“Signore e Signori, buonanotte” (1976): L’Italia attraverso la sua televisione

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Signore e Signori, buonanotte

Titolo originale: Signore e signori, buonanotte

Anno: 1976

Paese di produzione: Italia

Genere: commedia, satirico, grottesco

Produzione: Cooperativa 15 maggio

Durata: 118 minuti

Regia e Sceneggiatura: Mario Monicelli, Ettore Scola, Agenore Incrocci, Leonardo Benvenuti, Nanni Loy, Luigi Comencini, Piero De Bernardi, Ruggero Maccari, Luigi Magni, Ugo Pirro, Furio Scarpelli.

Montaggio: Amedeo Salfa

Dop: Claudio Ragona

Musica: Lucio Dalla, Antonello Venditti, Giuseppe Mazzucca, Nicola Samale.

Attori: Marcello Mastroianni, Paolo Villaggio, Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Eros Pagni, Adolfo Cieli, Senta Berger, Carlo Croccolo, Monica Guerritore, Gabriella Farinon, Felice Andreasi, Andrea Ferreol, Sergio Graziani, Mario Scaccia, Franco Scandurra, Gianfranco Barra, Renzo Marignano, Franco Diogene, Angelo Pellegrino, Camillo Milli, Luca Sportelli.

“Signore e Signori, buonanotte”

Siamo di fronte a una delle pellicole più importanti e audaci del cinema satirico italiano. Scritto da un gruppo di autori che non hanno bisogno di presentazioni, è uno dei film anni ’70 che più preferisco, soprattutto per la varietà di argomenti che affronta. Chiesa, politica, società e televisione, vengono illustrate nella loro più profonda crudeltà, senza omettere veramente nulla. Di “Signore e Signori, buonanotte” se ne parla troppo poco, quindi (a maggior ragione in questo periodo storico) è importante ricordarlo e cercare di parlarne.

Trama di “Signore e Signori, buonanotte”

Il giornalista Paolo T. Fiume conduce il telegiornale della sera. Fra un servizio e l’altro vengono mostrati pubblicità, telefilm e trasmissioni televisive. Grazie a tutti questi elementi si delinea un profilo chiarissimo dell’Italia degli anni ’70: un Paese apparentemente felice, ma in seria difficoltà. Sarà cambiato qualcosa dal ’76 ad oggi?

Paolo T. Fiume interpretato da Marcello Mastroianni

Recensione di “Signore e Signori, buonanotte”

La prima cosa che salta all’occhio è la disorganizzazione del telegiornale al centro del film. Persino il ‘protagonista’, Paolo T. Fiume, è totalmente disinteressato alle notizie di spicco, e la sua goffa assistente non fa altro che entrare e uscire dallo studio senza un vero motivo. Insomma, il caos. Vengono lanciati i servizi, ma la regia non li manda, impegnata com’è a stare attenta che Fiume non mangi, non fumi e non dica frasi fuori luogo.

La prima notizia è quella del rapimento di Gianni Agnelli: vediamo il noto imprenditore spiegare ai propri dipendenti (definiti da lui ‘la sua vera famiglia’) come pagare il suo riscatto, utilizzando tutti i soldi dello stipendio.

Già da questa premessa, lo spettatore capisce che non sarà una passeggiata affrontare le magagne italiane…

Dopo il secondo intervento (Una lingua per tutti – La lezione d’inglese), in cui Vittorio Gassman interpreta un agente della CIA inviato in Italia come sicario, troviamo una puntata di un telefilm presentato come “La Bomba”.

I personaggi di Eros Pagni e Carlo Croccolo (un commissario e un questore) allarmano l’intera città convinti della presenza di un ordigno esplosivo all’interno del commissariato. Gli artificieri però non trovano nient’altro che la sveglia di un’anziana che l’aveva dimenticata lì, quindi i due sono destinati a essere derisi e a dover affrontare un notevole calo di gradimento dell’opinione pubblica nei confronti dell’arma. Cosa fare allora per non perdere la faccia? È semplice: basta inserire infidamente una bomba vera dentro la caserma e aspettare che salti in aria. Ma sappiamo che queste cose raramente vanno a buon fine. Il concetto dell’onore legato all’Alta Uniforme lo ritroveremo in un altro episodio col procedere del film.

Immagine utilizzata per l’intervallo

Il Trittico su Napoli

Fiume manda allora un servizio molto particolare, un ‘trittico su Napoli’ diviso in tre interventi.

