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Penguin Highway
Titolo originale: Pengin Haiwei
Anno: 2018
Paese: Giappone
Genere: Animazione, fantastico
Produzione: Studio Colorido
Distribuzione: Nexo Digital
Durata: 117 min.
Regia: Hiroyasu Ishida
Sceneggiatura: Makoto Ueda
Fotografia: Tetsu Machida
Montaggio: Umitaro Abe
Musiche: Umitaro Abe
Animatori: Kenji Fujisaki, Hideaki Abe, Toshinari Abe, Minowa Aiko, Masaio Ando, Yojiro Arai
Penguin Highway è un film, citando Netflix (uno dei vari modi per vedere questo lavoro): “ad alto impatto visivo”. Pur non brillando per molto altro, il film di Hiroyasu Ishida è un film godibile.
Trama di: Penguin Highway
Una moltitudine di pinguini compare dal nulla in una città giapponese e il piccolo Aoyama, un bambino di nove anni con una spiccata intelligenza e una interesse fra il morboso e lo scientifico per: “Le tette” (cit.), decide di capirne l’effettiva provenienza affidandosi a una serie di studi che coinvolgeranno il suo amico Uchida, la coetanea Hamamoto che, come Aoyama è figlia di uno scienziato, la “Sorellona” (di cui ignoriamo il nome) e, in un secondo momento, il bullo Suzuki.
Mentre Aoyama e Uchida compiono ancora le loro ricerche da soli, Hamamoto decide di condividere con loro una sua scoperta; scoperta che porterà le ricerche del gruppo che ormai si va formando a una spinta in avanti. Hamamoto ha da poco scoperto, oltre uno dei vari boschetti che circondano la loro città di una sfera d’acqua galleggiante – che lei chiama Mare – che sembra avere delle peculiari proprietà e che sembra direttamente collegata alla comparsa dei pinguini. Un ulteriore passo in più nel far luce sul mistero dei pinguini, lo compie Aoyama quando scopre che la Sorellona è in grado di creare i pinguini da qualsiasi cosa.
Le scoperte sono appena cominciate; da dove vengono i pinguini? Perché la Sorellona riesce a crearli? Cos’è quella sfera galleggiante? Per rispondere a queste domande non resta che guardare Penguin Highway
Recensione di: Penguin Highway
Quarta fatica da regista per Ishida, Penguin Highway racconta con pacata lentezza una storia che, per quanto assurda (a detta di chi scrive), è ben raccontata. Poco dopo l’inizio del film, conosciamo tutti i protagonisti della nostra storia e la loro “missione”, i vari personaggi sono ben caratterizzati, almeno per quanto riguarda i quattro protagonisti (cinque se vogliamo aggiungere Suzuki il capo dei bulli) così come lo sono i rapporti che intercorrono fra di loro; raccontati con semplicità e immediatezza. Particolarmente bello è il rapporto fra Aoyama e suo padre, che lo aiuta a destreggiarsi fra le proprie emozioni con “metodo scientifico”.
Se la lunghezza del racconto può destare qualche perplessità – a detta di chi scrive la storia poteva risolversi molto prima – per quel che riguarda il lato tecnico/artistico non c’è nulla da eccepire; la regia è calibrata, semplice e con tocchi miyazakiani che non ne minano l’originalità, il montaggio di Umitaro Abe coinvolge il pubblico e aiuta a non percepire eccessivamente la lunghezza del film, lo stesso Abe cura la colonna sonora di cui poco si ricorda a fine film ma resta comunque un buon lavoro. Ciò che da però quel quid in più a questo lavoro, e uno dei pochissimi motivi che può spingere a riguardare Penguin Highway una seconda volta, è la bellissima fotografia di Tetsu Machida; dei campi medi e lunghi di grande bellezza fra le cose maggiormente degne di nota del suo lavoro in questo film.
Note positive
- Il soggetto del film
- La fotografia di Tetsu Machida
- Il rapporto tra Aoyama e su padre
Note negative
- La durata del film
- Il ritmo della storia si perde un po’ troppo in favore della fotografia
[…] spesso. Si estendono quindi i complimenti alla fotografia di Tetsu Machida che già mi colpì in Penguin Highway e che qui lascia un altro saggio di bravura con il grande contributo dei vari background artist che […]