Stolen identity (2018): un thriller romantico sul mondo del web

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Stolen identity

Titolo originale: Sumaho o otoshita dake

Anno: 2018

Paese: Giappone

Genere: Thriller

Produzione:  Chubu-nippon Broadcasting Company (CBC), GyaO, Hokkaido Broadcasting Company (HBC)

Durata: 116 min.

Regia: Hideo Nakata

Sceneggiatura: Tetsuya Oishi

Fotografia: Yûta Tsukinaga

Montaggio: Naoko Aono

Musica: Shû Kanematsu, Takashi Ohmama

Attori: Keiko Kitagawa, Kei Tanaka, Ryô Narita, Yûdai Chiba, Taizô Harada

Trailer Stolen identity, sub. English

Stolen identity approda al Japanese Film Festival, la rassegna dedicata al cinema giapponese organizzata dalla Japan Foundation che dal 2016 punta a promuovere il cinema nipponico nel mondo. Film thriller del 2018, Stolen Identity mostra le conseguenze terrificanti e pericolose del furto di identità online.

Trama di Stolen identity

Asami recupera da uno sconosciuto il cellulare perso dal fidanzato Tomita. Da quel momento ai due fidanzati iniziano ad accadere cose strane, come assillanti messaggi sui social o l’addebito di numerosi acquisti fatti su internet senza saperlo. Asami, sempre più preoccupata, inizierà a indagare parallelamente alla polizia per scoprire chi si cela dietro tutto questo e finirà per essere coinvolta in una storia che viene dal passato.

Recensione di Stolen identity

Stolen identity è un mix di generi e due film in uno unico. Come una partita a ping pong in cui avviene uno scambio ritmico di colpi tra i giocatori, qui abbiamo due storie che si intersecano perfettamente e che funzionano solo se combinate insieme. Da un lato troviamo la trama romantica, in cui vediamo i due personaggi innamorati e protagonisti di una serie d’incomprensioni, battibecchi ma anche effusioni romantiche proprie di ogni coppia vista nei film sentimentali. Dall’altro lato allo spettatore viene mostrato ciò che avviene contemporaneamente alle loro spalle: un cracker che crea profili falsi per accedere alla vita privata e segreta dei due protagonisti. Commedia romantica e thriller sono così perfettamente integrati tra loro ed entrambi fondamentali allo svolgimento di Stolen identity, che se all’inizio desta curiosità e intriga, col passare dei minuti tiene proprio incollati allo schermo.

Il merito di questa attrazione è sicuramente da attribuire a diversi fattori: in primis la sceneggiatura. I fatti raccontati sono assolutamente attuali e hanno il merito di descrivere tutto il potere dei social network, una grande risorsa, ma anche un pericolo se usati male. Tetsuya Oishi si ispira al romanzo di Akira Shiga e ne trae un film che riesce a fare una panoramica a 360° del mondo del web, senza però denunciarne la pericolosità: l’app di geolocalizzazione che permette al cracker di controllare ogni movimento dei protagonisti è la stessa che permette a Tomita di ritrovare la fidanzata rapita. La storia di Stolen identity ricorda in parte quella di Split: il parco divertimenti del finale è un’alternativa allo zoo del film di Shyamalan e le violenze subite in passato sono, anche in Stolen identity, un modo per connettere e rendere affini l’aguzzino e il suo rivale. Purtroppo però il background di alcuni personaggi non è ben approfondito e ciò porta lo spettatore a sollevare dei quesiti fondamentali alla risoluzione del caso che però alla fine non vengono risolti, lasciandogli non pochi dubbi. Questa, assieme agli effetti speciali dozzinali, costituisce l’unica nota dolente del film.

La regia di Hideo Nakata dà un’impronta personale al film: la bravura e l’esperienza nel genere horror del regista (noto al pubblico occidentale per aver diretto The Ring 2 e Dark Water) hanno permesso a Stolen identity di avere un sequel, uscito nel 2020. Menzione d’onore anche al cast: a Keiko Kitagawa (Asami) è affidato il ruolo di una ragazza con la testa sulle spalle che fa un po’ fatica a fidarsi delle persone, tra cui anche del fidanzato interpretato da Kei Tanaka, un giovane innamorato che, al contrario di Asami, ha la testa un po’ tra le nuvole: ciò gli fa guadagnare agli occhi dello spettatore una particolare simpatia. Ma colui che davvero fa la differenza è Ryô Narita, nei panni di un personaggio dalla doppia personalità: impossibile non notare la sua somiglianza con il docile Smigol e il perfido Gollum de Il Signore degli anelli, a cui la sua interpretazione somiglia sia per le espressioni che per le movenze.

Ciliegina sulla torta l’idea di accompagnare le scene più crude e i momenti in cui l’assassino è in scena con una melodia che spesso viene associata ai panorami hawaiani, in modo da creare un perfetto contrappunto tra immagine e suono.

Pertanto, nonostante qualche difetto che poco nuoce alla riuscita del film, Stolen identity è sicuramente un thriller particolare nel suo genere che, grazie a una sufficiente dose di romanticismo, riesce a farsi apprezzare da un pubblico vasto e variegato.

NOTE POSITIVE

  • Interpretazione ottima da parte degli attori, con un killer memorabile;
  • Trama avvincente e coinvolgente;
  • Colpo di scena finale.

NOTE NEGATIVE

  • Alcuni personaggi secondari sono poco approfonditi;
  • Effetti speciali scadenti.
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