Hotel Sarajevo (2022): la questione identitaria trent’anni dopo.

Condividi su

Hotel Sarajevo

Titolo originale: Hotel Sarajevo

Anno: 2022

Nazione: Italia

Genere: Documentario

Casa di produzione: Clipper Media, Luce Cinecittà, Rai Cinema

Distribuzione: Rai 1

Durata: 90′

Regia: Barbara Cupisti

Sceneggiatura: Barbara Cupisti, Natascia Palmieri, Diego Zandel

Fotografia: Antonello Sarao

Montaggio: Piero Lassandro

Musiche: Tommaso Gimignani

Attori: Zoran Herceg, Slobodanka ‘Boba’ Lizdek, Belmina Bajrović, Almedina Vejzagić

Il documentario Hotel Sarajevo, per la regia di Barbara Cupisti, sarà in prima visione TV in seconda serata su RAI1 domenica 29 maggio, durante lo Speciale TG1.

Fotogramma tratto dal documentario Hotel Sarajevo
Fotogramma tratto dal documentario Hotel Sarajevo

Trama di Hotel Sarajevo

Hotel Sarajevo è l’Holiday Inn, costruito alle porte della città per le Olimpiadi invernali del 1984. Un edificio molto diverso dalle strutture esistenti, che sembrò arrivare dal cielo come un’astronave aliena. Dal tetto dell’albergo, il 5 aprile del 1992, i cecchini spararono sulla folla che manifestava davanti al Parlamento, dando inizio al conflitto più lungo e sanguinoso del XX secolo. I giornalisti di guerra che accorsero a Sarajevo alloggiarono proprio qui, in questo albergo, che diventò una città nella città. 

I testimoni del passato e della realtà del presente sono Zoran, profugo dall’età di 13 anni; Boba, che lavorò come fixer di guerra con i giornalisti che vivevano all’Holiday Inn; e Belmina, la giovane direttrice dell’albergo nata dopo l’Accordo di Dayton, che nel 1995 pose fine alla guerra in Bosnia-Erzegovina.

Fotogramma tratto dal documentario Hotel Sarajevo
Fotogramma tratto dal documentario Hotel Sarajevo

Recensione di Hotel Sarajevo

L’opera di Barbara Cupisti ha la pretesa di raccontarci delle storie, in particolare quelle di tre persone bosniache che hanno vissuto la guerra in momenti diversi: Zoran era un adolescente, Boba aveva 23 anni e Belmina non era ancora nata. I tre personaggi ci vengono presentati in modo confuso e incoerente: si passa dalla voce fuori campo degli attori della Bosnia alle testimonianze dirette sottotitolate; dalle auto-interviste tra i personaggi ai pensieri spontanei documentati durante i vari momenti conviviali. Non si capisce bene cosa voglia portare a casa questo lavoro che, dalle note di regia, si limita volutamente a raccogliere gli stati d’animo, senza contestualizzare lo scenario politico del presente. La scelta è quella di restare ai margini, senza dare troppe informazioni. Un’occasione mancata per un documentario che potrebbe invece portare a galla con più forza gli elementi distorti di una guerra per molti anni sottovalutata, a maggior ragione se ciò che preoccupa i protagonisti è l’imminente riapertura di un conflitto armato, mai profondamente risolto.

Belmina e un giovane amico all'interno dell'Holiday Inn
Belmina e un giovane amico all’interno dell’Holiday Inn

Le immagini d’archivio ci riportano a un passato doloroso che dal 1992 al 1996 ha dilaniato un popolo che per molti anni ha saputo convivere pacificamente nonostante la diversità culturale e religiosa. Ma la miccia della retorica nazionalista costruita a tavolino non è ancora spenta: il concetto d’identità è la bomba a orologeria che, come trent’anni fa, può far saltare in aria un equilibrio delicato, forse poco protetto da chi non ha mai smesso di sentirsi vittima e rifugiato.

I giovani nati dopo la guerra sono gli unici a parlare di unità, di un futuro nuovo e finalmente libero dall’idea della vendetta. Sono la prima generazione con i genitori ancora vivi, mentre la precedente (di Zoran e della moglie Almedina, per esempio) è quella dei senza padri, che parla di pulizia etnica, di criminali di guerra mai condannati e che rivendica l’identità serba.

L’ultima battuta, infelice e davvero forzata, è proprio di Zoran in riferimento all’Ucraina:

La mia guerra è finita quando avevo 17 anni ma ora che ne ho quarantatré i colpi di mortaio li sento ancora: arrivano da un altro paese che, come il mio, si sente parte dell’Europa.

Zoran Herceg
Fotogramma di Hotel Sarajevo: memoriale di Srebrenica.

In conclusione

Note positive

  • Materiale d’archivio
  • Testimonianze dei giovani
  • Filmato d’animazione

Note negative

  • Ritmo confuso
  • Assenza di una sinossi chiara
  • Ingenuo e poco coinvolgente
Condividi su

Un commento

  1. Le voci non sono di doppiatori ma dei protagonisti stessi che parlano tutti italiano perché l’Italia è molto molto vicina alla Bosnia.
    Ad un’occhiata poco attento o abituato ad essere guidato nel racconto , il film può apparire frastagliato e che non vada in profondità…. ci vorrebbe forse una lettura più attenta e il desiderio di ascoltare e vedere invece che giudicare.
    Grazie
    B Cupisti

Rispondi a barbara cupistiCancella risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.