Mascaria (2024). Le ingiustizie della giustizia

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Trailer di Mascaria

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

In siciliano, “mascariare” significa tingere con il carbone e lasciare un segno indelebile, ovvero calunniare. Questo concetto è centrale nel film tv “Mascaria,” che andrà in onda giovedì 23 maggio 2024 in prima serata su Rai 1, in occasione della Giornata della Legalità. La trama segue Pietro Ferrara (interpretato da Fabrizio Ferracane), che, dopo aver fatto una denuncia, viene moralmente delegittimato dai suoi avversari, subendo un totale isolamento sociale, economico e istituzionale. Il film, ispirato a una storia vera, è una coproduzione Rai Fiction-Red Film, prodotto da Mario Rossini e diretto da Isabella Leoni (nota per “Un medico in famiglia,” “La squadra,” “Il paradiso delle signore”). Il soggetto e la sceneggiatura sono opera di Maura Nuccetelli e Giancarlo Germino, con la collaborazione di Giovanni Filippetto. Nel cast, oltre a Ferracane, ci sono Manuela Ventura (conosciuta per “Quo vado” e “Santocielo”), Christian Roberto e Flavia Orecchio.

Trama di Mascaria 

Pietro Ferrara è un costruttore siciliano che, come molti, è costretto a pagare il pizzo per poter lavorare. Dopo dieci anni di paura e tormento, trova il coraggio di denunciare i suoi estorsori. La sua denuncia porta all’arresto e alla condanna dei mafiosi che lo avevano vessato, segnando una vittoria clamorosa. Di natura schiva e riservata, Pietro diventa improvvisamente il simbolo di questa rivoluzione. Tuttavia, la vendetta della mafia non tarda ad arrivare. Rizzo, il capomafia che per anni lo aveva taglieggiato e che Pietro conosceva fin dall’infanzia, lo accusa pubblicamente di essere stato suo complice. Sebbene le accuse siano infondate, Pietro viene mascariato (calunniato) e rinviato a giudizio per associazione mafiosa. Da accusatore, si ritrova imputato, costretto a difendersi per sé, per i suoi dipendenti e soprattutto per la sua famiglia. Al suo fianco c’è l’avvocato Baldani, esperto in processi di mafia, che diventa una fonte di sostegno oltre il semplice rapporto professionista-cliente, ridefinendo continuamente la propria strategia difensiva. Le difficoltà di Pietro si riflettono inevitabilmente sulla sua famiglia. La moglie Mimma sogna di trasferirsi a Pisa per offrire una vita migliore ai loro figli. Dei tre, il maggiore, Riccardo, è quello che si scontra più spesso con il padre. Pietro, temendo ritorsioni mafiose dopo la denuncia, tende a limitare la libertà di movimento di Riccardo, che vive una vita serena e ribelle, ignaro dei guai del padre. Quando scopre la verità, Riccardo, ragazzo sensibile, si schiera dalla parte del padre. Diventato adulto, prende in mano l’azienda di famiglia, cercando di mantenerla a galla nonostante le difficoltà imposte dal sistema giudiziario. L’azienda di Pietro viene esclusa dalla white list, impedendole di lavorare negli appalti pubblici a causa del procedimento giudiziario per mafia che lo coinvolge. Ironia della sorte, Pietro, che ha rischiato tutto per combattere la mafia, si vede negare l’accesso al lavoro, mettendo in pericolo non solo l’azienda, ma anche la sua vita e quella della sua famiglia.

Fabrizio Ferracane in Mascaria
Fabrizio Ferracane in Mascaria

Recensione di Mascaria

Un uomo accusa la mafia, denunciando coloro che lo stanno distruggendo economicamente e psicologicamente da oltre dieci anni. Pietro, con un atto di coraggio, spera che lo Stato e i suoi concittadini di Gela si schierino dalla sua parte, difendendolo e sostenendolo contro le ripercussioni mafiose della sua denuncia. Tuttavia, ciò che trova davanti a sé sono solo porte chiuse, sia da parte dei suoi compaesani, sia da parte dello Stato Italiano. Questo Stato, che con le sue leggi dovrebbe combattere l’illegalità e proteggere i cittadini onesti, non si schiera, alla fine dei conti, dalla parte di chi mette a rischio tutto in nome della giustizia.

