Underground (1995): l’arte come verità o la verità come arte

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locandina di Underground

Undeground

Titolo originale: Underground

Anno: 1995

Paese: Jugoslavia, Bulgaria, Francia, Germania, Repubblica Ceca, Ungheria

Genere: Guerra, Commedia, Drammatico, Fantastico

Produzione: Ciby 2000

Distribuzione: Cecchi Gori Group

Durata: 170 min.

Regia: Emir Kusturica

Sceneggiatura: Dušan Kovačević, Emir Kusturica

Fotografia: Vilko Filač

Montaggio: Branka Čeperac

Musiche: Goran Bregović

Attori: Miki Manojlović, Lazar Ristovski, Mirjana Joković, Slavko Štimac, Davor Dujmovic, Ernest Stoetzner, Mirjana Karanović, Milena Pavlović, Srđan Todorović

Trailer del film Underground (1995)

Underground è una delle pellicole più acclamate e complesse del regista bosniaco naturalizzato serbo Emir Kusturica, tanto da valergli la seconda Palma D’Oro in carriera. Il film presenta una trama piuttosto lunga e articolata, farcita di un altrettanto lunga serie di personaggi, sulla quale troneggiano i due protagonisti: Marko e Petar, detto Il Nero. Kusturica romanza trent’anni della storia della Jugoslavia, dalla seconda guerra mondiale fino agli anni settanta circa del Novecento: è un film che vuole raccontare una vicenda rocambolesca sullo sfondo della tormentata storia politica di questo Stato. Per fare questo, il regista si avvale di un’estetica zingaresca, barocca, all’insegna della follia e della sragione. Un film energico e dinamico che offre una visione del mondo sregolata, adatta a raccontare un periodo di dismisura e confusione per la Jugoslavia.

Trama di Underground

Nel 1941, dopo il primo bombardamento aereo tedesco a Belgrado, Marko e Petar Il Nero convincono il loro clan a rifugiarsi in un bunker sotterraneo per la fabbricazione illegale di armi. Grazie a questo espediente comincia l’ascesa politica di Marko, alle spalle del compagno Petar: questo provocherà forti attriti tra i due, sullo sfondo della vicenda storica della Jugoslavia.

Recensione di Undeground

Come anticipato prima, la trama si articola intorno ai due protagonisti Marko e Petar, con la forte presenza di Natalija, la donna da cui comincia la rivalità tra i due personaggi. La rivalità sarà il pretesto da cui si dispiega l’intera pellicola: Marko rinchiude in un rifugio sotterraneo il compagno Petar con molti altri simpatizzanti della resistenza anti – nazista. Qui si dischiude l’arte di Kusturica, dove comprendiamo le finalità del regista e le sue inquietudini. La domanda che ci offre e su cui si interroga il film è: che cos’è la libertà?

Kusturica decide d’infastidire la nostra solita concezione della libertà andando a toccare proprio il tema della resistenza bellica: se da una parte resistere è un diritto del cittadino, che garantisce la sua libertà, allo stesso tempo la sua condizione vigilata non può essere reputata libera. Così il cineasta amplifica il tema intessendo una trama che gira intorno a una reclusione che guarda alla vita libera: la prigionia come libertà. Il Nero è cosciente di essere tenuto prigioniero insieme ai suoi compagni, ma è favorevole a questo trattamento, conosce (o almeno crede) le finalità di Marko, divenuto ormai il suo secondino. Vediamo così un forte abuso dei diritti umani, che però vanno verso il raggiungimento di questi ultimi; le vittime conoscono le condizioni e le motivazioni della loro reclusione, vogliono essere tenuti reclusi per garantire la propria libertà.

Questa situazione surreale ricorda dettagliatamente la famigerata caverna platonica: l’essere umano prigioniero che crede di essere libero, che crede di conoscere la verità, che sa di sapere. Un prigioniero che non vede la realtà, ma una realtà: vede le ombre di una realtà decisa dal carceriere, ossia Marko. Vediamo così la piena catarsi del soggetto nella prigionia che si risolve in una profonda incoscienza di se stessi, ma che non viene contestata perché pone come fondamento la distorsione della realtà a vantaggio dei secondini.

Fra i tanti elementi omologhi, però, Kusturica rende ancora più complesso l’esperimento di Platone: il regista costruisce una caverna dove i prigionieri conoscono la loro condizione, conoscono la realtà esterna. Così sottopone un quesito più grande, ossia: cos’è la verità?

