Se solo fossi un orso (2023). La vita nel quartiere delle iurte

Presentato in anteprima al Festival di Cannes 2023 nella sezione Un Certain Regards, “Se solo fossi un orso” è il lungometraggio d’esordio della regista Zoljargal Purevdash ed è il primo film proveniente dalla Mongolia ammesso in Selezione Ufficiale sulla Croisette.
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Trailer di Se solo fossi un orso

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Zoljargal Purevdash è una cineasta mongola che ha vissuto nel cosiddetto quartiere delle iurte, nella città di Ulan Bator. Dopo essersi formata all’Università di Obirin in Giappone, dove ha studiato cinema, ha iniziato a realizzare numerosi cortometraggi incentrati, per la maggior parte, sui cittadini di Ulan Bator che vivono nel quartiere povero delle iurte. I suoi corti sono stati proiettati in tutto il mondo, dal Tampere Film Festival allo Short Shorts Film Festival Asia, fino all’Open Doors Locarno Film Festival. Nel 2021, il suo cortometraggio “STAIRS” ha vinto il primo premio al Chicago International Children’s Film Festival ed è stato selezionato per la 94ª edizione del Premio Oscar.

Il suo primo lungometraggio è la pellicola drammatica “Se solo fossi un orso”, il primo film proveniente dalla Mongolia ad essere ammesso nella selezione ufficiale del Festival di Cannes, dove è stato inserito nella sezione Un Certain Regards. Il lungometraggio viene distribuito in Italia da Trent Film a partire dal 14 febbraio 2024 nei cinema.

Trama di Se solo fossi un orso

Ulzii è un adolescente che vive nei sobborghi poveri di Ulan Bator, la capitale della Mongolia. Dotato di un Q.I. superiore alla media, soprattutto nelle materie scientifiche, il ragazzo, su consiglio del suo professore di fisica, inizia a studiare la materia per partecipare a un concorso nazionale al fine di ottenere un’ambita borsa di studio che gli permetterà di frequentare una prestigiosa scuola di fisica, ma per ottenerla deve arrivare la prima ottenendo l’ambita medaglio d’oro. Nonostante la sua volontà di studiare, Ulzii si trova però ad affrontare delle complesse sfide familiari. Privato del padre, deceduto anni prima, e con una madre alcolizzata, analfabeta e disoccupata, Ulzii è costretto a trovare qualche lavoretto per poter sostenere sia sua madre sia i suoi tre fratelli più piccoli. La situazione peggiora ulteriormente quando la madre decide di abbandonarli a loro stessi, recandosi in campagna; da quel momento in poi, Ulzii dovrà assumersi la responsabilità del benessere dei suoi fratelli, diventando l’uomo di famiglia. In un inverno sempre più rigido, il giovane dovrà lottare per portare a casa cibo, carbone e legna. Riuscirà a realizzare il suo sogno di entrare in una scuola di fisica che potrebbe cambiargli per sempre la vita e la situazione economica?

Il paesaggio in Se solo fossi un orso
Il paesaggio in Se solo fossi un orso

Recensione di Se solo fossi un orso

La regista Zoljargal Purevdash, nella realizzazione della sua opera prima, ci trasporta in un mondo che le è particolarmente familiare e che conosce in tutte le sue sfumature. Il quartiere delle Iurte diventa così il fulcro della narrazione, un luogo che la regista ha chiamato casa per tutta la sua infanzia e giovinezza. Basandosi sulle sue esperienze di vita e sui suoi pensieri di ragazza, Purevdash costruisce il racconto drammatico “Se solo fossi un orso”, incentrato su un ragazzo proveniente da un contesto economico svantaggiato che aspira a partecipare e vincere un concorso nazionale di fisica al fine di ottenere una prestigiosa borsa di studio.

