Angeli Perduti (1995): l’incomunicabilità dell’essere

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Angeli Perduti Locandina

Angeli Perduti

Titolo originale: 堕落天使, Duòluò tiānshǐ

Anno: 1995

Paese: Hong Kong

Genere: Drammatico

Casa di produzione: CHAN YE-CHENG – JET TONE PROD.

Distribuzione: Columbia Tristar Film Italia

Durata: 93 min

Regia: Wong Kar-Wai

Sceneggiatura: Wong Kar-Wai

Fotografia: Christopher Doyle

Montaggio: William Chang, Wong Ming-Lam

Musiche: Roel A. Garcìa, Frankie Chan

Attori: Leon Lai, Karen Mok, Charlie Young, Takeshi Kaneshiro, Kwan Lee Na, Chen Man Lei, Wu Yur Ho, Chan Fai-Hung, Kong To Hoi, Toru Saito, Michelle Reis

Trailer italiano del film Angeli Perduti

Cineasta molto più apprezzato all’estero che in terra natìa, dove resta tutt’oggi un unicum, Wong Kar-wai è un regista cinese che si è imposto sulla scena internazionale prima con la pellicola Hong Kong Express (1994) e poi con la partecipazione a festival internazionali: la 50° edizione del Festival di Cannes, dove venne insignito del premio per la miglior regia per la pellicola Happy Together (1997), ad esempio. Negli ultimi anni le sue opere sono state al centro di un rinnovato interesse che ha condotto a opere di restaurazione in 4K e poi ridistribuzione.

Angeli Perduti è un film drammatico che nasce dal materiale che inizialmente doveva confluire nella pellicola Hong Kong Express, di cui doveva costituire un terzo capitolo e che, per volontà del regista, ha qui trovato una autonoma identità. Nonostante quella che è una separazione a tutti gli effetti, non si può non notare che molte delle innovazioni stilistiche raggiunte in Hong Kong Express, così come i temi toccati, siano semplicemente confluite in Angeli Perduti, facendo perdere alla pellicola di una dialettica personale ma non certo di bellezza. Si conferma Christopher Doyle come direttore della fotografia, vero e proprio complice artistico del regista, che lo affianca nella quasi totalità delle sue opere.

Trama Angeli Perduti

In una città brulicante, viva e sensuale com’è la Hong Kong contemporanea, due vite vengono condotte su binari paralleli: affiancate, ma mai comunicanti. Quella di un killer professionista che decide di tagliare i ponti con il suo passato lavorativo e la sua socia, con la quale condivide una struggente liaison sentimentale fatta di attimi sublimati. E quella di Ho, un ragazzo muto che vaga per la città, riuscendo a tirare avanti occupando negozi chiusi nell’orario notturno. Infatuato di Charlie, una ragazza instabile alla ricerca di un supporto emotivo, le resterà accanto nei suoi momenti di sconforto.

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Angeli Perduti (1995)

Recensione Angeli Perduti

Il cinema di Wong Kar-wai si staglia fra i contemporanei per il grande sperimentalismo e la minuzia di dettagli che rendono il suo tratto da un lato facilmente riconoscibile e dall’altro impossibile da dimenticare. Il suo carisma cinematografico trova la sua essenza in una poetica autoriale fatta di temi ricorrenti quali l’incomunicabilità, il fluire del tempo e il desiderio di un qualcosa che resta sempre irraggiungibile, intrappolando i suoi protagonisti in un continuo anelito di vita disatteso. Spesso a essere bramato è un amore passato, una sensazione perduta nel tempo che si rivive nella memoria, temi questi che avranno una più attenta trattazione in pellicole successive come in 2046 (2004). In questa trappola vitale la macchina da presa è inquieta, ci conduce in una quotidianità distorta che, più che essere meramente realista, vuole restituire allo spettatore una realtà emotiva. E’ qui che i colori si alternano, le prospettive mutano, vengono impiegati grandangoli ed espedienti di montaggio fra cui lo step printing, tecnica che si basa sulla duplicazione di un frame.

Nel dettaglio, quando applicata a una sequenza di fotogrammi, la duplicazione di più frames allunga il tempo di esecuzione dando una sensazione simile a quella resa con lo slow motion e tradizionalmente ottenuta con l’impiego di una stampante ottica. La sequenza restituita allo spettatore è confusa e al tempo stesso lasciva, ed è forse questo che restituisce grandezza al suo cinema: il non confinare mai lo sperimentalismo a un mero esercizio stilistico.

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Angeli Perduti: Scena del film


I personaggi sono prigionieri del loro mondo interiore e non riescono a comunicare i drammi e pensieri che li attanagliano al mondo che li circonda. I dialoghi si fanno infatti inesistenti e quel poco che scopriamo su di loro ci viene reso grazie all’impiego del voice over, strumento inviso a molti ma che è qui lontano dall’essere impiegato in modo didascalico. Questa scelta acutizza la percezione di personaggi irrimediabilmente romantici e tragici che ben riescono lasciare un solco nella memoria. Da sfondo la città di Hong Kong che diviene essa stessa una protagonista eclettica e ingombrante. Mostrata nelle sue ore notturne è una città che non si ferma mai, un caleidoscopio di colori neon che ben sposa l’estetica postmoderna dell’opera. Per concludere, sicuramente Angeli Perduti non è l’opera più compiuta del regista cinese ma è una declinazione coerente e affascinante della sua poetica visiva, che vale la pena recuperare.

Note positive

  • Accentuato sperimentalismo
  • Componente visiva
  • Coerenza poetica

Note negative

  • Opera fortemente dipendente da un punto di vista stilistico da Hong Kong Express
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