Hopper. Una storia d’amore americana (2022). Ritratto di un pittore

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Locandina di Hopper. Una storia d'amore americana

Hopper. Una storia d’amore americana

Titolo originale: Exhibition on Screen: Hopper – An American Love Story

Anno: 2022

Nazione: Regno Unito

Genere: Documentario

Casa di produzione:

Distribuzione italiana: Nexo Digital

Durata: 94 minuti

Regia: Phil Grabsky

Sceneggiatura: Phil Grabsky

Fotografia:

Montaggio:

Musiche:

Trailer di Hopper. Una storia d’amore americana

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Il documentario “Il Bacio di Klimt”, diretto da Ali Ray, ha inaugurato la stagione cinematografica 2024 della serie di film di Nexo Digital intitolata “La Grande Arte al Cinema”. Questa serie continua anno dopo anno a raccontarci, sotto forma di documentario, i più illustri e grandi pittori che hanno creato opere uniche e incantevoli, dipinti o statue che milioni di visitatori ogni anno vanno a vedere nei vari musei. “Il Bacio di Klimt” fa parte dei tre documentari che compongono la Stagione 23-24 Parte 2 de La Grande Arte al Cinema, che include anche “Uomini e Dei: Le meraviglie del Museo Egizio” e “Hopper: Una storia d’amore americana”. Quest’ultimo documentario, realizzato nel 2022 dal regista Phil Grabsky (conosciuto per i suoi lavori su Vincent Van Gogh – Un nuovo modo di vedere, 2015; Cézanne – Ritratti di una vita, 2018; Raffaello alle Scuderie del Quirinale, 2020), racconta la vita del pittore e illustratore americano Edward Hopper (1882-1967), uno dei maggiori esponenti dell’arte statunitense, noto al grande pubblico per i suoi lavori realizzati con la tecnica degli acquerelli e dell’olio su tela. In Italia, il documentario sarà proiettato al cinema come evento speciale da Nexo Digital dal 9 al 10 aprile 2024, per poi essere disponibile sulla loro piattaforma di streaming “Nexo+”.

Trama di  Hopper. Una storia d’amore americana

Edward Hopper è uno dei pittori che meglio ha catturato l’essenza dell’America popolare, silenziosa e misteriosa del suo tempo, influenzando generazioni di artisti, cineasti come Alfred Hitchcock e David Lynch, fotografi e pittori come Rothko e Banksy, e musicisti. Ma chi era davvero questo artista riflessivo e maestro della narrazione chiamato Edward Hopper? Nato nello stato di New York, Hopper ha trasformato le sue esperienze di vita e le sue osservazioni dell’America in opere d’arte iconiche che parlano direttamente all’animo umano. Il documentario diretto da Phil Grabsky esplora in profondità la vita e l’opera di questo maestro della narrazione, dalle sue umili origini fino al suo successo artistico. Attraverso il ritratto delle sue relazioni personali, in particolare con la moglie Jo, Hopper emerge come un artista che ha saputo trasformare la sua solitudine e la sua introspezione in una straordinaria capacità di comunicare emozioni universali attraverso i suoi dipinti. La sua enigmatica personalità, la sua tecnica pittorica e la sua sensibilità alla solitudine sono stati al centro del suo lavoro, che continua a parlare anche a distanza di decenni. Con l’aiuto di interviste di esperti e letture dei suoi diari personali, il documentario getta una luce sorprendente sulla vita quotidiana di Hopper, rivelando gli aspetti più intimi e significativi della sua arte. “Hopper. Una storia d’amore americana” offre così uno sguardo profondo sulla vita e l’eredità di uno degli artisti più influenti della storia americana, un viaggio attraverso l’amore di Hopper per l’architettura, i paesaggi e l’animo umano.

