Otac: La silenziosa perseveranza di un padre

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Trailer originale di Otac

Srdan Golubović, regista e scrittore nato a Belgrado nel 1972, i cui film sono stati tutti presentati al Trieste Film Festival, realizza un lungometraggio ispirato ad una storia vera. Sceneggiato dallo stesso cineasta insieme al croato Ognjen Sviliči (Takva su pravila, 2014) e curato dal direttore della fotografia Aleksandar Ilić (Smrdljiva bajka, 2015), Otac ha ricevuto il premio del pubblico/Audience Award alla Berlinale 2020. Nel cast figura Goran Bogdan, vincitore per l’interpretazione di Nikola al FEST International Film Festival 2020 nella categoria miglior attore. Il 23 gennaio 2021, il film viene proiettato in anteprima italiana al Trieste Film Festival 32.

Trama di Otac

Nikola (Goran Bogdan), padre di due figli, abita in una sperduta cittadina serba. Povertà e fame caratterizzano la sua vita da lavoratore alla giornata: una situazione drammatica che conduce la moglie Biljana (Nada Sargin) a compiere un atto disperato. I servizi sociali, gestiti da Vasiljevic (Boris Isakovic), costringono così Nikola a dare in affidamento i due bambini, aumentando le problematiche di un uomo che tenta di riportarli a casa ad ogni costo, fino all’irrazionale decisione di attraversare la Serbia a piedi per protestare pubblicamente a Belgrado.

Recensione di Otac

Il principale merito di Srdan Golubović in Otac, cineasta purtroppo non particolarmente prolifico la cui prima partecipazione al Trieste Film Festival risale al 2002 con Apsolutnih sto (2001), è senz’altro quello di raffigurare con un linguaggio minimale e privo di retorica la drammatica realtà di un uomo. Nikola, padre (Otac in croato) di due figli, interpretato magistralmente da Goran Bogdan, è un personaggio che condensa valori come rispetto e dignità. L’uomo vive nella piccola cittadina di Grab, nei pressi di Priboj, dove abitazioni essenziali popolano un arido dislivello del territorio. Il degrado delle strutture raffigura le difficili (ma direi estreme) condizioni economiche nel quale è caduta la comunità, smarrita e continuamente in cerca di un impiego stabile che sembra non esistere. Nikola, licenziato due anni prima da un’industria vicina, lavora saltuariamente come tagliaboschi, affrontando turni estenuanti e alberi che, con un rimando metaforico, rendono impervio il cammino. Il salario è minimo e l’esistenza di Nikola e della sua famiglia sovviene più ad una letterale sopravvivenza, raccattando ciò che trovano e razionando il cibo.

Del resto, senza gli arretrati e la liquidazione del precedente lavoro di Nikola, gli Stojković sono costretti a vivere privi di elettricità e acqua corrente; una condizione capace di minare la stabilità di una madre che, purtroppo, risponde alla frustrazione di non riuscire a garantire il necessario ai propri figli (una responsabilità avvertita ovviamente come naturale) attraverso un tragico, disperato e traumatico atto che dà il via a tutta la storia. In tal senso, è doverosa una nota positiva nei confronti di Golubović e dell’attrice serba Nada Sargin, perfetti nel rappresentare in soli cinque minuti il soffocante dramma di una donna disposta a tutto pur di ricevere la dignità che merita. Il gesto di Biljana, di cui preferisco non anticipare nulla per evitare di compromettere la forza emotiva espressa dalla sequenza, risulta però lontana dal carattere schivo del marito. Che non dev’essere inteso come un uomo remissivo. Al contrario, Nikola, dopo aver compreso il raggiro perpetrato nei confronti della propria famiglia dal Centro per i Servizi Sociali, risponde con ostinata convinzione nel voler assicurare, e soprattutto difendere, i suoi diritti di padre. Una svolta narrativa, che si distacca dal primo segmento drammatico, in cui il cineasta nato a Belgrado dimostra le sue assolute qualità di regista e sceneggiatore (in collaborazione con Ognjen Sviliči).

Otac non diventa infatti un revenge movie, semmai un’opera con molti riferimenti a Ken Loach e qualche a Oltre la notte (Aus dem Nichts, F. Akin, 2017). L’idea vincente, certamente condivisa con la bravura nell’immedesimazione di Goran Bogdan, risiede nello stile scevro di enfasi con cui viene raffigurato Nikola: un padre deciso ad attraversare il rilievo dell’Avala dotato solo di semplici sneakers e di uno zaino contenente una coperta e una bottiglia di plastica che riempie di tanto in tanto, con l’unico obiettivo di denunciare la situazione personale alle autorità di Belgrado. Ma questa camminata solitaria alla Paris, Texas (W. Wenders, 1984), che non definisce comunque Otac un classico on the road, viene trattata come una “fiaba” (S. Golubović, 2020), interponendo il protagonista principale ad una serie di incontri densi di significato. La polizia, il cane randagio, l’amico di Nikola che trasporta clandestini, l’uomo abbandonato con quattro figli (fortemente in contrasto con la festa che si consuma in lontananza), il camionista ma anche il tunnel in cui Bogdan entra a piedi, sono soltanto alcune delle figure che rimandano, anche per dissonanza, alla disumanità e all’essere lasciati a se stessi che sempre pervengono durante la visione di Otac. Un film duro, a tratti commovente, di enorme impatto anche per la fotografia di un bellissimo territorio purtroppo devastato dalla distruzione, dalle rovine di un’economia che ormai è archeologia industriale e da una diffusa decadenza intrisa in ogni sguardo. Anche in quello di Nikola, che però continua il suo viaggio con difficoltà ma imperterrito. Speranzoso di ricevere un aiuto ma, allo stesso tempo, straordinariamente non intimorito dalla sua condizione neanche al cospetto del Ministero a Belgrado. 

Nota bene: per approfondimenti riguardo il tema dell’affidamento, anche trattato con prospettive diverse, si rimanda alla visione di Un soffio per la felicità (Like Dandelion Dust, J. Gunn, 2009) e alla lettura del romanzo Country Dark (C. Offutt, 2018).

Note positive

  • Il racconto di una storia che riflette efficacemente la realtà
  • La regia di Srdan Golubović
  • Le interpretazioni di Goran Bogdan e, nonostante le poche sequenze, Nada Sargin
  • La fotografia di Aleksandar Ilić

Note negative

  • Nessuna da segnalare
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