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La forma della voce
Titolo originale: Koe no katachi
Anno: 2016
Paese: Giappone
Genere: animazione, drammatico, sentimentale
Produzione: Kyoto Animation
Distribuzione: Nexo Digital
Durata: 129 min.
Regia: Naoko Yamada
Sceneggiatura: Reiko Yoshida
Fotografia: Kazuya Takao
Montaggio: Kengo Shigemura
Musiche: Agraph
Animatori: Etsuko Abe, Saiichi Akitake, Jessica Amelia, Kyohei Ando, Saeko Fujita
La forma della voce è la storia di rinascita e riscatto di Shoya Ishida, un ragazzo che, da bambino bullizzò così a lungo la sua nuova compagna di classe, Shoko Nishimiya per il suo essere sorda e per i suoi tentativi di integrarsi al meglio in classe, da costringerla a cambiare scuola. Dopo qualche anno i due si incontrano nuovamente: riuscirà Shoya a fare ammenda per i suoi atti del passato e trovare lui stesso pace?

Trama de: La forma della voce
Shoko Nishimiya è una bambina sorda di nove anni che ha cambiato scuola e viene ora inserita in una nuova classe; la nuova studentessa, anche se sorda, prova fin da subito ad inserirsi nel gruppo, tentando di fare amicizia con gli altri ma ad impedirglielo costantemente è il coetaneo Shoya Ishida, epitome del bullismo giovanile, che trova sempre nuovi modi per colpire una Shoko che a malapena riesce a reagire e la cosa è comprensibile visto che il bullo della situazione ha dalla sua, la complicità attiva del solito gruppetto di gregari e passiva del resto del gruppo classe. L’unica che sembra difenderla veramente è Miyoko Sahara ma dopo poco tempo cambia scuola e Shoko resta sola con i suoi aguzzini, preda di comportamenti ancora più umilianti e rivolti alla sua condizione di sordità: Shoya le rompe ripetutamente i costosi apparecchi acustici senza che il resto della classe faccia alcunché anzi, in alcuni casi i compagni prendono attivamente parte alle sevizie. Per la famiglia di Shoko è troppo e la bambina cambia scuola, Shoya è ritenuto l’unico colpevole dei fatti, vista anche l’omertoso silenzio dei compagni e, quasi per contrappasso, è lui stesso vittima di bullismo.

Il tempo passa e Shoya, caduto in depressione, tenta il suicidio e non riesce più a guardare le persone negli occhi (quindi ecco apparire delle X sui volti della maggioranza delle persone che incrocia); un giorno salva un compagno di classe, Tomohiro Nagatsuka, da atti di bullismo e il ragazzo si proclama immediatamente suo miglior amico. I due si recano poi ad un centro dove si insegna il linguaggio dei segni e lì, Shoya ritrova una cresciuta Shoko: i due cominciano a coltivare un’amicizia profonda, subito malvista dalla sorella e dalla madre di lei ma questo rapporto sembra fare bene ad entrambi. Sia Shoya che Shoko, quasi aiutandosi a vicenda, riescono a coltivare nuove amicizie e ad avvicinarsi sempre un po’ di più; riusciranno i due a guarire veramente dalle rispettive ferite e Shoya sarà, alla fine, perdonato per ciò che ha inferto alla ragazza e trovare così quella serenità che non ha ancora avuto? Per scoprire se e come si possano superare certi terribili esperienze del passato non resta che seguire il percorso di Shoya, e non solo, nelle due ore de La forma della voce.

Recensione de: La forma della voce.
La forma della voce offre molti spunti interessanti su alcune tematiche niente affatto banali; il bullismo la depressione, l’amicizia, il perdono sono presentate da Naoko Yamada e Reiko Yoshida (La ricompensa del gatto, Violet Evergarden) rispettivamente alla regia e alla sceneggiatura in maniera efficace. La storia si sviluppa in modo sempre più articolato man mano che il minutaggio procede – è un film di poco più di due ore ma riempite davvero molto bene – il montaggio di Kengo Shigemura è di grande aiuto come la fotografia di Kazuya Takao, soprattutto in sequenze particolarmente concitate o in scene in cui serve enfatizzare alcuni piccoli momenti e particolari. Particolarmente interessante è l’aver voluto sottolineare il fatto che Shoya non riesca a guardare negli occhi la maggioranza delle persone con cui entra in contatto (anche solo con lo sguardo), mettendo una enorme X sul volto di chi sta lui attorno; da questo suo atteggiamento si salvano solo poche persone e qualora accada a chi aveva una X in precedenza, questa si stacca dal volto e va ad adagiarsi a terra. La forma della voce racconta anche della sordità in maniera molto interessante e di come questo handicap, possa essere vissuto come un pesante stigma dalla stessa persona sorda se, fin dalla tenera età, questa sia stata pesantemente e ripetutamente vessata.
Il film di Naoko Yamada non è però solo una storia di bullismo e violenza psicologica (anche autoinflitta) ma racconta anche di guarigioni e rinascite. Percorsi lunghi e travagliati, per nulla lineari; un aspetto davvero ben rappresentato in tutto l’arco del film. Ci sono poi tanti personaggi con tante piccole storie che fanno capo a quella principale e in essa tutte vanno a risolversi ma non necessariamente in maniera positiva (o quanto meno aperta a una speranza di positività) per tutte le parti in gioco; è questa componente, tutto sommato realistica, che da quel quid in più a tutta la storia e se ci aggiungiamo l’estrema gestualità (per noi occidentali, almeno) con cui alcuni personaggi enfatizzano certi momenti, lo spaccato di una realtà per noi ancora, comunque altra (per certi aspetti) dona a La forma della voce le attenzioni che si è meritato, quanto meno a livello di anime.

In conclusione
Note positive
- Il numero di personaggi, tutti ben caratterizzati
- Il soggetto di partenza
- La regia di Naoko Yamada
- L’arco narrativo di Shoya Ishida
- Il personaggio di Yuzuru Nishimiya
Note negative
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