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The Decameron
Titolo originale: The Decameron
Anno: 2024
Nazione: Stati Uniti d’America
Genere: Drammatico, Commedia Nera
Casa di Produzione: Tilted Productions
Distribuzione italiana: Netflix
Durata: 8 episodi di circa 1 ora ciascuno
Showrunner: Kathleen Jordan
Regia: Michael Uppendahl (Episodi 1, 2, 7, 8), Andrew DeYoung (Episodi 3, 4), Anya Adams (Episodi 5, 6)
Sceneggiatura: Kathleen Jordan, Chrissy Maroon, Devon Turner, Tessa Leigh Williams, Ace Hasan, Brian E. Paterson, Michael Grassi, Ted Sullivan, Aaron Allen, Ariana Jackson, Nate Burke, Danielle Iman
Fotografia: Alicia Robbins, Diana Olifirova, Jeffrey Jur
Montaggio: Dan Holland
Musica: Sherri Chung, Blake Neely
Attori: Amar Chadha-Patel, Leila Farzad, Lou Gala, Karan Gill, Tony Hale, Saoirse-Monica Jackson, Zosia Mamet, Douggie McMeekin, Jessica Plummer, Tanya Reynolds
Trailer di “The Decameron”
Informazioni sulla serie e dove vederlo in streaming
Il Decameron è una delle opere più importanti e famose della letteratura italiana ed europea del Trecento. Scritta da Giovanni Boccaccio nel quattordicesimo secolo, probabilmente tra il 1349 e il 1351, in un periodo successivo all’epidemia di peste nera che colpì con forza l’intera Europa e Firenze, riducendo la popolazione del capoluogo italiano del ventotto percento. Il Decameron è una raccolta di novelle, nonché uno dei primi capolavori della letteratura in prosa scritta in volgare italiano. Il libro, ritenuto scandaloso e immorale e perfino censurato in alcune epoche storiche, ha ottenuto nel periodo moderno una nuova e importante popolarità, elevandosi a simbolo della letteratura italiana trecentesca, paragonabile a I promessi sposi di Manzoni.
La popolarità del testo ha condotto svariati registi cinematografici a effettuare una trasposizione filmica del testo. Da evidenziare sono le trasposizioni di Pier Paolo Pasolini del 1971, di Carlo Infascelli del 1972, e la commedia romantica Decameron Pie di David Leland. Nel 2024, Netflix distribuisce, il 25 luglio, un adattamento molto, ma veramente molto, libero della raccolta di novelle di Boccaccio attraverso la realizzazione di una miniserie composta da otto episodi dal titolo The Decameron, una sorta di black comedy medievale americana, creata da Kathleen Jordan, che ha ricoperto anche il ruolo di showrunner. Nel cast troviamo Tanya Reynolds, che ha interpretato Lily Iglehart in Sex Education dalla prima alla terza stagione, Saoirse-Monica Jackson (Quello che non so di te, 2021; Upgraded – Amore, arte e bugie, 2024), e Zosia Mamet (Mad Men, 2007-15; Girls, 2012-17).
Trama di “The Decameron”
Nel 1348, la Peste Nera colpì duramente la città di Firenze. Un gruppo di nobili fu inviato a ritirarsi, insieme ai loro servitori, in una grande e lussuosa villa nella campagna italiana per attendere la fine dell’epidemia, allontanandosi dai pericoli di contagio della peste nella squallida Firenze e vivendo quei giorni come una lussuosa vacanza, divertendosi e godendo della compagnia altrui.
Tra i nobili invitati ci sono Pampinea (Zosia Mamet), la promessa sposa di Leonardo, che giunge alla villa insieme alla sua serva Misia (Saoirse-Monica Jackson); Filomena (Jessica Plummer), cugina di Leonardo; Tindaro (Douggie McMeekin), che arriva alla villa insieme all’attraente dottore Dioneo (Amar Chadha-Patel); e infine Panfilo (Karan Gill), che sopraggiunge con la sua consorte Neifile (Lou Gala), una donna molto religiosa che però nutre pensieri impuri connessi all’eros. Al loro arrivo nella villa, non vengono accolti da Leonardo, appena deceduto a causa della peste, ma dal maggiordomo Sirisco (Tony Hale), che non li informa della morte del loro ospite.
