Un eroe (2021): l’ennesimo, ma necessario dibattito morale di Asghar Farhadi

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Trailer del film Un eroe

Il noto regista iraniano Asghar Farhadi torna dietro la macchina da presa con Un eroe, film che esplora una sua curiosità personale riguardo la nascita dei personaggi “eroici” del mondo di oggi.

Sempre sceneggiato e co-prodotto dallo stesso Farhadi, il film rappresenta l’Iran agli Oscar 2022 per cui si spera sia scelto tra i candidati al “Miglior Film Straniero”. Certo è che il film del due volte vincitore dell’ambita statuetta dell’Academy conta già con un grande riconoscimento internazionale, soprattutto dopo di ottenere il Gran Premio Speciale della Giuria (ex aequo) al Festival di Cannes 2021 e recentemente per essere nominato come “Miglior Film Straniero” ai Golden Globes del prossimo 9 gennaio. Un eroe (A Hero) arriverà nei cinema italiani il 3 gennaio 2022, distribuito da Lucky Red in associazione con 3 Marys Entertainment.

Per leggere la conferenza stampa del film cliccate qui.

“Mi è capitato spesso di leggere nei giornali storie come questa, storie di persone comuni diventate improvvisamente famose per aver compito un gesto altruistico. Queste vicende hanno tutte qualcosa in comune. Il film non trae spunto da uno specifico fatto di cronaca, ma quando l’ho scritto avevo in mente questo genere di storie.”

Asghar Farhadi, regista e sceneggiatore del film Un eroe

Trama di Un eroe

Rahim (Amir Jadidi) è in prigione a causa di un debito che non è stato in grado di pagare. Durante un congedo di due giorni, lui cerca di persuadere il creditore a ritirare il reclamo offrendogli il ​​pagamento di una parte del debito. Ma i piani non vanno come previsto.

Recensione di Un eroe

Gli autori del cinema si distinguono sempre per una loro impronta personale che, diretta o indirettamente, collega o fa riconoscibili ogni loro lavoro. Nel caso di Asghar Farhadi è, senza dubbio, il suo stile semplice e cronologico e l’interesse per tematiche sociali che portano con sé dei profondi dilemmi morali su cui, probabilmente, lo spettatore finisce con domande e riflessioni dinanzi alla fragilità umana che è sempre pietra angolare della narrazione.

Dopo Todos lo saben (2018), Farhadi torna sul grande schermo con Un eroe, una storia drammatica con sfumature di thriller, questa volta ambientata a Shiraz e non a Teheran, il cui protagonista Rahim (Amir Jadidi: Zero Day, Cold Sweat, The Lost Strait) si trova dal primo momento davanti a situazioni e scelte moralmente discutibili.

Nei suoi due giorni di permesso fuori il carcere, Rahim cerca di convincere il creditore Bahram (Mohsen Tanabandeh: Ferrari, Haft Daghigheh ta Paeez, Estesh’hadi baraye khoda), di ritirare la denuncia che aveva fatto contro di lui per un debito non pagato. Rahim gli offre di pagarli una parte del debito essendo tentato a vendere delle monete d’oro che la sua fidanzata Farkhondeh (Sahar Goldust) ha trovato dentro una borsa che era per strada. Il senso di colpa e di onestà prevale in Rahim che pensa anche alla situazione economica in cui si potrebbe trovare la persona che ha perso la borsa. Per questo motivo, lui decide invece di trovare il proprietario per consegnarsela, ma i suoi piani e le sue buone intenzioni non vanno come previsto e diventano una catena di confusione, intrighi, interessi, ma soprattutto di fatti e motivazioni che aprono chiari dilemmi morali, specialmente intorno al come si creano gli “eroi” contemporanei e come questi, con la stessa velocità in cui arrivano in cima, vengono popolarmente abbattuti.

Un eroe non si basa su un fatto reale in particolare, ma prende vita da una curiosità di Farhadi riguardo le storie quotidiane che vede nei media su persone che diventano degli “eroi” semplicemente per compiere una buona azione che anche se non banale, ben potrebbe essere fatta anche da altre migliaia di persone. Quindi, perché i media hanno il bisogno di elevare certi individui a questo livello? È una necessità della società perché forse abbiamo perso la fede nell’esistenza della bontà intorno a noi o perché abbiamo bisogno di avere un punto di riferimento? O ci sono anche degli interessi dietro ogni personaggio che viene trasformato in una figura eroica? Sono queste le domande che emergono in questa trama in cui giocano un ruolo centrale i media assettati di sensazionalismo, i social che segnano tendenze e le istituzioni che usano i meriti altrui per costruirsi una reputazione. Il film esplora così un sistema sociale contestualizzato in Iran, ma che rispecchia la realtà di ciò che accade ormai in tutto il mondo.

Dalla premessa centrale del film, quindi, sorgono temi come il bisogno della società di crearsi degli eroi; il sensazionalismo, la “cultura del sospetto”, la deformazione della verità e la reputazione personale dettata dai “tribunali” mediatici (sia la tv, siano i social); l’appropriazione dei meriti altrui; e soprattutto i principi morali, la coscienza e l’onestà che, in fin dei conti, sono le cose che veramente fanno la persona.