Zoljargal Purevdash

Ero una ragazzina che amava guardare film. Mi ha reso felice, mi ha fatto sentire bene e a volte mi ha dato molta speranza nei momenti difficili. Mia madre aveva un piccolo negozio all’angolo nel quartiere delle iurte e molti tipi di clienti venivano al nostro negozio. All’epoca ogni volta che vedevo bambini in situazioni limite sognavo di regalare loro delle belle sensazioni attraverso un mio film sulla loro TV. Inoltre, mi accorgevo che i film stavano cambiando il mio comportamento e la mia prospettiva sulle cose. Ho sentito il potere del cinema e sono rimasta stupita da come potesse cambiare le persone. Ma non ho mai osato dire alla mia famiglia che volevo diventare una regista. Sono la più grande in famiglia e l’arte è solitamente considerata qualcosa con cui è veramente difficile guadagnarsi da vivere. Ero brava in matematica e fisica e mi piaceva partecipare a tutte le gare di fisica. Ma non ho mai vinto una medaglia. Ero sempre al 5° o 7° posto. Mi chiedevo chi vincesse la medaglia d’oro e di solito era uno studente di un’ottima scuola privata chiamata Shine Mongol High School. Quindi ho chiesto a mia madre di lasciarmi andare a quella scuola superiore utilizzando i suoi risparmi per la mia retta universitaria. Le ho promesso che avrei ottenuto una borsa di studio per studiare all’estero. Poi sono entrata in quella scuola superiore. Era una super scuola che aveva molti gruppi che di solito le scuole pubbliche non hanno. Sono entrato nel gruppo di teatro ed ero follemente innamorata dell’arte, e così ho lasciato la fisica. Durante il mio ultimo anno di liceo, l’Università di Obirin con sede a Tokyo ha stretto un accordo speciale con il mio liceo, avrebbero offerto una borsa di studio tutto compreso a 2 ex studenti di Shine Mongol. Questa università ha una facoltà di cinema appena istituita, quindi ho fatto del mio meglio per ottenere questa borsa di studio e sono stata selezionata per studiare cinema in Giappone. Lì ho conseguito la laurea triennale dal 2008 al 2012 e sono tornata in Mongolia perché tutte le storie che volevo raccontare erano ambientate nel mio paese, in Mongolia.

Lei stessa ha vissuto all’interno dei quartieri della Iurte comprendendo la difficoltà di vivere in quel luogo abbandonato da Dio, dove la vita diviene, a causa delle condizioni sociali – economiche e climatiche piuttosto complessa. La cinesta decide così di raccontarci questo mondo unendo insieme ciò che conosce bene, come questa società, e la sua passione per la fisica, al fine di creare una storia incentrata sul tema della rinvicità sociale.

Zoljargal Purevdash

Più del 60% dei cittadini di Ulan Bator vive nei quartieri Iurte. Ulan Bator è la capitale più inquinate al mondo perché più del 60% dei cittadini vive nel distretto Iurte dove non ci sono riscaldamenti e infrastrutture, devono quindi bruciare carbone per sopravvivere al brutale inverno a-35°C. Sono cresciuta nel distretto Iurte e vivo ancora lì. Ma esistono pochissimi film che raccontano onestamente la storia dei cittadini del quartiere. La nostra città sta affrontando molti problemi sociali, come ogni altra città nel mondo. Ma se non comprendiamo, sentiamo o non accettiamo il dolore e il valore della vita dell’altro, come possiamo risolvere insieme i nostri problemi? Questo è il motivo per cui di solito realizzo film ambientati qui che potrebbero diventare la voce della gente del distretto della Iurte. Vorrei che i miei film diventassero un ponte per portare amore, comprensione e pace, per poter portare a soluzioni reali.

L’ecosistema sociale e la famiglia

Con uno sguardo oggettivo e mai soggettivo, la cineasta ci conduce con un ritmo dolce e lento nel mondo dei quartieri delle Iurte, per raccontarci l’esistenza e la sopravvivenza di uomini, donne e bambini che abitano in un ambiente gelido all’interno di abitazioni chiamate Iurte o Gaer. Queste case sono tipiche delle tradizioni asiatiche dei popoli nomadi, come la Mongolia, e sono costruite con uno scheletro di legno ricoperto da tappeti di feltro di lana di pecora. Tuttavia, questa costruzione risulta poco adatta a mantenere caldi i suoi abitanti, soprattutto in luoghi dove le temperature possono raggiungere tranquillamente i -35 gradi. La famiglia al centro di “Se solo fossi un orso” vive all’interno di uno di questi Gaer, lotando, giorno dopo giorno, con il gelo e la miseria.

Il film si concentra attentamente sulla descrizione di questo ambiente domestico, raccontandocelo nei minimi dettagli e trasformandolo in un vero e proprio personaggio all’interno del lungometraggio. Questa attenzione contribuisce a dare maggior spessore ai personaggi drammatici presenti nella pellicola. Nonostante la semplicità dell’interno, non viene rappresentato come un ambiente povero o pieno di disperazione; al contrario, viene dipinto come un luogo ricco di amore familiare e fratellanza. Questo effetto è amplificato dalla fotografia e dalla scenografia, che utilizzano colori vivaci per dare vita al luogo descritto. I quattro fratelli al centro del film, soprattutto i primi tre (dato che il più piccolo viene menzionato solo brevemente), hanno un forte legame intimo basato sull’amore reciproco. Pur affrontando sfide difficili, ciascuno di loro si prende cura degli altri, contribuendo a superare insieme le avversità.