I villeggianti, giorno dopo giorno, si conoscono e intessono tra di loro dinamiche di relazione, ma non tutti sono quello che dicono di essere, nascondendo la loro vera natura. Gli inganni da parte di Sirisco, ma non solo, e la sete di potere degli aristocratici fiorentini trasformano quella che era iniziata come un’orgia tra vino e sesso nelle colline della Toscana in una disperata lotta per la sopravvivenza, dove la peste e il mondo esterno non esiteranno a bussare alla porta della villa di Leonardo.

Recensione di “The Decameron”
La showrunner Kathleen Jordan effettua una completa rivisitazione e modernizzazione in stile prettamente americano e perbenista del Decameron di Boccaccio, una raccolta di novelle che ha fatto la storia non solo come uno dei primi esempi di prosa in volgare, ma anche per le sue narrazioni considerate, a partire dal 1500, blasfeme, sboccate, sessuali e anti-moraliste. Queste storie erano in contrasto con il pensiero religioso cristiano, che non si ritrovava nella rappresentazione dell’amore e del sesso come elementi profondamente naturali e radicati nella natura umana, sia maschile che femminile, una concezione ripresa in parte nell’Umanesimo.
La produttrice e ideatrice della miniserie “The Decameron” ha mantenuto alcuni ingredienti tematici e di genere provenienti dalle novelle di Boccaccio, come l’elemento sessuale e i caratteri talvolta blasfemi e sciocchi dei personaggi. Tuttavia, ciò che manca completamente nella miniserie è la presenza delle novelle e lo stile narrativo con cui l’autore aveva scritto il Decameron. Boccaccio utilizzava l’analessi, la commistione tra fabula e intreccio, una cornice narrativa di spessore e una struttura basata su tre livelli di narrazione: il narratore onnisciente che raccontava la cornice narrativa, i narratori delle novelle e infine i protagonisti stessi delle novelle che raccontano a loro volta una storia dentro una storia. La miniserie non possiede nulla di tutto ciò, essendo strutturata attraverso una narrazione lineare con un montaggio alternato che racconta le vicende di ogni personaggio in modo corale, in una serie priva di un vero protagonista.
La serie in otto puntate elimina dunque le novelle, che appaiono in modo superficiale solo negli ultimi istanti dell’ottavo episodio, più come omaggio che per motivi drammaturgici. Il centro narrativo diventa dunque la cornice, la vita nella villa in cui un gruppo di nobili fiorentini si ritrova per sfuggire alla peste che invade e uccide la popolazione di Firenze. Nel suo libro, Boccaccio aveva anche dato una narrazione approfondita della vita all’interno della villa, caratterizzando ogni singolo personaggio a livello letterario, nonostante il focus principale fosse sulle novelle, rifacendosi alla struttura narrativa de “Le mille e una notte” del 900 d.C.
Kathleen Jordan riprende dunque la cornice, i nomi di alcuni personaggi e alcune delle loro caratteristiche fisiche, caratteriali e anagrafiche, giocando allo stesso tempo con i nomi stessi dei personaggi. Filomena, che significa “colei che è amata”, è al centro di numerose storie d’amore e passione. Neifile, che significa “nuova amante”, è un personaggio che si trova a soffrire tra religiosità e bisogno carnale, mentre Dioneo, nome che nel mondo greco significa “lussurioso”, è mosso da un costante desiderio di essere al centro dell’attenzione come uomo piacente e bello. Tuttavia, a livello caratteriale, i personaggi differiscono molto da quelli presentati da Boccaccio, mantenendo solo alcuni lievi elementi in comune. Ad esempio, Neifile possiede un innato credo in Dio sia nel testo letterario che nella trasposizione seriale. Per il resto, la serie si distacca completamente dal racconto originale, abbracciando uno stile “netflixiano” e trasformando il testo di Boccaccio in una vera e propria americanata.