Oltre alla trama che propone e gli argomenti su cui riflette, Un eroe non si discosta né strutturalmente né visivamente da lungometraggi che hanno catapultato Farhadi nel cinema mondiale, come A separation (2011) e The Salesman (2016) per cui ha vinto due Oscar nella categoria di “Miglior Film Internazionale”. Il film ha il marchio Farhadi a tutti gli effetti, essendo simile a tanti altri dei suoi lavori, sia per lo stile asciutto e la struttura narrativa cronologica, sia per la semplicità della messa in scena, la fotografia realistica e l’uso misurato della musica. Inoltre, il regista torna su alcuni temi già trattati come la morale e l’onestà, ma anche su elementi e personaggi sempre immersi in veri dilemmi morali che tra l’altro danno una prospettiva diversa sui fatti, bambini che sono testimoni degli sbagli degli adulti e che servono anche come strumenti loro.

È innegabile che i pregi di questo film, come di Farhadi stesso, sono la regia e la sceneggiatura. Il cineasta iraniano riafferma la sua capacità di costruire e sviluppare una trama drammatica che di apparenza sembra semplice, ma che al suo interno ha degli intrecci e snodi narrativi per niente scontati che rendono la storia interessante e con un buon ritmo.

A questo si aggiunge una buona elaborazione della pluralità di punti di vista tramite diversi personaggi ben gestiti e dotati di almeno un minimo di profondità, il che amplifica la visione dello spettatore sui fatti che accadono e gioca costantemente con la sua lealtà verso i personaggi. Perciò, come è già tipico nei film di Farhadi, alla fine non c’è nessuno completamente buono né completamente cattivo, un’ambiguità che padroneggia alla perfezione e che sicuramente rende interessante e ancora più riflessivo il film. Nel caso di Un eroe, c’è sicuramente un personaggio per cui lo spettatore può sentire empatia dall’inizio alla fine, senza mai dubitare. Si tratta di Siavash, il figlio balbuziente di Rahim, che non solo è testimone, ma è il più affettato dalle scelte del padre e anche perché diventa uno strumento sfruttabile a livello mediatico vista la “popolarità” di Rahim.

La regia di Farhadi pienamente al servizio del dramma che vuole far emergere, concentrandosi quasi completamente sul lavoro degli attori, specialmente perché molti di essi recitando per la prima volta. Il cast di Un eroe, un altro punto di forza del film, è composto maggiormente da attori di teatro e persone che debuttano nella recitazione, essendo pochi gli attori professionisti, come è il caso del protagonista Amir Jadidi (Rahim), Mohsen Tanabandeh (Bahram) e Fereshteh Sadre Orafaiy (Mme Radmehr, la sorella di Rahim). Si potrebbe dire che in questo gruppo ridotto di “stars” entra anche la figlia del regista, Sarina Farhadi (che interpreta Nazanin, figlia del creditore), che aveva già avuto un ruolo più lungo in A separation. Il merito di Farhadi risiede nel rendere impercettibile questa differenza di esperienza tra gli attori, potenziando le loro capacità e il loro talento per avere come risultato delle interpretazioni assolutamente credibili.

Nonostante Un eroe sia un film molto valido, per chi aspetta una produzione molto diversa dai lungometraggi precedenti dell’autore iraniano, potrebbe sembrare un po’ ripetitivo, e chi non ha mai visto un lavoro di Farhadi potrebbe considerare che il film è lento e non ha molto da offrire vista l’assenza di snodi forti e un montaggio che rispetta lo sviluppo lineare della storia. Chi, invece, apprezza i drammi del regista, può confermare che il marchio Farhadi è tornato a pieno, dopo il film con Penélope Cruz, Javier Bardem e Ricardo Darín che non ha convinto molto sia il pubblico che la critica internazionale.

Un eroe raggiunge il suo scopo di commuovere, intrattenere e, soprattutto, far riflettere sul mondo di oggi in cui i media e la gente come noi tramite i social creano degli eroi e poi li crocifiggono a piacimento, lontani dalla verità. Il film non pretende di essere accattivante dal punto di vista visivo, come nessun altro di Asghar Farhadi. Il motivo? Lasciare che il dramma e ciò che porta con sé (come veicolo delle tematiche che mette in risalto) sia sempre al centro dell’attenzione di chi lo vede. Pur non essendo un capolavoro audiovisivo, questo nuovo film è un gioiello a livello di scrittura, così come i più noti lavori di un cineasta che sa raccontare l’universale attraverso la realtà del suo paese, un Iran che nonostante le differenze culturali e sociali, nonostante la lingua persiana, non sembra lontano dall’Occidente. Ed è proprio questo ciò che ha reso Farhadi un autore riconosciuto nel mondo.

“La nostalgia che Shiraz ci evoca nei confronti del nostro passato si collegava bene con la storia perché moltissimi personaggi che fanno parte del nostro orgoglio nazionale hanno a che fare con questa città.”

Asghar Farhadi, regista e sceneggiatore del film Un eroe

NOTE POSITIVE

● Sceneggiatura e trattamento delle tematiche attuali presenti all’interno della storia.

● Regia.

● Cast.

NOTE NEGATIVE

● Potrebbe sembrare un film già visto dato lo stile e struttura narrativa che Farhadi ha usato in altri dei suoi film.

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