In questo contesto, la storia di povertà e di miseria familiare viene raccontata attraverso la vita del giovane Ulzii, che abita in un’abitazione ovale costituita da un unico grande ambiente, dotata del necessario per la sopravvivenza: un grande letto per tutta la famiglia, una stufa per riscaldare e cucinare, e un tavolo per mangiare e studiare. Tuttavia, ciò che manca a questa famiglia sono i mezzi finanziari. Infatti, il tema centrale del lungometraggio è la lotta per la sopravvivenza di Ulzii, un giovane che si trova costretto ad assumere responsabilità da adulto molto prima del suo tempo. Ulzii dovrà prendersi cura della sua famiglia, specialmente dopo che la madre, incapace di badare ai suoi figli, decide di abbandonarli e trasferirsi in campagna in cerca di una vita migliore. La storia di Ulzii è quella di un ragazzo che si trova a dover gestire da solo la sua casa e la sua famiglia, lottando con determinazione contro la fame, il freddo e la sua stessa rabbia interiore. Diventa una sorta di macchina da guerra che ha come unico scopo quello di procurare denaro per i suoi fratellini, garantendo loro cibo e calore. La necessità di accendere il fuoco è uno degli elementi su cui il film si concentra maggiormente, mostrando quanto sia vitale avere un mezzo di riscaldamento in questo luogo per garantire la propria sopravvivenza.

L'abitazione in Se fossi solo un orso
L’abitazione in Se fossi solo un orso

Rivincità sociale

La storia si sviluppa come un viaggio di formazione e di rivincita sociale, con un personaggio che lotta per raggiungere gli obiettivi che si è prefissato nel corso della pellicola: mantenere la sua famiglia e vincere il concorso nazionale di fisica per poter frequentare una prestigiosa scuola di fisica. Attraverso il personaggio di Ulzii vengono affrontate anche altre tematiche, come il bisogno di chiedere aiuto agli altri e di accettare l’aiuto di chi può offrirlo senza vergogna o rimpianti. Per tutto l’arco narrativo del film, il nostro protagonista è un giovane testardo determinato a raggiungere i propri obiettivi solo con la sua forza interiore, provando una profonda vergogna nel chiedere aiuto, poiché, nella sua mente, chiedere aiuto è considerato un atto da mendicante, e lui non intende diventare un mendicante, preferendo quasi morire piuttosto che accettare tale condizione. Se la sfera degli aiuti sociali statali viene raccontata con toni critici nel lungometraggio, la pellicola mette in luce anche l’altruismo e l’umanità di coloro che conoscono e vivono vicino a Ulzii. Infatti, durante il suo percorso, il giovane fa la conoscenza di due mentori: l’anziano vicino di casa e il professore di fisica. Anche se questi due personaggi sono poco approfonditi, riescono comunque a donare tridimensionalità alla pellicola, approfondendo il tema centrale di un racconto audiovisivo che non si limita a essere solo un racconto di formazione, ma anche una critica sociale rivolta alla società e alle proteste ambientaliste in atto in quel territorio, mostrate rapidamente in un unica scena del film.

Zoljargal Purevdash – Regista

Lavoro a questo progetto dal 2017. Lotto proprio per questa è la ragione più forte per cui sto lottando per questo progetto. Mia figlia sta respirando quest’aria pericolosa. In inverno, i metalli pesanti derivanti dall’inquinamento scorrono nel sangue di mia figlia come in quello di tutti i bambini che vivono a Ulan Bator. Le persone stanno svolgendo molte attività senza senso contro l’inquinamento atmosferico. Ma intendiamoci, quello che respiriamo non è fumo, è la povertà dei nostri fratelli e sorelle. Non possiamo trovare la soluzione senza riconoscere il problema, giusto? Per il bene dei nostri figli, vorrei che i miei concittadini smettessero di fare qualsiasi cosa per un giorno e ne discutessero e basta. Perché è un pericolo incombente. Durante le riprese, l’indice di qualità dell’aria era sempre superiore a 400, un valore troppo pericoloso ma passato come normale a Ulan Bator. Non possiamo vivere senza respirare per 3 minuti, ma il nostro primo bisogno fondamentale non è soddisfatto e metà della nazione corre il rischio di una morte piuttosto lenta. Voglio che mia figlia respiri aria pulita. Voglio che i compagni di classe di mia figlia respirino aria pulita. Voglio che la mia comunità respiri aria pulita. Voglio che la mia nazione respiri aria pulita. Voglio solo che vediamo cosa sta realmente accadendo nella nostra città..