Pietro si ribella alla mafia, diventando un potenziale simbolo della lotta contro l’illegalità. Tuttavia, durante il processo mafioso, viene accusato di calunnia dal boss Rizzo. Quest’ultimo, sfruttando abilmente la giustizia italiana, rovescia le carte in tavola e fa pagare caro a Pietro la sua denuncia, inviando un segnale chiaro a ogni siciliano: chi si ribella alla mafia, ne pagherà le conseguenze. Pietro diventa così vittima di “mascaria”, una calunnia che giorno dopo giorno annienta la sua mente e distrugge tutto il suo mondo. L’imprenditore di Gela, da iniziale paladino della giustizia, si ritrova così indagato per collaborazione mafiosa a causa delle dichiarazioni di Rizzo, che in aula di tribunale afferma che Pietro ha usato e pagato la mafia per ottenere importanti lavori di edilizia, collaborando quindi con il mondo dell’illegalità. Bastano queste semplici parole, pronunciate da un uomo non attendibile, per annientare Pietro e mettere in moto una macchina giudiziaria e mediatica pronta a distruggerlo. Se inizialmente i cittadini di Gela e lo Stato sono dalla parte di Pietro e della sua famiglia, ben presto gli voltano le spalle. I suoi concittadini smettono di frequentare la famiglia di Pietro e di Mimma, accusati di avere legami mafiosi. Anche i figli di Pietro perdono le loro amicizie locali; ad esempio, Riccardo si vede costretto a lasciare la sua fidanzatina, poichè i genitori di lei non vogliono che la ragazza frequenti quella famiglia disonesta. Lo Stato Italiano, colui che avrebbe dovuto aiutare Pietro e trattarlo come un eroe nella lotta all’illegalità, invece gli mostra il volto duro di una giustizia distorta, trattandolo da uomo di mafia e sottoponendolo a un complicato e infinito processo. Pietro si trova da testimone contro la mafia a essere indagato come mafioso, in un’indagine che lo considera colpevole fino a prova contraria, e non il contrario, come un mondo civile e basato sulla giustizia e la legge dovrebbe fare. A causa di questa giustizia lenta e inefficace, che impiega dieci anni per porre fine alla vicenda, Pietro perde tutto: la sua vita, la sua felicità e il suo lavoro. Vittima di una disperazione crescente, Pietro viene attaccato psicologicamente giorno dopo giorno, da uno Stato che lo tratta da colpevole pur senza prove.

La pellicola presentata nella Giornata della lotta all’illegalità, più che focalizzarsi esclusivamente sulla lotta alla mafia, offre un’attenta e onesta critica allo Stato Italiano e al suo sistema giudiziario. Questo sistema spesso confonde vittime e innocenti, finendo per aiutare più gli assassini, gli aguzzini e coloro che richiedono il pizzo piuttosto che i cittadini onesti. Questi ultimi, ingiustamente accusati, si trovano a dover affrontare leggi e regolamenti assurdi che distruggono l’individuo. Quell’individuo onesto che, pur sapendo di non aver commesso alcun crimine, viene trascinato in un processo lungo anni, senza mai vedere la parola “fine”. In un processo che intacca la propria vita privata, distruggendo vite in nome di una legge che non funziona. In Italia la problematica dei processi infiniti e lunghi è un vero e proprio caso, un qualcosa che lo Stato deve risolvere a più presto. Non si può tenere dei cittadini in balia di un processo e di un accusa per gran parte della loro vita.

“Mascaria” è quindi una critica al sistema giudiziario italiano, che impiega troppo tempo per emettere una sentenza definitiva. Un sistema in cui una decisione del tribunale può essere ribaltata in appello, creando una rete infinita di procedimenti che allungano i tempi e tengono l’imputato in un’attesa infinita, bloccando la sua vita. La storia raccontata in questo film merita sicuramente di essere vista per il suo impatto emotivo, mostrando la lotta di un imprenditore innocente che deve scontrarsi prima con la mafia e poi con la giustizia e lo Stato italiano, finendo intrappolato in una ragnatela da cui sembra impossibile uscire.