Sinite Parvulos”: ci viene presentata una Napoli devastata, in cui povertà e criminalità dilagano. I bambini che possono giocare, giocano con i rifiuti, mentre quelli che non possono farlo sono destinati a tornare a casa per mantenere la famiglia. Il vescovo fa una predica contro l’aborto, premiando a suo modo le famiglie numerose. Il piccolo protagonista del servizio è il primo di nove figli e da solo si occupa della madre malata e dei suoi otto fratelli. Le immagini che ci vengono mostrate, proprio come in un servizio di telegiornale reale, riportano una Napoli soffocata e piena di gente, piena di problemi. L’intervento termina con il bambino che si suicida buttandosi dal balcone. Un tristissimo epilogo che si andrà a scontrare con il successivo crudo monologo del personaggio di Paolo Villaggio.

Intervento del Professor Schmidt”: questo professore tedesco deve commentare il filmato appena visto e suggerire una soluzione per evitare la sovrappopolazione e quindi eliminare fame, povertà e sfruttamento minorile. La soluzione, secondo il luminare, sarebbe mangiare i bambini. Quando inizia a suggerire con molto interesse le varie ricette, ci rendiamo conto dell’intento dei registi: Schmidt ci disgusta, è l’incarnazione della malsana incapacità, è il tipico luminare non italiano che viene invitato alle trasmissioni per risolvere problemi non suoi. Mangiare è il verbo che collega Schmidt e l’ultimo intervento.

Da malata a convalescente”: torniamo nello studio di Paolo T. Fiume, intento ad intervistare quattro politici, parenti che negano di esserlo e tutti rispondenti al cognome ‘Lo Bove’. Di fronte ai cinque, un modellino di Napoli, città della quale i tondi signori dovranno rispondere personalmente. Cominciano a parlare in quello che di solito si definisce politichese, ringraziando i collaboratori e cercando di ignorare il malcontento del pubblico che dona loro coloriti epiteti. Confondono il personaggio di Mastroianni finché possono, ma poi si buttano a capofitto sul modellino e lo divorano come hanno già divorato la città. Una metafora forte e realistica, legata strettamente agli anni ’70/’80, anni durante i quali gli italiani hanno avuto la percezione di vivere nel benessere. Ma in realtà era solo il buon inizio di un brutto collasso.

I politici, Fiume e il modellino di Napoli

Onore, ‘belle figure’ e virus

Delle imbarazzate e goffe signorine ci presentano il servizio successivo, ovvero la diretta su una parata militare. Vediamo un importante generale (Ugo Tognazzi) impegnato in bagno poco prima della sfilata. Quando si accorge che lo sciacquone non funziona e che una delle sue medaglie è caduta fra i suoi escrementi, inizia a vedere la fine. Con tutto il coraggio e la tenacia che s’addice ad un soldato, inizia a cercare stratagemmi per non sporcarsi le mani e uscire da quella che sembra letteralmente una situazione di quelle, fallendo miseramente e peggiorando il tutto. Ormai sporco, in ritardo e completamente disonorato dalla sua vergogna, si uccide. Ora, la domanda è: è così importante l’onore, l’essere impeccabili, l’opinione pubblica? Un generale si uccide perché non vuole che la televisione lo immortali in quel modo fissandolo nella memoria per il resto dell’esistenza, deridendolo per sempre. Un generale non può, non deve, essere uno zimbello. Questo è il potere della folla e dei media: parlare, conservare, e a volte rovinare.

Il telefilm per ragazzi “Ispettore Tuttumpezzo” vede l’omonimo protagonista alle prese con un politico corrotto che deve arrestare per aver intascato una tangente. Si presenta in casa sua, nel bel mezzo di una festa, ma finirà per diventare il cameriere del politico stesso, riducendosi a sbucciare arance per delle ricche signore. Il corso della giustizia a volte è tortuoso, ma in questo grottesco episodio i registi ci parlano soprattutto di corruzione, un concetto accentuato successivamente da Fiume stesso. Si parlerà infatti del ‘virus della corruzione’, malattia per la quale in Italia si dice non esistano vaccini. Il giornalista manda inoltre un ingrandimento al microscopio del virus, nel quale possiamo notare gli scudi crociati simbolo di Democrazia Cristiana. Insomma, parla da sé.

L’Ispettore Tuttumpezzo capisce che sta per diventare un cameriere

Il Disgraziometro

Paolo Villaggio è l’interprete principale di questo episodio, incentrato su un programma chiamato ‘Il Disgraziometro’, presentato similmente a quelli di Mike Bongiorno. Il conduttore ci accoglie anche con un sonoro “Malinconia!” che fa palesemente il verso ad “Allegria!”. Su cosa si basa il programma? Letteralmente sulle disgrazie delle persone, che partecipano affidandosi alla loro sfortuna: chi ha vissuto la tragedia peggiore, vince.