Edward Hopper, Chop Suey, 1929
Edward Hopper, Chop Suey, 1929

Recensione di Hopper. Una storia d’amore americana

Phil Grabsky con il suo “Hopper. Una storia d’amore americana” realizza un lavoro alquanto classico sia registicamente che a livello di sceneggiatura. Il suo documentario, che ci introduce nel mondo di Edward Hopper, è privo di qualsiasi tipo di sperimentazione, ma si conforma agli stilemi classici del genere documentario, evitando di spingersi verso qualcosa di maggiormente originale. Il lavoro di Grabsky presenta un linguaggio narrativo lineare che si rifà espressamente agli stili narrativi standard e consolidati del genere documentario, muovendosi tra interviste e immagini d’archivio. “Hopper. Una storia d’amore americana” possiede un linguaggio narrativo efficace e lineare, iniziando il racconto dall’infanzia del pittore e conducendolo fino alla sua morte. Tuttavia, manca completamente alla pellicola quel pathos drammaturgico che un prodotto cinematografico dovrebbe possedere, soprattutto considerando che non è destinato esclusivamente alla televisione o a programmi informativi sulla pittura. Il documentario di Grabsky riesce nei suoi intenti drammaturgici, narrando l’essenza artistica e umana di Hopper, ma sembra dimenticarsi del suo pubblico e del bisogno di mantenerlo coinvolto. “Hopper. Una storia d’amore americana” è un film troppo statico a livello ritmico, mantenendo lo stesso battito cardiaco per tutto il suo svolgimento. Questa staticità potrebbe portare lo spettatore a perdere interesse o a distogliere l’attenzione da ciò che viene raccontato e mostrato, dimostrandosi a causa di quest’asenza ritmica di un’opera adatta esclusivamente a un pubblico di estimatori e conoscitori dell’arte.

Entrando nel dettaglio tecnico narrativo, il lungometraggio in questione indaga la storia di Edward Hopper utilizzando, come in ogni altro film documentaristico, una voce narrante che ci guida attraverso le varie fasi della sua storia artistica. Inoltre, include interviste di illustri storici dell’arte che ci aiutano a comprendere l’estetica e la filosofia del pittore americano, spiegandoci in maniera abbastanza superficiale le varie simbologie, metafore e significati che dipinti Hopper potrebbero rappresentare, con particolare attenzione ai giochi di luci, alla rappresentazione di edifici architettonici e di figure umane sole in ambienti a tratti irrealistici e con un tono inquietante e triste, dove il contatto umano e il sorriso sembrano essere assenti. Accanto a questa parte più incentrata sul mondo pittorico, con immagini delle opere e dichiarazioni degli studiosi, troviamo anche materiali d’archivio provenienti dalle interviste (video e non) rilasciate da Hopper e dai diari di Josephine Verstille Nivison, pittrice e moglie di Hopper. Mentre le interviste video ci permettono di vedere immagini autentiche del pittore, sentendo la sua voce e osservando la sua gestualità, i diari di Joe ci avvicinano all’intimità di Hopper, mostrandone la sua natura più intima e umana. Attraverso queste scritture intime di Joe, il documentario offre uno sguardo privilegiato sulla vita quotidiana di Hopper e sulle dinamiche della sua relazione con la moglie. Questi momenti narrativi, provenienti dalle interviste sul pittore (sebbene siano troppo poche) e dai diari, risultano essere i momenti più interessanti all’interno della pellicola, poiché offrono uno sguardo intimo sulla vita privata di Hopper al di là della sua attività artistica, permettendoci di comprendere meglio la sua personalità, le sue relazioni e le sue emozioni più profonde. Le parole scritte di Joe aggiungono un elemento umano alla narrazione, rivelando aspetti nascosti della vita quotidiana dell’artista e arricchendo la nostra comprensione del suo mondo interiore, che si riflette in maniera importante sulle sue opere d’arte, le quali prendono vita da questa sua interiorità.

