Garagenvolk | Trieste Film Festival

GARAGENVOLK locandina

Garagenvolk

Titolo originale: Garagenvolk

Anno:  2020

Paese:  Germania

Genere: Documentario

Produzione: Arte France, Tamtam Film

Distribuzione:

Durata: 97 minuti

Regia: Natalija Yefimkina

Sceneggiatura: Natalija Yefimkina

Fotografia: Axel Schneppat

Montaggio: Nicole Fischer, Lucie Gebhardt, Markus Schmidt, Barbara Toennieshen

Trailer V.O Garagenvolk (sub eng)

Trama di Garagenvolk 

Un docufilm che racconta un quartiere nell’estremo nord della Russia, ai margini di una paese dove una società mineraria è l’unico datore di lavoro e abitazioni inusuali (le “case garage”) si estendono all’infinito. Ogni “casa” è un luogo contenente grandi sogni e attività giornaliere per evadere dalla tristezza della vita quotidiana al di sopra del Circolo Polare Artico. Il film racconta vari quadretti quotidiani inseriti nella cornice generale della Garagenvolk : Il raccoglitore di rottami Ilja usa il suo spazio come laboratorio; Roman ci alleva quaglie, Pavel ci scolpisce figure di santi e una rock band di ragazzi ci prova i propri pezzi. Tutte queste storie formano un microcosmo che rivela una parte nascosta della società, in un racconto che lascia spazio anche all’umorismo

Recensione di Garagenvolk 

Il Trieste Film Festival nelle sue ultime giornate di programmazione presenta un docufilm diretto dall’esordiente Natalija Yefimkina : Garagenvolk , un racconto di un quartiere desolato nel Nord della Russia in una zona dimenticata, in cui è presente una distesa di garage abitativi, ossia delle nuove strutture che fungono da domicilio per quella che viene definita la gente dei garage. Le riprese ci evidenziano queste “case” come dei piccoli quadretti, facenti parte di un intero sistema di relazioni sociali, racchiuso in tale microcosmo. Da queste immagini evocative infatti scaturiscono una serie di racconti l’uno diverso dall’altro : passando dalle vicende interne ad una rock band giovanile che sogna di fare il grande salto al raccoglitore di rottami Iljia, che usa il proprio spazio come laboratorio. Il lungometraggio dunque non possiede una composizione narrativa unitaria, bensì si articola secondo uno schema ramificato nelle varie storie dei vari abitanti del quartiere e nel loro evolversi in un “mondo” che visto da uno schermo risulta difficile da percepire, al limite del distopico, in cui s’incontrano generazioni, stili di vita e progetti diversi, tutti uniti da una sola cosa : il Circolo polare artico che li ingloba

Garagenvolk racconta gli Ultimi di un paese, i quali cercano di sopravvivere e di trovare disperatamente un futuro in una zona così vasta, ma anche così vuota in cui si discute sul comprare o meno un Audi, sull’aprire un pub altrove, oppure per alcuni si cerca semplicemente di vivere nel migliore dei modi i pochi giorni che restano. La cineasta ci descrive tutto questo attraverso l’uso della macchina da presa (senza mai farla percepire allo spettatore) ,mantenendo uno stile pulito ed essenziale che ci rende coscienti della realtà dei garage, scena per scena, lasciando spesso al nostro sguardo le considerazioni sulla condizione precaria di coloro che come noi dovrebbero essere “cittadini del mondo” ed invece sono rinchiusi in un angolo al margine di un paese immenso, che li cattura anch’esso, facendoli sembrare agli occhi di chi l’osserva niente di più che un ago nascosto nel pagliaio dell’universo mondo.

Note positive

  • Uso della macchina da presa
  • Stile pulito ed essenziale
  • Descrizione evocativa del microcosmo dei garage

Note negative

  • Carenza di coinvolgimento in alcuni racconti

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