gene Roddenberry dal punto di vista grafico e sopratutto il mondo di G. Lucas dei primi film del 1977. Inoltre la grafica dei modellini delle astronavi riprende in maniera evidente il mondo di Guerre Stellari come anche nelle tute indossate dai piloti nella prima parte del film L’Impero colpisce ancora. Inversamente la grafica delle mappe spaziali e lo stile narrativo utilizzato nella pellicola è prettamente aderente al mondo di Stark Treck, come anche la tuta indossata dal Colonello Danforth, che può richiamare alla mente, seppur lontanamente, il nome di Darth Fener.
Grazie a questa aura di omaggio al primo cinema di fantascienza non sentiamo in maniera importante l’assenza di una tecnologia di alto livello ma il regista riesce a creare un mondo in cui gli i modellini delle astronavi non stonino eccessivamente all’occhio dello spettatore abituato ai film prettamente costruiti in CGI. Interessante è anche sapere che tutta la parte dedicata ai viaggi dello spazio è stata realizzata nel soggiorno del regista stesso sfruttando delle proiezioni video, mentre la seconda parte è stata girata in soli sette giorni in Islanda.
Una regia a due faccie
Il film si apre immediatamente nello spazio andando a presentare immediatamente al pubblico le la protagonista della storia e la sua collega. Stiamo parlando della mitragliatrice del Grey Sei, la quale si trova immediatamente con un problema meccanico della navicella riguardante un malfunzionamento dell’iniettore al Plasma. Questo elemento è stato saggiamente immesso all’inizio della storia ma man mano che il film procede andando a condurre lo spettatore dentro il mondo dei personaggi e dell’equipaggio della Squadra Germini, con dei caratteri ben narrati dal punto di vista caratteriali, il tutto dotato di un ottimo e intelligente uso dei dialoghi, questo elemento viene quasi dimenticato dallo spettatore che si ricorderà di questo guasto solo quando sarà nuovamente presente. Ciò è indubbiamente interessante ma forse sarebbe stato più interessante mantenerlo come problema costante donando quel senso di attesa e di pericolo che la storia possiede poco nella prima parte narrativa.
La regia sfrutta in maniera intelligente le mancanze tecniche creando un ambiente claustrofobico grazie a inquadrature strette che divengono essenzialmente dei primissimi piani sui personaggi, il tutto riesce a trasportare lo spettatore all’interno della storia evitando di mostrare le pecche visive che divengono inversamente un elemento di stile interno alla storia. La storia si apre a panorami più aperti in parte nel momento del conflitto armato dove scrutiamo, in stile Star Wars, gli eventi della battaglia nel loro insieme e siamo all’interno della navicella spaziale col pilota. Il conflitto cattura fin da subito l’attenzione emozionale donando quel senso di ansia e terrore che i personaggi stanno provando.
Se fin qui la regia funziona benone e nella seconda parte, quella anche meno tecnica dal punto di vista effettistico, che Marc Price non riesce a donare una giusta regia a Dune Drifeter. Siamo in una landa desolata e irrespirabile, mancanza di aria e problemi meccanici della navicella è lo spettatore non è emozionato da questi eventi. Vediamo gli alieni e noi non siamo minimamente interessati al destino della protagonista di cui forse sappiamo troppo poco. Se Gravity di Curon era un film in cui lo spettatore provava angoscia per la protagonista lasciata al suo destino ecco che in Dune Drifeter ciò non avviene ed è un vero e proprio peccato poiché la prima parte a livello di regia era stata totalmente azzeccata.
Se la sceneggiatura non risulta pienamente originale come idea ricalcando semplicemente il genere dei film Corman e del primo Star Trek, sopratutto a livello di serie, Dune Drifeter si perde non tanto nella costruzione effettistica degli alieni e della resa visiva ma nell’assenza di emozione che la regia non è riuscita a trasferire nella storia.
Note positive
- Prima parte narrativa
Note negative
- Mancanza di emozione
- La regia nella seconda parte del film