Un mercoledì da leoni: Un’amicizia tra surf, guerra e l’inevitabile trascorrere del tempo

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Trailer originale di Un mercoledì da leoni

John Milius, candidato all’Oscar per lo script di Apocalypse Now (Francis Ford Coppola, 1979), dirige e sceneggia un film in cui ricorda i suoi anni giovanili, trascorsi sulle splendide spiagge di Malibù. Curato dal direttore della fotografia Bruce Surtees (Lo straniero senza nome, 1973; Il texano dagli occhi di ghiaccio, 1976), montato dal duo composto da Carroll Timothy O’Meara e Robert L. Wolfe (Il mucchio selvaggio, 1969; Tutti gli uomini del presidente, 1976) e musicato da Basil Poledouris, Un mercoledì da leoni riunisce Jean-Michael Vincent, William Katt e Gary Busey, attore che nel 1991 ha interpretato Pappas in Point Break – Punto di non ritorno (Kathryn Bigelow).

Trama di Un mercoledì da leoni

Anni Sessanta. California. Matt Johnson (Jean-Michael Vincent), Jack Barlow (William Katt) e Leroy “Spaccatutto” Smith (Gary Busey) sono tre amici che trascorrono le giornate a surfare le onde del Pacifico. Le loro vite procedono spensieratamente tra “animati” pranzi al bar, scatenati party e quotidiani incontri con l’esperto shaper Bear (Sam Melville). Ma lo scorrere del tempo è inarrestabile, e così il trio di surfisti deve adattarsi ai cambiamenti che intercorrono tra il 1962 e il 1974. Jack partecipa alla guerra in Vietnam, Leroy lascia la California, Matt vaga per le spiagge incapace di accettare il passaggio dalla gioventù all’età adulta. A riunire il trio è Il Grande Mercoledì: una imponente mareggiata attesa da anni che, oltre a permettere di cavalcare onde uniche, consente ai tre amici di ritornare insieme e, magari, proiettarsi definitivamente verso il futuro.

Recensione di Un mercoledì da leoni

È certamente un film sulla vita, quello di John Milius. Suddiviso in quattro sezioni, corrispondenti a quattro mareggiate che colpirono la California tra il 1962 e il 1974, rappresenta il passaggio dalla gioventù all’età adulta, ma anche i drammi esistenziali e quell’ineluttabile scorrere del tempo che provoca sofferenze a chi rimpiange il passato. Per raffigurare tale idea, Milius inserisce abilmente quattro personaggi: il trio di surfisti composto da Matt Johnson, Jack Barlow e Leroy “Spaccatutto” Smith, oltre all’esperto shaper Bear. Ed è quest’ultimo, per via di un’incredibile parabola esistenziale, a sottolineare l’evoluzione della società. Bear è infatti un uomo legato al più “naturale” surf degli anni Cinquanta, che tuttavia viene affascinato da quel boom economico caratterizzante i decenni successivi. Da shaper locale diviene così proprietario di un negozio in città, promuovendo attraverso il proprio marchio una serie di tavole da surf sempre più tecnologicamente evolute e favorendo, in tal modo, la diffusione della shortboard con tre pinne. Ma la delusione è vicina. Come Matt, Bear non riesce mai ad adattarsi fino in fondo alla nuova era, concludendo rovinosamente la sue esperienza nel commercio. Il ritorno al vecchio pontile ormai degradato, quello in cui era solito incontrare il trio di amici, rappresenta proprio la volontà di ritornare al passato ma, allo stesso tempo, anche l’incapacità di proiettarsi verso il futuro.

Uno stato che lo avvicina sensibilmente a Matt, eroe locale che però (anche per l’esperienza traumatica subita in Messico) decide di errare per anni lungo le spiagge della California. Forse alla ricerca di un’onda perfetta che, paradossalmente, non sembra in grado di cavalcare. Perché Matt viene assorbito nel circolo vizioso dell’alcol che costringe addirittura l’amico Jack ad allontanarlo dalla spiaggia. Anche se in fondo Matt Johnson non è un ragazzo completamente smarrito. Del resto, ha sempre difeso le sue scelte (il mancato arruolamento per recarsi in Vietnam) e ha comunque una fidanzata (Peggy Gordon) e una figlia. Tuttavia, nonostante tali aspetti, Matt rappresenta il carattere più “selvaggio” del gruppo, più ancora di Leroy “Spaccatutto” Smith, raffigurando con alcune sue gesta il senso più profondo del surf: una pratica sportiva (e uno stile di vita) fortemente legata a concetti quali libertà, coraggio, sinergia con la natura. Gli stessi che si ammirano nella sequenza dell’ultima mareggiata, Il Grande Mercoledì, in cui Matt surfa un’onda gigantesca. Ed è lì, esattamente in quella scena, che Matt riesce a ricostruire il passato ma contemporaneamente, riconoscendo la bravura del giovane Gerry Lopez, ad accettare l’apertura di un nuovo capitolo della propria vita. Allontanandosi dalle convinzioni di Bear e proiettandosi in quel futuro con la forza di una mareggiata diretta verso la sua amata California.

Note positive

  • La realizzazione di un cult senza tempo
  • L’interpretazione corale del cast
  • La regia di John Milius
  • La colonna sonora

Note negative

  • Nessuna da segnalare
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