The Old Oak (2023): la solidarietà oltre ogni confine

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Trailer di The Old Oak

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

The Old Oak è il nuovo ultimo capolavoro del regista britannico più socialista della storia del cinema. Ken Loach, uomo che ha dedicato la sua vita e la sua carriera da cineasta a dare voce ai poveri e agli emarginati torna dietro la macchina da presa per regalarci una storia significativa ed emozionante come solo lui sa fare. Presentato e apprezzato come sempre al festival di Cannes alla sua 76esima edizione, la pellicola viene distribuita nei cinema, dal 16 novembre 2023, da Lucky Red.

Trama di The Old Oak

The Old Oak è la storia di un paesino nel nordest dell’Inghilterra, che si sente abbandonato dopo la chiusura della sua grande miniera. I cittadini sono delusi, pieni di rabbia e odio. L’arrivo di una comunità di rifugiati siriani peggiora ulteriormente le cose. Il titolo prende il nome dall’unico locale di ritrovo del paese, unica cosa rimasta a TJ Ballantyne, il quale decide di aiutare i rifugiati e stringe una forte amicizia con una di loro, la fotografa Yara. Per l’uomo, ciò rappresenta un’occasione di riscatto da una vita difficile, piena di fallimenti e scelte sbagliate. Tuttavia incontrerà l’ostilità di alcuni avventori del locale, amici di una vita.

scena di The Old Oak
Frame di The Old Oak

Note di regia

Ken Loach

Abbiamo realizzato due film nel Nord Est, storie di persone intrappolate in questa società spaccata. Inevitabilmente entrambe finivano male. Eppure avevamo incontrato lì tanta gente forte e generosa, che reagisce a questi tempi difficili con coraggio e determinazione. Abbiamo pensato quindi di realizzare un terzo film che riflettesse questa realtà, pur non minimizzando le difficoltà che la gente deve affrontare né cosa è accaduto in questa regione negli ultimi decenni. C’era da qualche parte un’altra storia più lunga da raccontare, se fossimo riusciti a trovarla. Un punto di partenza è il modo in cui questa regione viene totalmente ignorata. Le vecchie industrie sono sparite – cantieri navali, acciaierie e miniere – e quasi niente è stato fatto per rimpiazzarle. Molte cittadine minerarie, un tempo vivaci comunità con un grande orgoglio per le proprie tradizioni di solidarietà, per gli sport locali e le attività culturali, sono state lasciate andare in malora dai politici, sia conservatori che laburisti. Abbiamo capito che la gente non si è mai aspettata niente dai conservatori del partito Tory, ma che allo stesso tempo riconosceva il fallimento dei laburisti – ‘non hanno fatto niente per noi’ – nonostante si trattasse di una tradizionale roccaforte di quel partito, con Tony Blair e Peter Mandelson rappresentanti locali al Parlamento. La cosa non aveva fatto alcuna differenza. Queste comunità sono state semplicemente abbandonate a loro stesse. Molte famiglie se ne sono andate, i negozi hanno chiuso, come pure le scuole, le biblioteche, le chiese, la maggior parte dei luoghi pubblici. Dove non c’è più lavoro, la speranza è svanita, lasciando il posto all’alienazione, alla frustrazione e alla disperazione. L’estrema destra ha allora fatto la sua comparsa in modo allarmante. Le municipalità di altre aree più prosperose hanno cominciato a trasferire in zone dove gli alloggi sono più economici individui vulnerabili e bisognosi, visti come un “problema” e dipendenti dai sussidi per la casa. L’emergere di conflitti è diventato un fatto inevitabile. Poi c’è stato un altro punto di svolta. Il governo ha finalmente accettato i rifugiati che fuggivano dalla terribile guerra in Siria. Rispetto ad altri Paesi europei il numero di arrivi è stato inferiore, ma comunque si trattava di persone da sistemare in qualche luogo. E, di nuovo, nessuna sorpresa se è stato il Nord Est ad accoglierne più di ogni altra regione. Perché? Alloggi a buon mercato e un’area di cui i media nazionali si occupano appena. Paul ha ascoltato le storie di quello che è successo quando le prime famiglie di siriani sono arrivate e abbiamo cominciato a pensare che quella era la storia che avremmo dovuto raccontare. Ma prima bisognava comprendere. Due comunità che vivono fianco a fianco, entrambe con problemi enormi, ma una composta da individui traumatizzati per la fuga da una guerra crudele fino all’inverosimile, distrutti dal dolore per coloro che sono morti e terribilmente preoccupati per quelli che sono rimasti lì. Stranieri in terra straniera. Possono convivere questi due gruppi? Le risposte sarebbero contrastanti. In tempi così difficili dove trovare la speranza? Sembrava una domanda difficile, e Paul, Rebecca ed io abbiamo ritenuto di dover andare in cerca di una risposta.