La verità viene squarciata, non ne esiste più una sola, ma molteplici. Nella trama si dispiegano due piani di verità principali: quello sotto – terra e quello sopra – terra. Con grande arte retorica Kusturica riesce a farci comprendere cosa significa la coesistenza di più verità, seppure una dipenda dall’altra: la forza dell’abitudine riesce a far cedere la certezza del soggetto, che una volta prigioniero deve adattarsi e deve credere a quella realtà, a quella verità.

Per quanto riguarda la caverna platonica, il tema della verità spicca, innumerevoli studiosi ne hanno discusso e continuano tutt’ora a discuterne, ma l’argomentazione su tale tema che più si confà a Underground è quella mossa dal filosofo Martin Heidegger. Egli prende la parola greca di verità, aletheia, e la scompone creando una paretimologia che dà una visione della verità ripresa a pieno titolo dal regista serbo: Heidegger spiega come per i Greci la verità fosse ciò che non è nascosto, ciò che è manifesto, ciò che vediamo e proviamo. Sebbene nel campo platonico la sua argomentazione verrà poi smentita e superata, tuttavia nel film calza a pennello; Kusturica ci mostra come si crea la molteplicità di una verità che è pura manifestazione. I due piani sono dovuti all’esperienza relativa: chi sta sotto – terra vive una verità e crede in essa, chi sta sopra – terra vive e crede in un’altra. Nel film poi questo tema sarà portato ai massimi estremi, disvelando l’enorme portata di questi argomenti. Il regista decide di dare forma a questi gradi di verità all’interno di qualcosa che ci è particolarmente vicino: l’arte.

Verso la conclusione della pellicola, Petar riesce a fuggire dalla sua prigionia, trovandosi nel bel mezzo di un set cinematografico che vuole ricreare le sue stesse gesta belliche. Il Nero però non sa che la guerra è finita da molto tempo e quindi fa una strage d’innocenti che non incarnavano gli ideali nazisti, ma semplicemente li volevano ricreare per fini artistici. Allora il grado di verità sotterranea si sovrappone a quello della mimesi artistica. Da Platone in poi, la realtà empirica e l’arte hanno sempre avuto due verità differenti, una dipendente dall’altra, ma in Underground l’arte diventa realtà e la realtà diventa arte. Le due verità coincidono smagliando la trama lineare e unitaria della nostra normale concezione: qui sembra quasi che Kusturica voglia passare da Platone a Nietzsche. Per il filosofo tedesco l’arte era propedeutica; l’illusione artistica era benefica per l’essere umano, andando in direzione contraria al filosofo greco per cui la mimesi era negativa perché grado di verità più distante dalla realtà delle Idee. Così il regista ci pone una domanda che va a culminare tutta la carica artistica della pellicola: l’arte è davvero una verità “meno vera” della realtà immanente?

La risposta offerta dal film è enigmatica: da una parte la “verità non vera” dell’arte porta a un massacro ingiustificato e immorale; dall’altra porta Petar alla coscienza della realtà, in una propedeutica necessaria per non far scontrare improvvisamente il personaggio con la verità sopra – terra. Così Kusturica rappresenta l’immortale paradosso dell’arte, e la sua risposta definitiva la troviamo non tanto nella pellicola quanto nella produzione di questa: il regista si chiede se l’arte sia salvifica o meno e cerca la risposta in questa stessa, attraverso uno spiccato citazionismo (da Fellini a Vigo). Attraverso una prospettiva prettamente soggettiva, si può dire che la risposta sia l’arte, che Kusturica abbia risolto la domanda già solo nel desiderio di girare il film: l’illusione catartica è quindi fondamentale, il secondo grado di verità è ciò che più ci avvicina alla realtà e alla comprensione di noi stessi. Kusturica vaglia tutte le possibilità e passando per Platone finisce per abbracciare Nietzsche.

Underground si conferma così come un capolavoro, la cui genialità risiede anche nell’offrire domande e risposte prettamente estetiche, tutt’altro che logiche, delineando i limiti e le caratteristiche di riflessioni profonde che non possono essere chiuse con semplici parole.

Note positive

  • Tematiche
  • Gestione del cast
  • Regia
  • Attori principali
  • Costumi
  • Colonna sonora

Note negative

  • Trama diluita nel tempo
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