Josephine Nivison, Hopper Self Portrait
Josephine Nivison, Hopper Self Portrait

La pellicola ci offre un quadro dettagliato del mondo artistico di Edward Hopper, mostrando le varie fasi della sua carriera sia prima che dopo l’incontro con Joe, la pittrice che diventerà sua moglie. È evidente come l’entrata in scena di Joe abbia avuto un impatto fondamentale sulla creatività artistica di Hopper, contribuendo a renderlo uno dei più grandi artisti americani nel campo dell’arte pittorica. Durante tutto il corso del film, vediamo numerosi esempi dei suoi acquerelli, una tecnica che ha appreso e perfezionato proprio grazie a Josephine Verstille Nivison. Questi dipinti spesso ritraggono edifici o persone, e trasmettono un profondo senso di vuoto interiore, denunciando una grande solitudine e freddezza ambientale, soprattutto nei ritratti dei vari personaggi, i quali sembrano privi di qualsiasi contatto umano. Le opere di Hopper sono in un certo senso prive di umanità. Il pittore sembra non essere mai stato interessato a rappresentare le interazioni umane o il contatto fisico, riflettendo probabilmente la sua stessa natura distante e riservata, incapace di esprimere amore e affetto. È pertanto sorprendente che il suo ultimo lavoro, “Two Comedians” (1966), mostri un evidente contatto umano. Quest’opera, ultima creazione del maestro americano, rappresenta simbolicamente la chiusura del suo percorso artistico, con un gesto di riconoscimento e amore verso la moglie, artefice del suo successo. L’inchino del personaggio, tenendo per mano una figura femminile, simboleggia un atto d’amore e di profondo riconoscimento verso Joe, che si è sacrificata per aiutarlo a diventare il genio artistico che è riuscito a essere.

Edward Hopper, Cape Cod Evening, 1939
Edward Hopper, Cape Cod Evening, 1939

In conclusione

“Hopper. Una storia d’amore americana” offre un ritratto dettagliato e informativo del celebre pittore americano, ma pecca nell’infondere quel fascino e quell’emozione che avrebbero potuto rendere il documentario più coinvolgente per un pubblico più ampio. Sebbene sia un’opera adatta agli appassionati d’arte e agli studiosi di Hopper, manca quel tocco di originalità e di pathos che avrebbe potuto trasformarla in un’esperienza cinematografica davvero memorabile per tutti.

Note Positive:

  • Approccio tradizionale: Il documentario di Phil Grabsky si distingue per il suo approccio classico e tradizionale alla narrazione, che si conforma agli stilemi consolidati del genere documentario. Questo può essere apprezzato da un pubblico che preferisce una presentazione lineare e accurata dei fatti.
  • Ricerca accurata: Il film offre una panoramica dettagliata della vita e dell’opera di Edward Hopper, grazie a una ricerca accurata e approfondita. Le interviste agli esperti e l’uso di materiali d’archivio forniscono una comprensione completa del contesto storico e artistico in cui Hopper operava.
  • Intimità e umanità: I momenti narrativi che si concentrano sulla vita privata di Hopper, compresi i diari di Josephine Verstille Nivison, offrono uno sguardo intimo sulla sua personalità e sulle sue relazioni. Questi elementi aggiungono umanità alla narrazione, arricchendo la comprensione dell’artista e delle sue opere.

Note Negative:

  • Mancanza di pathos: Nonostante la completezza della ricerca e la presentazione accurata dei fatti, il documentario potrebbe risultare carente di pathos drammaturgico, mancando di quel coinvolgimento emotivo che potrebbe mantenere lo spettatore appassionato e interessato per tutta la durata della visione.
  • Staticità ritmica: Alcuni spettatori potrebbero percepire la staticità ritmica del film come un elemento negativo, trovandola poco coinvolgente e monotona. La mancanza di variazioni nel ritmo potrebbe portare alla perdita di interesse da parte dello spettatore.
  • Mancanza di approfondimento su alcuni aspetti: Nonostante la completezza della ricerca, il documentario potrebbe tralasciare alcuni aspetti della vita e dell’opera di Hopper, riducendo la comprensione complessiva dell’artista e dei suoi contributi all’arte.
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