I Segugi – Prima stagione (2023): criminalità e giustizia ai tempi del Covid

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I Segugi 2023 locandina serie tv

I Segugi

Titolo originale: Bloodhounds

Anno: 2023

Paese: Corea del Sud

Genere: azione, poliziesco, drammatico

Casa di Produzione: Studio N, Seed Film, Seven Osix

Distribuzione italiana: Netflix

Ideatore: Kim Joo-hwan (Jason Kim)

Stagione: 1

Puntate: 8

Regia: Kim Joo-hwan (Jason Kim)

Sceneggiatura: Kim Joo-kwan (Jason Kim)

Musica: Koo Ja-hwan

Attori: Woo Do-Hwan, Sang-yi Lee, Joon-ho Huh

Traile della Serie TV: I Segugi

Dopo il notevole successo di Alice in Borderland (2020-2022) e Squid Game (2021), l’attenzione del cinema coreano si sposta dai mondi distopici e alternativi verso una realtà quanto mai condivisa. Le tangibili sofferenze e difficoltà dovuti alla pandemia da Covid-19, si fondono alle azioni svolte dalla criminalità organizzata di Seoul, intenta ad arricchirsi a discapito di coloro che, nonostante i disagi e le precarie condizioni economiche, tengono in piedi l’assetto imprenditoriale del paese. Usurai senza scrupoli, vittime degli eventi e giustizieri improvvisati, rappresentano il nuovo k-drama I Segugi (Bloodhouds), disponibile su Netflix dal 9 giugno 2023, scritto e diretto da Kim Joo-hwan.

Trama de I Segugi

Seoul, nel 2020, è una città semivuota a causa dell’emergenza pandemica in corso. Le restrizioni e le misure di distanziamento sociale hanno portato a un calo significativo dell’attività e dell’afflusso di persone. Kim Geon-woo (Woo Do-hwan), boxer dilettante, impegnato tra innumerevoli lavori part-time e preoccupato delle ingenti difficoltà finanziarie in cui versa la famiglia, è il protagonista della trama e chiara rappresentazione di quella parte dell’assetto sociale più colpita, sia economicamente che moralmente, dal traumatico evento. Geon-woo è un ragazzo buono e gentile. Incredibilmente ingenuo e ben disposto verso il prossimo, nasconde un fervente spirito combattivo, di cui fa sfoggio durante le competizioni pugilistiche a cui partecipa. Proprio durante un torneo per dilettanti, Geon-woo si trova faccia a faccia con Hong Woo-jin (Lee Sang-yi), pugile spavaldo e sicuro di sé, eccentrico e sopra le righe, ma di gran talento. Il loro incontro dà vita a un match avvincente ed entusiasmante. Affrontano la sfida senza risparmiarsi, equiparandosi in tecnica e abilità, creando uno spettacolo che si rivela incerto fino alla fine. Al termine dell’incontro, la camera da presa ci porta fuori gli spogliatoi del palazzetto, dove minuti prima si era tenuto l’avvincente match. I due ragazzi con una scusa banale iniziano a parlare, Woo-jin che in un primo momento tende a restare sulle sue, inizia a conversare con Geon-woo, il quale, contraddistinto dalle buone maniere, propone un invito a cena. I due si ritrovano a tavola, tra i diversi discorsi, iniziano a conoscersi e scoprire che oltre la boxe anche altri interessi e trascorsi li accomunano, così che dall’acerrima rivalità del ring, si avviano verso una conoscenza più profonda. Nel mentre, in città si diffonde un fenomeno dilagante di usura che colpisce numerosi piccoli artigiani e commercianti. Tra le tante vittime, la madre di Geon-woo, gestore di un piccolo e poco frequentato bar, viene presa di mira da spregevoli individui, i quali con una truffa degna di nota, convincono la donna a firmare dei documenti, sui quali è presente una clausola vincolante scritta in piccolo, indecifrabile a occhio nudo. La clausola presente sul contratto, prevede la restituzione di un’ingente somma di danaro, che la donna non possiede, con conseguente distruzione del locale da parte degli aguzzini. Geon-woo, osservando e somatizzando la sofferenza e l’umiliazione a cui la madre è stata sottoposta, decide di opporsi a coloro che le hanno provocato un simile dolore: la Smile Capital, guidata da Kim Myeong-gil (Park Sung-woong). Quest’ultimo si afferma come leader indiscusso nel mondo dell’usura, divenendo artefice e pioniere di una manovra di truffa, che in poco tempo gli ha permesso di accedere ai salotti più importanti e facoltosi di Seoul; costui però è lo stesso che anni prima era alle dipendenze di un usuraio chiamato “Presidente Choi” (Huh Joon-ho), un uomo diametralmente opposto a Myeong-gil, benefattore più che usuraio, dedito ad aiutare i poveri e tutti coloro privi di mezzi di sostentamento. Le strade i Geon-woo, dell’ormai amico fraterno, Woo-jin e Choi, si incontrano, nel medesimo interesse di distruggere la morsa asfissiante che tiene in ostaggio i piccoli imprenditori di Seoul.

