Conversazioni private (1996): la dicotomia tra terreno e sacro.

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Conversazioni Private

Titolo originale: Enskilda samtal

Anno: 1996

Paese: Svezia

Genere: Drammatico

Distribuzione: Mikado Film

Durata: 135 min

Regia: Liv Ullmann

Sceneggiatura: Ingmar Bergman

Fotografia: Sven Nykvist

Montaggio: Michael Leszczylowski

Musiche: Dmitri Shostakovich

Attori: Pernilla August, Max von Sydow, Samuel Fröler, Anita Björk, Thomas Hanzon, Vibeke Falk, Kristina Adolphson, Gunnel Fred, Hans Alfredson, Bengt Schött

Conversazioni Private è un film del 1996 diretto dall’attrice e sceneggiatrice norvegese Liv Ullman. La sceneggiatura è di Bergman, e il film è stato presentato nella sezione Un Certain Regarde al 50 Festival di Cannes. L’ opera è suddivisa in cinque parti, anche se la versione italiana è stata epurata della terza.

Trama di Conversazioni Private

Il racconto si spalma su un decennio in cui viene raccontata la vita dei genitori di Bergman. La protagonista è Anna che intraprende una relazione extraconiugale con Tomas, uno studente di teologia. In seguito si confessa con il pastore Jacob, raccontandogli di questo e della freddezza dei suoi rapporti con il marito. Jacob le consiglia di rompere con Tomas, e chiarirsi con il marito, al fine di ritrovare la pace. A questo evento segue una profonda e drammatica conversazione tra coniugi.

Conversazioni private (1996): la dicotomia tra terreno e sacro.
Fotogramma di Conversazioni Private

Recensione di Conversazioni Private

L’opera è un vero e proprio dramma da camera girato dalla Ullmann in modo asciutto e rigoroso. La struttura si articola in conversazioni private, perché queste sostituiscono la confessione nella religione luterana. Il nodo cruciale è sicuramente il travaglio interiore di Anna: la sua infelicità, i dubbi, il tradimento e infine la riappacificazione con se stessa. Nella sceneggiatura di Bergman resa magnificamente dalla Ullman, convergono tutte le grandi tematiche del suo pensiero: il rapporto con il trascendente, il senso di colpa, i suoi genitori e il passato che con forza tende a ripetersi. Liv Ullmann non tradisce lo script, ma riesce a non fare una semplice mimesi, ma a donare all’opera una certa autorialità. Il tutto è arricchito dalla sempre splendida fotografia di Stev Nykvist, collaboratore fidato di Bergman avendo lavorato con lui per molteplici pellicole come Una vampata d’amore, La vergogna o Passione.

La scansione dei vari segmenti riporta notevoli gap temporali, e questo ci riporta a un capolavoro di Bergman, lo splendido “Scene da un Matrimonio“, e del resto anche questa opera era stata pensata solo per la televisione, poi invece è diventato un lungometraggio, proprio come è avvenuto a Conversazioni Private. Un’altra similitudine si riscontra nel violentissimo confronto verbale tra Anna e il marito, dove finiscono per ferirsi emotivamente in maniera profonda e forse insanabile. Invece, nella conversazione tra Anna e Jacob, si delinea un altro dogma della poetica del Maestro, ovvero il raffronto tra la sfera sacra, rappresentata dall’Assoluto, e quella psicologica che si incarna nella debolezza umana.

Riscontriamo dunque due differenti dimensioni: una umana, dove ognuno di noi cerca disperatamente il proprio angolo di felicità, incurante del dolore altrui; e una spirituale dove tutti noi dovremo rendere conto alla nostra coscienza. Gli esseri umani passano la vita a ferirsi a vicenda, per poi auto assolversi e ritrovarsi soli. Solo l’etica e la morale possono limare l’edonismo umano e avvicinarlo al trascendente. Infatti, Anna per trovare la pace deve confessare tutto e sacrificare la sua felicità. Il vero amore è dimostrabile solo tramite il sacrificio e i gesti concreti, altrimenti è solo un sentimento effimero e fatuo.

In “Conversazioni private” la Ullmann utilizza una regia meticolosa, e ci regala un’opera d’impatto anche se molto asciutta, avvalendosi dell’alternanza del campo/controcampo e degli interni/esterni. A differenza delle opere di Bergman, qui è molto ridotta l’eccessiva verbosità a favore dell’esplosione emozionale. Invece dove si vede l’influsso bergmaniano è sicuramente nella scelta cromatica, infatti in ogni segmento prevalgono determinati colori, volti a sottolineare gli stati d’animo. Basti pensare al rosso dell’abito durante l’incontro tra Anna e Tomas. Sicuramente in “Conversazioni Private” la Ullmann prosegue il discorso di Bergman (anche in virtù del loro rapporto personale), dimostrando di avere appreso bene la lezione, e così soffermandosi senza alcuna banalità sulla questione spigolosa del rapporto con il sacro e dei limiti della coscienza umana.

In conclusione

Note positive

  • Grande interpretazione attoriale,
  • Dialoghi meravigliosi

Note negative

  • Una influenza molto imponente dello stile di Bergman,Regia asciuttissima,che rende il film non facilmente fruibile.
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