Un incipit interessante ma…
La premessa della serie è molto interessante. Un gruppo di personaggi viene invitato da Leonardo a trascorrere del tempo nella sua villa in attesa che la Peste smetta di infettare e uccidere i cittadini di Firenze. La serie dunque si ricollega a quelle atmosfere epidemiche che tutti noi abbiamo ben conosciuto durante la pandemia di COVID-19, ovvero il dover trovare un rifugio e una protezione dall’epidemia, da quel virus pronto a ucciderci. In questo senso, la serie riesce a toccare le corde delle nostre vite, riportandoci alla mente una situazione vissuta non molto distante da quella del 2020.
Nella prima puntata vediamo Firenze invasa dalla malattia e dalla morte, con i poveri cittadini sempre più affamati e malati, in attesa soltanto della fine. Dal secondo episodio, ci immergiamo all’interno delle mura della villa, che ci appaiono fin da subito poco sicure e incapaci di tenere lontano il virus della peste. La situazione suggerisce che la peste sia già presente all’interno della villa, rendendola un luogo tutt’altro che sicuro. Nel corso delle puntate, comprenderemo come la lussuosa abitazione di Leonardo sia tutt’altro che una fortezza, sia per la presenza dei topi, sia per la stupidità e gli atteggiamenti dei suoi abitanti, che creano situazioni assurde eproblematiche interne alla casa, dove inganni e sete di potere prendono presto il sopravvento. Proprio a causa di questi atteggiamenti, la villa diviene metà di un continuo via vai di individui dall’esterno, trasformando quello che doveva essere una bolla sociale in un luogo di probabile contagio, mettendo a rischio la stabilità e la psiche dei suoi occupanti. Tuttavia, il problema della miniserie è che il tema del contagio e della paura della peste emerge solo a tratti all’interno della narrazione e senza potenza. Nonostante un finale che punta con preponderanza sulla lotta per la sopravvivenza, fatta di sotterfugi e tradimenti, lo spettatore non percepisce mai quel senso di tensione e di claustrofobia che la serie vorrebbe creare. Il dramma non entra mai effettivamente nella vicenda trattata. La drammaturgia si dimostra più incentrata nel raccontare, in maniera altamente sopra le righe, le varie relazioni sentimentali e le problematiche dei personaggi, facendo sfociare la miniserie in una sorta di commedia degli equivoci, fatta di doppi sensi e molteplici allusioni sessuali. Questo si rifà alla natura stessa dell’opera di Boccaccio, ripresa esclusivamente nel suo essere eccessiva, come lo è in fin dei conti questa miniserie.
Elemento centrale è invece la questione sociale, riferita al rapporto tra padroni e servi, trattando la suddivisione in classi sociali presente nell’epoca medievale. I padroni sono rappresentati per lo più come persone egoiste, viziose e sciocche, mentre i servi come uomini e donne che devono occuparsi di ogni comfort e capriccio del loro padrone. Spesso, non fungono solo da servi, ma anche da migliori amici, poiché questi padroni sono spesso esseri soli che hanno come unica compagnia autentica quella dei loro servi. Questo è il caso di Tindaro, Filomena e Pampinea, tre personaggi profondamente soli e che mettono la loro stessa vita nelle mani dei loro servi, come degli sciocchi, perchè non sanno che i loro servi potrebbero anche fare il loro male. Dunque, la lotta di classe è una delle tematiche preponderanti della miniserie, affrontata però senza note drammatiche, in quanto il dramma è completamente assente in questa black comedy.
La miniserie manca di umorismo nero, che avrebbe potuto donare maggior spessore alla narrazione, proponendo invece una comicità abbastanza spicciola, che più che far ridere presenta personaggi sopra le righe dalle connotazioni macchiettistiche in situazioni assurede. Tuttavia, con il progredire delle puntate, questi personaggi acquisiscono una certa tridimensionalità, nonostante una caratterizzazione volutamente semplicistica e banale, dove ogni personaggio è descritto attraverso una o due sfumature introspettive. Dunque “The Decameron” si muove esclusivamente entro una costante narrazione eccessiva, sia attraverso le interpretazioni degli attori, che esasperano ogni singola emozione e sensazione dei loro personaggi sciocchi e frivoli, sia attraverso gli sviluppi della sceneggiatura, pieni di colpi di scena e trovate assurde, tra inganni e situazioni sessuali, che funzionano solo perché inseriti in un contesto essenzialmente esagerato. La miniserie è completamente sopra le righe, e questo è il suo pregio. Nonostante non riesca a trattare nessuna tematica in maniera soddisfacente, ogni personaggio possiede un percorso evolutivo credibile all’interno di una serie così congenita. In una serie più tranquilla, tali percorsi evolutivi e situazioni risulterebbero assurdi e sconclusionati. Questa sua essenza sopra le righe la rende, in fin dei conti, un prodotto godibile risultando adatto all’intrattenimento fine a sé stesso.