Geon-Woo e Sang-yi
Geon-Woo e Sang-yi in Segugi

Recensione de I Segugi

Osservare gli sviluppi di una branca cinematografica poco nota, come quella proveniente dall’estremo oriente, si mostra essere un’esperienza che prescindendo dalla qualità del prodotto, incuriosisce lo spettatore. La teatralità delle interpretazioni; protagonisti che rimandano agli eroi dei tanto amati anime e manga; suggestivi usi e costumi; scontri che fondono arti marziali e street fight; ed estrema originalità sul piano distopico, rendono tali prodotti unici nel loro genere. I Segugi, raccoglie solo in parte le peculiarità della moderna tradizione cinematografica da cui ha origine, ciononostante, ne assume in maniera eccelsa i fattori utili a una corretta catalogazione. La pellicola in questione prende le distanze da Alice in Borderland e Squid Game, difatti, emerge un avvicinamento al cinema nipponico, ricordando, seppure stilisticamente più sofisticato, Crows Zero (2007) scritto da Hiroshi Takahashi e diretto da Takashi Miike. La storia dei collegiali intenti a ottenere il prestigio dell’ambito Suzuran (scuola dei corvi) tra scontri one on one, interminabili risse tra gruppi rivali, amicizie e alleanze; si collega all’idea di Kim Joo-hwan, oltre che per il continuo confronto fisico, anche per la trama fortemente incentrata su un unico scenario, proveniente da una frammentazione, e a seguito isolamento, di un determinato segmento sociale, a cui appartiene un ben definito target di individui. Tale elemento consente una ripartizione degli avvenimenti, pertinente a fatti riguardanti solo ed esclusivamente quel determinato ambiente, limitando l’uso di side stories all’interno della narrazione, se non inerenti al contesto preciso. Nel caso di I Segugi, l’attenzione su un’unica tematica che unisce le vite dei personaggi, può risultare eccessiva per chi necessita di una visione allargata a vari contesti, uniti da un unico filo logico; o per chi invece predilige contenuti con side stories dissipate, dagli sviluppi a sé stanti (es. Riverdale 2017 – in corso d’opera, ideato da Roberto Aguirre-Sacasa).

In realtà, la storia, distribuita su otto episodi della durata media di un’ora, giova della riduzione narrativa, applicando alle vite dei personaggi i giusti parallelismi attraverso flash back adatti al completamento dei loro profili e alla totale comprensione della trama. Le ambientazioni differiscono in base a semplici contrasti, come tra giorno e notte, entro i quali sorge evidente la contrapposizione tra le difficoltà vissute dalla popolazione durante il giorno (locali vuoti, poche persone per le strade, mascherine e restrizioni) e il lusso sfrenato in cui si crogiola la criminalità nel cuore della notte (auto di lusso, bottiglie importanti, privé, prostituzione), fino quasi a ignorare le reminiscenze della pandemia, a cui la serie si è opportunamente riferita. La differenza tra giorno e notte è anche un’opportunità per scandire le varie fasi della sceneggiatura. Durante il giorno si assiste ad un susseguirsi dei fatti disteso, a dialoghi divertenti e ironia diffusa. Si esalta la tipicità orientale del comunicare attraverso la mimica facciale, i momenti gioviali sono intervallati da riflessioni e ricordi, riconducendo gran parte dell’azione al calar del sole. Durante la notte il racconto accelera, la trama subisce delle evoluzioni, è il momento in cui la parte drammatica e commediale, vengono sostituite da una componente noir, che ammorbidisce la forte presenza di azione. Il tratto live action è delineato da scontri fisici, i due protagonisti prediligono l’uso dei pugni; mentre i loro avversari si avvalgono spesso, se non sempre, dell’ausilio di armi bianche. Le lotte in cui si cimentano i personaggi sono avvalorate da riprese ad ampio respiro con cenni grandangolari che aiutano ad apprezzare lo scontro nella sua completezza, senza la necessità di numerosi cambi di sequenza. Sia nei confronti singoli che nelle risse, c’è una forte attenzione allo stile di lotta, all’interno del quale coesiste la tecnica pugilistica dei due ragazzi in contrasto con la lotta da strada dei propri nemici. Una lotta da strada che non è da interpretare come goffa e poco stilosa, ma che anzi riporta alcune caratteristiche delle arti marziali. Un lavoro, quest’ultimo, che abbandona i confusionari pestaggi presenti nei primi Crows Zero, entrando in un’ottica di intrattenimento prossima a una spettacolarizzazione dello street fight. Bloodhouds si muove sulla falsa riga della saga poco conosciuta di High&Low (Giappone, 2012 – The Story of Sword ; 2016 – The Movie ; 2017 – The Movie 2 / End Of Sky; 2017 – The Movie 3 / Final Mission), la quale rappresenta uno spartiacque tra la vecchia e la nuova concezione,  al contempo è precorritrice esemplificativa di come un contesto che riprende gang rivali a confronto possa comunque appassionare gli amatori a combattimenti ricchi di evoluzioni e acrobazie.