Come confutare quella tesi che dimostra che la televisione lucra sulla gente stessa? Non si può. Non si può per il semplice fatto che la verità è sotto gli occhi di tutti, tutti i giorni. Reality show, giochi a premi, telequiz e talk show vari, sono la prova che in Italia la televisione è un elemento socialmente fondamentale. Attraverso questa ci vengono passate (e a volte filtrate) tutte le informazioni, e grazie alla tv possiamo usufruire di cultura e intrattenimento. Ma non facciamo mai abbastanza attenzione al largo uso che se ne fa nel nostro Paese: è noto che siano state fatte mosse politiche attraverso la tv, e che esistano reti create e poi sfruttate per scopi politici. È successo più di una volta che delle trasmissioni televisive venissero cancellate per sempre senza un apparente motivo, solo perché chi le conduceva aveva “parlato troppo”. ‘Il Disgraziometro’ non è che la vetta della montagna, l’esasperazione della normalità, l’allegoria di coloro che piangono e raccontano i propri problemi per avere visibilità. Con questo film (e con molti altri, anche precedenti, come I Mostri) si analizza un fenomeno che non è ancora morto e che non morirà mai, un fenomeno che non si è cercato di moderare, bensì di potenziare ad uso e consumo di coloro che potevano permetterselo.

“Il Sacro Soglio” – La denuncia alla Chiesa

Con la prima parte del ‘Trittico su Napoli’ abbiamo intravisto un sentimento di denuncia anche nei confronti della Chiesa, alla quale adesso viene dedicato un intero episodio. È “Il Sacro Soglio”, una finta telenovela che vede protagonisti tre cardinali, Piazza-Colonna (Mario Scaccia), Canareggio e De li Caprettari. Durante la corsa al papato i primi due si danneggiano, uccidendo l’uno gli elettori dell’altro. Il terzo cardinale, che è malato terminale e vive in povertà, si rivela però essere quello più furbo: aspettando quel momento in cui i suoi colleghi avrebbero avuto bisogno di un ‘papa di pezza’, De li Caprettari (interpretato tra l’altro da un perfetto Nino Manfredi) si è finto in fin di vita per anni e finalmente ha avuto la sua vittoria.

Ancora una volta è di sete di potere che si parla, una sete che non tiene conto di santità, concetti religiosi, o buoni principi cristiani. Quello di papa non è certo un ruolo semplice, obiettivamente, e affidarlo nelle mani sbagliate (la storia ce lo insegna) può essere molto pericoloso. Ora, cosa succederebbe alla Sacra Istituzione se finisse sotto il controllo di un soggetto come De li Caprettari? Un uomo che ha progettato la propria infida ascesa al potere per anni e che per altrettanti anni ha recitato, mentito, come un abile arrivista. Non basta dunque indossare una veste per essere veramente Dio in terra. La cattiveria umana, vien detto, va oltre ogni dogma e verità. Che ne ha fatto De li Caprettari del suo ‘timor di Dio’ (che è tra l’altro uno dei princìpi sui quali si basa la fede cristiana)? È evidente che l’abbia gettato via, che quasi non gli importi di essere solo un uomo. In preda ai suoi deliri di onnipotenza ha dimenticato persino di crederci, o forse, non ci ha mai creduto.

La denuncia del film è molto forte. Spesso si critica la politica corrotta parlando a favore della Chiesa, la quale viene descritta in tutta la sua purezza. Ma raramente si va a indagare come in questa pellicola, che dimostra che tutte mele prima o poi marciscono se le si lascia marcire.

Felicetto De li Caprettari una volta diventato papa

Funiculì Funiculà – “Il ballo delle cariatidi”

Il film si conclude con quello che viene presentato come “il ballo delle cariatidi”, un vero e proprio ballo a tutti gli effetti sulle note della famosissima ‘Funiculì Funiculà’. Vediamo dei rappresentanti di tutte le istituzioni, dei rappresentanti anziani, molto anziani, alcuni di loro non riescono neanche a reggersi in piedi, altri hanno con sé addirittura la flebo e l’aerosol. Ma sono comunque in quella stanza, e ballano. Una stanza di fatto abbastanza grande, che però sembra molto più piccola dato il grande numero di persone che ospita. Cosa rappresenta quindi il ballo delle cariatidi? Rappresenta un Paese che da ventenni ripropone le stesse facce, che mette nelle mani delle stesse persone il potere e che dà loro la possibilità di continuare a ballare nonostante tutto. Un Paese che ride e festeggia in barba alle crisi e ai problemi, un Paese che procrastina. Rappresenta delle persone che sono rimaste attaccate al proprio potere (o alla propria poltrona, se vogliamo) fino alla fine, difendendolo con le unghie e con i denti, senza curarsi delle conseguenze e della giustizia.

“Signore e Signori, buonanotte” termina e ci lascia con una domanda: queste persone meritavano davvero il potere che hanno avuto?

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