Rispettiamo la veridicità storiaca, però!
La natura sopra le righe riesce a rendere piacevole la visione di questa serie, che si concentra soprattutto sulle sue numerose svolte narrative e colpi di scena, più o meno efficaci. Ciò che non riesco ad accettare è la continua modernizzazione dei tempi, rendendo il passato uguale al presente. Dobbiamo accettare, una volta per tutte, che il passato non era come il ventunesimo secolo, che le conquiste di uguaglianza sono state lotte guadagnate nel corso degli anni e che queste conquiste potrebbero essere perdute un giorno, in un mondo in cui nulla è certo. Posso dunque accettare che la vicenda abbia tematiche LGBTQ+, ma non che questo sia la normalità, dove ogni personaggio non si vergogna di dichiarare il proprio orientamento sessuale. Trovo ridicolo che un personaggio come Filomena dichiari alla sua serva il suo amore per un’altra donna, mentre ritengo più corretto ciò che accade con Panfilo, che nasconde la sua omosessualità alla moglie e al mondo esterno vergognandosene. Un altro elemento che non avrei voluto trovare in una serie ambientata negli anni della peste del 1348 a Firenze è la rappresentazione di Firenze come un mondo multietnico. Vedere nobili di etnia afroamericana, asiatica, indiana e non europea non mi convince. Netflix ha già fatto questa scelta in altri prodotti televisivi come Bridgerton, e se lo si fa di tanto in tanto la cosa va bene, ma se ogni singolo prodotto audiovisivo ambientato nel passato modifica la veridicità storica e culturale di un’epoca, ciò non è accettabile. Una storia ambientata nell’Italia del 1300 dovrebbe rispettare gli usi e i costumi di quell’epoca, non rendere i personaggi, la cultura e la commistione di varie etnie come sono nel 2024. Ciò non va bene e a lungo andare confonderà sempre di più i giovani spettatori.

In conclusione
La miniserie “The Decameron” di Kathleen Jordan rappresenta un audace tentativo di aggiornare e modernizzare un classico della letteratura medievale. Pur prendendo spunto dall’opera di Giovanni Boccaccio, la serie si distacca notevolmente dal testo originale, abbracciando uno stile narrativo e visivo marcatamente americano e contemporaneo. Sebbene questo approccio possa risultare intrigante e innovativo, il risultato finale è una serie che, purtroppo, non riesce a catturare pienamente la ricchezza e la complessità del Decameron di Boccaccio.
Note positive
- Attualizzazione tematica: L’ambientazione durante una pestilenza e i paralleli con la pandemia di COVID-19 offrono una connessione immediata e rilevante con il pubblico moderno.
- Focalizzazione sui personaggi: I personaggi, sebbene sopra le righe, mostrano una certa evoluzione e tridimensionalità nel corso della serie.
- Commedia e intrattenimento: La serie riesce a intrattenere con la sua comicità e le sue situazioni esagerate, offrendo un prodotto divertente per chi cerca un’uscita leggera e sfrenata.
Note negative
- Distacco dal testo originale: La miniserie si allontana significativamente dalla struttura e dalle novelle di Boccaccio, perdendo l’essenza narrativa e tematica del Decameron.
- Trattamento superficiale della peste: La rappresentazione della peste e del contagio risulta superficiale e manca di tensione drammatica, riducendo l’impatto emotivo.
- Modernizzazione e veridicità storica: La serie modernizza eccessivamente l’ambientazione e i temi, introducendo elementi contemporanei che non si allineano con la veridicità storica dell’epoca, il che può risultare problematico per la rappresentazione autentica della storia.