Dichiarazioni di Hlynur Pálmason su Winter Brothers – Una storia di mancanza d’amore (2017)

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La storia di due fratelli in un’odissea visiva e sonora ambientata tra i lavoratori di una cava di gesso durante un freddo inverno: il minore, Emil, combatte la noia del lavoro in miniera vendendo alcol adulterato ai colleghi, finché uno di questi muore. “Una storia di mancanza d’amore”, messa in scena con il maestoso talento visivo del geniale autore di A WHITE WHITE DAY – SEGRETI NELLA NEBBIA e GODLAND.

Puoi dirci di più sulla location in cui è stato girato il film?

Il film è stato girato nei pressi di una fabbrica di calcare e in una piccola città chiamata Faxe in Danimarca. Tutto è stato girato in un’area di 2 km2. Questo ha reso la troupe molto flessibile e siamo stati in grado di avere un accesso totale ai luoghi reali 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Questo è stato molto importante per noi per poter filmare ogni scena con il clima e l’atmosfera appropriati. La gente del posto e gli operai della fabbrica sono stati di grande supporto durante l’intero processo di realizzazione del film e hanno collaborato sul set come attori.

Hai un background come artista visivo. Questo ha influenzato il film in qualche modo?

Mi vedo fondamentalmente come un artista che lavora con materiali audio e video. Nel processo creativo scopro se quello su cui sto lavorando è una serie di fotogrammi. Penso che alcuni progetti tendano a trasformarsi in una narrazione più ampia e lentamente nel processo iniziano a parlarsi, a muoversi e ad assumere una forma cinematografica. Mi piace lavorare in parallelo con diversi progetti e materiali. Il più delle volte questi progetti si alimentano a vicenda in modo abbastanza organico e si spingono oltre i propri limiti

Il lavoro con la macchina da presa è molto forte nel film. Nel processo di scrittura avevi prima queste immagini in testa e poi hai scritto le scene, oppure viceversa?

Per me il cinema è ascoltare e vedere. Quando mi tuffo nel processo comincio lentamente a vedere immagini e sentire suoni. Scrivo e sviluppo le mie sceneggiature quando sono nelle location, quindi tutto è scritto per uno spazio specifico. Sono molto interessato allo spazio interno di un film e penso davvero che sia qualcosa che deve essere curato e nutrito durante l’intero processo di realizzazione di un film. Vedo il processo come molto fragile e misterioso, quindi fondamentalmente nel processo in cui si scava sempre più a fondo nel materiale, nella sceneggiatura, nei personaggi, nel luogo, ecc… cerco di lasciare che le cose semplicemente accadano. Penso che sia un processo lineare; emozione e visione emergono allo stesso tempo. In questo senso, tutto è ugualmente importante, il dialogo lo è quanto l’immagine e l’emozione quanto la narrazione.

Il film ha un sound design molto speciale e particolare. Come sei riuscito a costruirlo? Dove hai preso l’ispirazione?

Sono molto interessato al suono e lo considero già nelle prime fasi della scrittura. Penso che il suono giochi un ruolo importante nel modo in cui viviamo il film ed è un filo narrativo in sé. Non è solo lì per supportare o far funzionare una scena o per farla sembrare realistica. Ricordo di essere stato consapevole di non volere che il suono e l’immagine andassero esattamente di pari passo. In un certo modo sembra che il suono sia la parte interiore del film e l’immagine il suo esterno.

Risiedi tra Danimarca e Islanda. In che modo queste due culture e prospettive influenzano il tuo lavoro?

In un certo senso, appartengo a due paesi diversi e penso che entrambi influenzino il mio lavoro. Se mi divido in passato, presente e futuro, allora il mio passato è profondamente radicato in Islanda. Lo vedo chiaramente nel mio lavoro precedente e attuale, usando il pesce fresco come materiale scultoreo o l’uso ripetitivo della forma o dell’immagine di una barca e seguendo il processo di un cavallo in decomposizione. Tutte queste cose esplorano qualcosa che si connette molto fortemente con le mie radici e hanno svolto un ruolo importante nel plasmare l’Islanda negli ultimi cento anni. Il qui e ora è probabilmente influenzato dalla Danimarca e dalle persone intorno a me, ma anche dal mio desiderio di casa. Il future è ignoto, ma è una parte importante di ciò che mi influenza in sogni e visioni. Penso di essere combattuto tra i due paesi, li amo e odio entrambi e mi piace essere in grado di bilanciare me stesso e il mio lavoro collaborando e lavorando con entrambi.

Da dove è nata l’idea di inserire dei filmati VHS nel film?

Penso di essere stato davvero affascinato da questi video tutorial dell’esercito, che erano pieni di umorismo e realizzati con un tocco incredibile per i dettagli. È partito dall’idea di un tutorial di fabbrica in cui si imparava a usare una pala, che in seguito si è evoluto in un video tutorial sul fucile dell’esercito M1. Penso che abbia qualcosa a che fare con il lato più ingenuo e naif del film e ho sentito davvero che era importante giocarci.

Fotogramma di Winter Brothers - Una storia di mancanza d'amore (2017)
Fotogramma di Winter Brothers – Una storia di mancanza d’amore (2017)

Chi è Emil per te e cosa vorresti che gli spettatori capissero di lui?

Con Emil, sto esplorando la mancanza di amore o il desiderio e il bisogno di essere desiderati e amati. Volevo rappresentare tutto questo in Emil, con un linguaggio cinematografico. Emil ha un disperato bisogno di aggrapparsi a qualcuno o qualcosa, ma allo stesso tempo è alieno rispetto a chiunque. Ho provato a spogliarlo di tutto tranne che dei suoi istinti di base. Forse è per questo che soffre così tanto. È “l’idiot savant” e forse un po’ fuori dal proprio tempo.

Il film ha un cast straordinario. Puoi dire qualcosa in più sul processo di casting?

Il casting è iniziato parallelamente al processo di scrittura e sono stato abbastanza fortunato da poter lavorare con chi avevo già in mente e ne sono molto grato. La mia direttrice del casting Rie Hedegaard è stata importantissima in questa fase. Vive assorbita nel tessuto attoriale danese, e questo mi ha aiutato tantissimo. Penso di cercare cose molto diverse in ogni personaggio. Con alcuni cerco solo una presenza fisica, penso entreranno nel ruolo. Altri hanno funzioni più tecniche e devono avere l’abilità di affrontare scene lunghe con dialoghi difficili o rivestire una sorta di autorità quando sono in scena. Ma soprattutto si tratta di trovare insieme una sorta di umanità del personaggio, con il desiderio e la necessità di lavorare e collaborare con l’attore all’interno del mondo del film. È un processo intuitivo in cui seguo solo ciò che mi sembra giusto, senza razionalità o logica. Ho trovato il mio protagonista Emil, interpretato da Elliott Crosset Hove, prima di scrivere la sceneggiatura e abbiamo fatto ogni sorta di cose durante il processo di sviluppo e scrittura. Abbiamo realizzato sessioni di fotografia, costruito dialoghi, scene, interviste e visitato la location ed Elliott ha anche lavorato ad una imitazione di Lou Reed con la canzone preferita del nostro protagonista, “Street Hassle”.

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