Recensione di The Old Oak

Il 16 novembre 2023 arriva nelle sale italiane il 27esimo gioiellino di Ken Loach e del suo fidato sceneggiatore Paul Laverty. The Old Oak, il nome del locale dove TJ Ballantyne decide di integrare la sua comunità di paese con i nuovi rifugiati siriani, con i quali ha in comune il desiderio di serenità e di speranza in un futuro migliore, dopo anni di sofferenze. Perché di sofferenze e riscatto si parla nei film di tutta la filmografia di Ken Loach, cineasta che occupa una posizione particolare nella cultura britannica. Da una parte è il regista del Regno Unito più eminente tuttora al lavoro, nonché il creatore di alcuni dei più memorabili film inglesi degli ultimi cinquant’anni da Cathy Come Home, passando per Kes, Land and Freedom e I, Daniel Blake. Dall’altra non è mai stato e mai sarà membro dell’establishment e ha conservato a lungo il ruolo di outsider in virtù delle sue pellicole impregnate di realismo sociale.

Protagonisti del cinema di Ken Loach sono la working class e le persone più in difficoltà e i rapporti che questi hanno all’interno di una società che fa di tutto per tenerli ai margini, non curandosi del fatto che sono stati per tanti anni, e in alcuni casi lo sono ancora, la forza trainante del paese. The Old Oak, così come tanti altri film di Loach mirano a scuotere lo spettatore e l’opinione pubblica; il pubblico dalla poltrona del cinema è chiamato a riflettere su tematiche delicate che sembrano lontane viste sullo schermo, ma che le cui conseguenze sono per tutti all’ordine del giorno. Nel film non esistono, colpevoli e vittime, vincitori e vinti, perché la cattiva condotta degli amici di TJ è frutto di una frustrante vita alla ricerca di una fantomatica felicità che esiste soltanto al di fuori del paese.

Dal punto di vista tecnico, Paul Laverty, ricorre al collaudato uso di una sceneggiatura schietta, decisa, senza fronzoli, che aderisce perfettamente ai personaggi e al contesto narrativo. La regia di Ken Loach usa i personaggi come strumento per trattare punti chiave della politica, dirigendoli in modo da renderli forieri di importanti messaggi sociali. Lo stile di ripresa è naturalistico, originario dalle tecniche documentaristiche: riprese in luoghi privi di illuminazione artificiale, attori non professionisti e improvvisazione.

The Old Oak è l’ennesima occasione che il regista fornisce per parlare della povertà, della mancanza di ascolto e del sentimento di inferiorità che alcune persone provano in un mondo in cui ciò che non è risolto e compiuto viene del tutto ignorato.

Fotogramma di The Old Oak
Fotogramma di The Old Oak

In conclusione

The Old Oak è un film emozionante e significativo che mostra le fragilità di un mondo che ogni giorno ha a che fare con integrazione e ingiustizie e sembra non curarsene completamente. Ken Loach, grazie al suo cinema, ci esorta a fare del nostro meglio per migliorare le cose.

Note positive

  • regia
  • sceneggiatura
  • soggetto

Note negative

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