Il problema di questo racconto risiede nel modo in cui il materiale viene trattato a livello tecnico e sceneggiativo. Il film “Mascaria” affronta tematiche importanti legate alla mafia e alla famiglia, ma purtroppo il suo impatto risulta limitato a causa di alcune carenze tecniche e sceneggiative. Il problema principale risiede nella narrazione, che appare frammentata a causa dei numerosi salti temporali utlizzati per coprire i lunghi periodo del processo, salti temporali ovviamente corretti e funzionari al racconto ma che non riescono ad incidere come dovrebbero nell’introspezione dei personaggi presentatoci dove l’unico che risulta interessante e con un evoluzione più o meno approfondita è proprio Pietro. Lo script risulta eccessivamente didascalico, mancando di profondità nella caratterizzazione dei personaggi e nella trattazione dei temi affrontati. Il rapporto padre-figlio tra Pietro e Riccardo, pur essendo un elemento chiave della trama, viene esplorato solo superficialmente, senza approfondire le dinamiche emotive e psicologiche che lo caratterizzano. Questo limita la capacità del pubblico di comprendere appieno le sfumature dei personaggi e di connettersi emotivamente con la storia. Dal punto di vista della regia, si avverte una certa rigidità e mancanza di creatività nel trattare le scene e nel guidare le performance degli attori. L’approccio scolastico della regia non riesce a dare vita al materiale narrativo in modo coinvolgente e suggestivo.

Questa superficialità narrativa è la pecca principale della pellicola, che sembra concepita esclusivamente per un pubblico generalista, capace di seguire gli eventi senza porre grande attenzione alla visione. Tale superficialità permea sia la scrittura sia l’interpretazione dei personaggi. Gli attori, ad eccezione di Fabrizio Ferracane, che offre una valida e discreta prova nel ruolo del protagonista, non risultano convincenti. Ciò è dovuto in parte a una regia e a una sceneggiatura incapaci di valorizzarli, specialmente Flavia Orecchio nel ruolo di Anna. Nonostante questi difetti, l’espediente narrativo iniziale riesce a catturare e mantenere l’attenzione dello spettatore per tutta la durata della pellicola. Il film inizia nel 2019, con una scena in cui vediamo Pietro prendere in mano una pistola e scomparire nel nulla. Lo spettatore si domanda per tutto il tempo se l’uomo intende vendicarsi uccidendo qualcuno o se ha in mente di togliersi la vita. Questo enigma si sviluppa attraverso un salto temporale di dieci anni, durante il quale viene mostrata tutta la lotta di Pietro: prima contro la mafia e poi contro un sistema giudiziario distorto. L’uso di questo flashback fornisce una struttura intrigante che tiene viva l’attenzione, ma la narrazione resta comunque afflitta da una mancanza di profondità e sviluppo dei personaggi secondari. La trama, pur avendo elementi interessanti e un forte potenziale emotivo, risulta appiattita da una realizzazione tecnica e narrativa che non riesce a rendere giustizia alla complessità della storia raccontata.

Fotogramma di Mascaria
Fotogramma di Mascaria

In conclusione

“Mascaria” si presenta come un acuto ritratto delle ingiustizie subite da un uomo coraggioso che osa sfidare la mafia, solo per trovarsi in una rete di calunnie e inganni tessuta dalla stessa giustizia che dovrebbe proteggerlo. Pietro, nel suo atto di ribellione, diventa il simbolo di una lotta contro l’illegalità, ma ben presto si trova vittima delle stesse istituzioni che dovrebbero difenderlo. La pellicola non solo critica la mafia, ma punta il dito anche contro un sistema giudiziario distorto, capace di trasformare le vittime in colpevoli, privandole di tutto ciò che hanno. Sebbene la storia sia avvincente e carica di tensione emotiva, la sua presentazione soffre di una superficialità narrativa che compromette l’approfondimento dei personaggi e degli eventi. Tuttavia, l’uso efficace di un espediente narrativo iniziale mantiene viva l’attenzione dello spettatore, offrendo un viaggio coinvolgente attraverso la lotta di Pietro e la sua discesa nell’abisso dell’ingiustizia.

Note positive:

  • Interpretazione convincente di Fabrizio Ferracane nel ruolo di Pietro.
  • Rappresentazione realistica e avvincente della lotta contro l’illegalità e la mafia.
  • Temi sociali rilevanti e attuali che sollevano importanti questioni sulla società e la giustizia.

Note negative:

  • Superficialità narrativa che compromette la profondità dei personaggi e degli eventi.
  • Interpretazioni degli attori non sempre convincenti, con alcuni personaggi che risultano poco sviluppati.
  • Sceneggiatura didascalica e regia scolastica che non riescono a trasmettere pienamente l’urgenza e la complessità dei temi trattati.
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Stefano Del Giudice
Stefano Del Giudice

Laureatosi alla triennale di Scienze umanistiche per la comunicazione e formatosi presso un accademia di Filmmaker a Roma, nel 2014 ha fondato la community di cinema L'occhio del cineasta per poter discutere in uno spazio fertile come il web sull'arte che ha sempre amato: la settima arte.

Articoli: 889

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