Il Calamaro e la Balena (2005): le sembianze ciclopiche dei genitori.

Recensione, trama e cast del lungometraggio di Noah Baumbach del 2005, dal titolo Il Calamaro e la Balena, candidato all'Oscar alla migliore sceneggiatura originale.

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Trailer de Il Calamaro e la Balena (2005)

Informazione sul film e dove vederlo in streaming

Il Calamaro e la Balena è un film indipendente scritto e diretto da Noah Baumbach e prodotto da Wes Anderson, Charlie Corwin, Clara Markowicz, Peter Newman e Jennifer Roth. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra questi anche una candidatura per la miglior sceneggiatura originale ai Premi Oscar del 2006. La pellcola, presentata al Sudence Film Festival, viene distribuita in italia il 9 giugno 2006.

Trama di Il Calamaro e la Balena

Il matrimonio di Bernard (Jeff Daniels) e Joan (Laura Linney), due scrittori newyorkesi di mezza età, dopo anni di litigi è finalmente giunto al termine. Il figlio maggiore Walt (Jesse Eisenberg) è ferocemente schierato a favore del padre, che reputa un intellettuale saggio ed ambizioso, mentre il figlio minore Frank (Owen Kline) è propenso a fiancheggiare la madre, a suo giudizio la debole parte lesa. I figli assistono, dunque, al tentativo dei genitori di rifarsi una vita, mettendo in discussione le proprie certezze ed affrontando i cambiamenti fisici e psicologici che li invadono.         

Recensione di Il Calamaro e la Balena

Nel suo quarto lungometraggio, Noah Baumbach, dietro la cinepresa e in scrittura, torna volitivo di esibire l’ordinario, il comune, il mediano sociale, quel reietto Hollywoodiano storicamente a disagio coi riflettori. Nella trasposizione i fatti si susseguono lenti; il ritmo disteso, flemmatico e raffermo, cadenza i minuti della pellicola come la convivenza, al tramonto, dei due coniugi disillusi. Questa forma concreta e disadorna sposa la sostanza del racconto e dei protagonisti, ma riesce anche a proporre immagini seducenti. Il film, per certi versi antesignano e progenitore del più celebre Storia di un matrimonio, rivela un grado di fascinazione del regista statunitense per le dinamiche relazionali di coppia e la genitorialità postmoderna. I movimenti tremolanti della macchina da presa, perennemente in movimento, affidano allo spettatore un ruolo quasi diegetico; forse quello di psicoanalista dei soggetti disfunzionali coinvolti, che a turno rubano lo schermo per confidarsi.  

La famiglia ruota ossessivamente intorno a un perno centrale ingombrante ed imponente, papà Bernard, un cattedratico di matrice Alleniana figlio di quella stessa New York novecentesca. È uno scrittore frustrato, borioso, apodittico e nichilista il cui giudizio insindacabile aleggia perpetuo sui capi dei consanguinei. È un seduttore narcisista e chi orbita intorno a lui ne paga pegno; Bernard elogia i famigliari se accrescono di riflesso il suo fascino, li svaluta quando invece rischiano di oscurarlo. La dimensione dell’Altro non esiste, è solo strumentale al suo storytelling.

Sua moglie Joan è vittima delle macchinazioni perverse che ordisce; mistificata, derisa e sottostimata, tenta disperatamente d’esser vista da quei figli rinchiusi nel culto paterno. Presto ci rendiamo conto che quello stato di avvilente anonimato è esploso da tempo in una forma di esuberanza sessuale gridata ed emancipatoria. Da oppressa a donna fatale, la nostra ribalta gli equilibri domestici servendosi dell’adulterio e dell’eros femmineo. Allora è plausibile che nelle profondità dell’intellighenzia latrata di Bernard, si celi la manchevolezza sessuale e il confronto mortificante con una Mantide religiosa.

Joan, moglie e madre, così padrona, così consapevole, così a suo agio nella carne, proietta quella vitalità erotica e manifesta sulla mente vergine del figlio minore Frank, parzialmente scampato al magnetismo paterno e ancora in fase di svezzamento sentimentale. Come la mamma, Frank lascia in giro tracce dei suoi orgasmi acerbi, li impone al mondo così come li ha subiti, improvvisi, incomprensibili, squilibranti. Frank esplora, trasgredisce, ricerca l’esatta collocazione, misura sé stesso allo specchio e tenta di decifrarne il riflesso, occupando le inquadrature più suggestive ed eloquenti dell’intero girato. 

Suo fratello maggiore Walt, adulante, sognante, totalmente immerso in quel fiume in piena che sgorga dalle labbra del padre Bernard, è ancora un’estensione costale sbiadita dei genitori. Ogni scelta, ogni decisione, è tesa a soddisfare le aspettative e passa per il vaglio paterno, in possesso del diritto inestinguibile di veto; Soltanto la prepotenza ineluttabile delle pulsioni erotiche, che preannunciano la personalità, possono sovvertire le gerarchie ed incendiare la rivoluzione. L’apprendimento dal basso, Per Walt, ha esaurito l’efficacia, e la trasformazione lo lascia interdetto, smarrito, rabbioso; il potere d’influenza spetta ora ai coevi.

Nell’acque amniotiche, paralizzati difronte alla soffocante potenza di quei mostri marini, Walt e Frank assistono inermi a una gigantomachia tra esseri amabili e meravigliosi, ma al contempo terrificanti e potenzialmente distruttivi. Eppure, Walt, il maggiore, tornando sul luogo dello scontro, si rende conto che il cadavere martoriato del calamaro gigante è più piccolo di quanto ricordasse, sembra innocuo, persino noioso, un pezzo da museo e nulla più.

Quello scritto da Noah Baumbach è un testo iconoclasta in cui le immagini sacre demolite sono quelle dei genitori: così umani, così fragili, così imperfetti…così distanti da quegli animali fantastici.

Conclusioni

Il calamaro e la balena è un film da scomporre e assorbire; mai imperante, consente allo spettatore di attingere dal vissuto più intimo. È un’opera sommessa e delicata che si concede gradualmente a partire dalla seconda visione. Una sonorità più intrusiva e un montaggio alternato aggressivo, a enfasi del piano temporale sfasato, avrebbero reso le micro-trame più coinvolgenti.   

Note positive:

  • Sceneggiatura
  • Interpretazioni

Note negative:

  • Montaggio
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Nicolò Cuccomino
Nicolò Cuccomino

- One for me, one for them.

Arrogante come un Cinefilo e piacevole quanto un Critico rampante,
Di Genere nello spirito e sacro protettore dell’Industria Audiovisiva.
Fedele al cinema imperialista, che unisce, che lucra e che conquista,
che specula e che porta in sala Tutti, per primi i disinteressati.
Compagno della Massa incolta, derisa e disprezzata dallo spettatore tronfio.
Nemico per natura dell’insicuro bramoso di visioni elitarie.
Dal temperamento Landisiano,
offro a chi rigetta gerarchie,
Inutilissime riflessioni.