Nel caso in analisi, il centro della storia è rappresentato da due pugili, quindi non sono previsti gesti tecnici da cardiopalma, in compenso è piacevole notare la carenza di situazioni di mischia e colpi mal assestati. Se la parte di azione confluisce bene nell’intera configurazione della pellicola, la presenza dell’eroe è scevra dai caratteri che dovrebbero renderlo tale. Geon-woo, vive i primi episodi anch’egli minacciato dagli avvenimenti, supportato dagli altri personaggi, fin troppo sensibile spesso da sembrare senza spina dorsale. Però è in realtà l’unico personaggio che manifesta una crescita costante della propria persona, dalle prime battute fino alla fine, emerge, a piccole dosi, il desiderio di giustizia che va pian piano ad annullare la fittizia ricerca di vendetta. Ciononostante, resta sin troppo legato alle proprie emozioni e ai propri dolori, compromettendo una personalità inarrendevole e forte, forse più adatta al genere. D’altro canto, è curioso osservare come alcuni eventi, come la perdita di un amico, vengano smorzati con estrema facilità da frivole battute o situazioni ambigue. Tale atteggiamento, divide il pubblico tra coloro che attribuiscono superficialità e pressapochismo, e altri, che andando più a fondo, accolgono un significato intrinseco, comune anche alle produzioni animate, all’interno delle quali rialzarsi da una sconfitta assume più valore della sconfitta stessa. L’intera serie inseguendo gli stereotipi della cultura da cui proviene, fornisce comunque un prodotto visivo di qualità, con una trama fine al contesto su cui è incentrata. Pecca un’analisi approfondita di alcuni personaggi e l’inserimento di altri in maniera sin troppo improvvisata, nonostante ciò, rispecchia un’alternativa alle produzioni più comuni a cui siamo abituati ed è un piacevole intrattenimento se amanti dell’azione.

Geon-woo (Woo Do-hwan)
Geon-woo (Woo Do-hwan) in I Segugi

In conclusione

È noto che, se in un senso il palinsesto proposto da Netflix pecca di prodotti effimeri e di dubbia qualità, nell’altro, ottiene il merito di sperimentare proposte del tutto nuove, sia per quanto riguarda la provenienza che per quanto concerne la costruzione. I Segugi dal punto di vista narrativo non rappresenta una svolta, la trama è del tutto comune, sui personaggi c’è un’attenzione relativa e i risvolti in un certo senso sono prevedibili. Realmente, i punti di forza di questa serie non contemplano il piano della sceneggiatura o dei soggetti, ma lo scheletro che regge l’intera opera, cominciando dalla regia per finire sullo stile interpretativo dei personaggi. Difatti, questo è il caso di dire che “è la somma a fare il totale”, attraendo l’occhio, soprattutto occidentale, ad un qualcosa che di raro si vede e che, se è ben composto e lineare, nei pochi dettami da seguire, riesce comunque ad appassionare e addirittura piacere. Di conseguenza tale prodotto è consigliabile a chi è fortemente appassionato di cinema con una visione a trecentosessanta gradi, esule da ovvie critiche, che valuti la serie oltre che per la storia raccontata, anche per l’intero lavoro svolto sul set.

Note positive

  • Interpretazioni carismatiche
  • Scene di combattimento ben fatte
  • Distribuzione della storia in linea con la durata dell’intero lavoro

Note negative

  • Trama poco originale
  • Personaggi secondari poco studiati e inseriti avventatamente
  • Protagonista poco credibile nel ruolo di eroe
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