In ultima analisi, non possiamo tralasciare di elogiare i giovani attori coinvolti nel film, i quali hanno dimostrato un talento straordinario, suscitando emozioni sincere nello spettatore, soprattutto durante la toccante scena della morte del cane. Il protagonista, magistralmente interpretato da Battsooj Uurtsaikh, ha saputo infondere al suo personaggio l’intensità emotiva necessaria per trasmettere appieno il suo dramma interiore. Questo risultato di sicuro merito è probabilmente da attribuire anche alla sagace decisione della regista di optare per attori emergenti e non professionisti provenienti dalle periferie povere di Ulan Bator. L’uso di attori non professionisti ha aggiunto un grado di autenticità e genuinità alle interpretazioni, consentendo al pubblico di immergersi ancora di più nella realtà dei personaggi e delle loro storie. Questi attori emergenti hanno dimostrato una sensibilità e una profondità sorprendenti nel loro modo di recitare, portando una freschezza e una spontaneità che ha arricchito ulteriormente la narrazione del film. La scelta della regista di dare voce a volti nuovi e provenienti da contesti marginalizzati ha contribuito a dare voce a una parte della società spesso trascurata nel cinema, offrendo loro un’opportunità unica di esprimersi e di condividere le proprie esperienze con il mondo.

Zoljargal Purevdash – Regista

Ho fatto casting solo con ragazzi che vivono nei quartieri Yurta. Andare a un chiosco dell’acqua, andare da un venditore di carbone, tagliare la legna è di solito qualcosa che fanno sempre i bambini nel distretto della Yurta. Era ovvio che avrei girato in condizioni di freddo estremo, quindi era davvero importante avere ragazzi che lo conoscessero e lo avessero già sperimentato. Il mio cast sono i ragazzi più seri, laboriosi, puri e gentili di sempre. Il primo giorno di prove ho raccontato loro i miei sentimenti, le mie storie e il mio scopo nel realizzare questo film in modo onesto. Poi con onestà hanno condiviso con me i loro sentimenti e le loro esperienze. Proprio come me, e questo era lo scopo del film. Poi sono diventati così seri e niente può fermare i bambini quando sono seri, seri e onesti. Erano così presi dai personaggi, dalle loro vicende. Erano così straordinari, così innocenti.

In conclusione

La Purevdash realizza con la sua opera prima una pellicola che affronta con sensibilità e intelligenza le difficoltà della vita nei quartieri poveri di Ulan Bator, Mongolia. Attraverso una rappresentazione accurata e coinvolgente degli ambienti domestici tradizionali e delle condizioni climatiche estreme, il film ci trasporta in un mondo duro ma ricco di amore familiare e fraternità. La storia di Ulzii, il giovane protagonista, ci guida attraverso una lotta per la sopravvivenza e la dignità, mentre affronta le difficoltà della povertà e della responsabilità familiare. Pur trattando temi impegnativi, il film riesce a trasmettere un messaggio di speranza e resilienza, evidenziando anche l’importanza dell’aiuto reciproco e dell’altruismo. Inoltre, l’uso di attori non professionisti provenienti dalle comunità marginalizzate aggiunge un tocco di autenticità e genuinità alle interpretazioni, arricchendo ulteriormente la narrazione del film e dando voce a una parte spesso trascurata della società nel cinema.

Note positive:

  • La regista riesce a immergere lo spettatore in un mondo sociale autentico e familiare, grazie alla sua conoscenza diretta del quartiere delle Iurte.
  • Il legame familiare e fraterno tra i protagonisti è reso con sincerità ed emozione, aggiungendo profondità alla trama.
  • La lotta per la sopravvivenza di Ulzii viene descritta in modo realistico e toccante, evidenziando le sfide quotidiane affrontate dalla famiglia.
  • La fotografia riesce a trasmettere efficacemente le rigide condizioni climatiche del luogo, contribuendo a immergere lo spettatore nell’atmosfera del film.

Note negative:

  • Alcuni personaggi secondari risultano poco approfonditi, limitando la comprensione delle dinamiche sociali del quartiere.
  • Il ritmo narrativo potrebbe risultare altalenante, con alcune scene che rischiano di prolungarsi eccessivamente.
  • La critica sociale presente nel film potrebbe risultare troppo esplicita o didascalica, riducendo l’impatto emotivo della narrazione.
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Stefano Del Giudice
Stefano Del Giudice

Laureatosi alla triennale di Scienze umanistiche per la comunicazione e formatosi presso un accademia di Filmmaker a Roma, nel 2014 ha fondato la community di cinema L'occhio del cineasta per poter discutere in uno spazio fertile come il web sull'arte che ha sempre amato: la settima arte.

Articoli: 930

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