E Venne il Giorno (2008): un thriller sottostimato da rispolverare con imparzialità.  

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E Venne il Giorno (2008) – Trailer Italiano

Non stupisce che financo i meno avvezzi al terrore abbiano impressi nella mente dialoghi e sequenze proprie di film di M. Night. Più di ogni altro forse, il regista indo americano, ha edificato l’immaginario del genere negli ultimi venticinque anni; complici le parodie dell’orrore certo, ma altrettanto l’approccio al lavoro Pop e l’atteggiamento imperialista che ha dimostrato. La forma è asservita al contenuto, il nostro intercetta la tendenza senza condannarla, dal superomismo al catastrofismo, non c’è condizione in cui Shyamalan non sappia comunque imporsi sul racconto; senz’altro ha saputo essere, in certi frangenti, un vero terrorista di generi, direbbe Fulci. Il progetto in esame non fa eccezione, scritto, prodotto e diretto dallo stesso, attrae esibendo un sex appeal da Disaster Movie ma poi accompagna altrove, non sempre dove si vorrebbe.  

Trama di E Venne il Giorno

In seguito ad una sequela di inspiegabili suicidi commessi a Central Park, viene diramata, nella nevrosi di massa, un’allerta terrorismo; il presentimento di un’arma batteriologica spinge i cittadini del nord-est degli Stati Uniti ad abbandonare i centri urbani. Un insegnate di Scienze (Wahlberg), in compagnia della moglie (Zooey Deschanel) e della giovane figlia (Ashlyn Sanchez), si imbarca frettolosamente su un treno convinto di poter trovare rifugio altrove; compresa però la natura del patogeno, sarà costretto ad improvvisare un piano alternativo.   

La famiglia Moore in fuga – E Venne il Giorno (2008)

Recensione di E Venne il Giorno

Sebbene, elogiando Shyamalan, non sia propriamente il titolo cui si farebbe richiamo, questo E venne il giorno, eclissato da pellicole di straordinaria fattura, non merita di svanire nel tempo, anzi di essere riassaporato in forza di inediti punti di vista. Più di The Village, per certi versi, questo lungometraggio rimanda l’atmosfera di un’America post attentano, non con la stessa audacia né grado di coinvolgimento, sia chiaro, ma con associazioni più immediate e meno simboliche che lo rendono particolarmente fruibile ed incisivo. Persiste il sentore di un pericolo esterno e se in The Village questo si esprimeva metaforicamente attraverso il bosco come dimora del malvagio, qui si concretizza materialmente nell’albero, ora vero antagonista.

M. Night compie un passo in avanti mettendo in scena esseri umani fisicamente artefici della propria dipartita; questa neurotossina, questo killer silenzioso, agisce alla stregua della paura, scatena il panico, l’isteria, induce alla regressione fomentando sentimenti primitivi e stimolando l’auto sabotaggio. La paura, il patogeno invisibile che induce alla diffidenza, che promuove il nazionalismo, che anima l’individualismo e scoraggia l’incontro. L’autore racconta l’America attraverso i personaggi, in fuga dalle folle, in cerca di isolamento e costantemente sul punto di uccidersi; il cospirazionismo è parte del percorso di auto assolvimento. Nonostante giochi sull’apocalittico, complice la presenza di Wahlberg, il film non cede mai al catastrofismo vero e proprio anzi narra un episodio circoscritto, mantenendo comunque alto il ritmo per l’intera sua durata.

Shyamalan padroneggia i movimenti di macchina, crea dinamismo laddove tutto rallenta e dona corpo ad un batterio, come in uno Slasher questo incalza, insegue, scova e trafigge. L’atmosfera è estraniante, disorientante, il nostro affianca al Road Movie classico un gusto grottesco, quasi Raiminiano, con anziane indemoniate e strepitanti. Qui la messa in scena è propria di uno Shyamalan ormai pienamente realizzato, espressivamente libero, che costruisce inquadrature talmente brutali nella loro limpidezza da indisporre chi attendeva un PopCorn Movie Hollywoodiano. Tra impiccagioni e colpi esplosi alla tempia, le riprese che catturano i suicidi sono in gran parte folgoranti, benché non sempre indovinati; il piano sequenza con cui filma l’incidente d’auto è disarmante, ricorda una grandissima scena di Children of Men di Alfonso Cuaron.

La regia è persino intimista per un prodotto del genere, dominano primi e primissimi piani, di rado la figura umana perde di centralità, financo nell’inquadratura soffoca l’ambiente; l’impostazione tecnica acutizza l’idea di un mondo serrato, la profondità di campo è limitata, restituisce simbolicamente l’impossibilità di estendere lo sguardo. Tra soggettive, semi soggettive e false camere a mano M. Night conferma ancora di saper rendere energico e tensivo qualsiasi scenario, dimostrandosi anche a prova di sceneggiatura.

Il Professor Elliot Moore con l’amico Julian – E Venne il Giorno (2008)

Abile a consacrare artisti (WillisPhoenix), inaspettatamente il giovane cineasta fallisce nella direzione degli attori, qui globalmente sottotono; la coppia WahlbergDeschanel non convince affatto, animati dalla stessa passione di due Nibbi Reali, le loro interazioni entusiasmano quanto un versamento all’ufficio delle imposte. Fuori ruolo, sgradevoli e dalla battuta artificiosa, disinnescano l’amarezza dei minuti angosciosi e sviliscono il senso della calamità.

Conclusioni

Ancor prima di Thanos, Shyamalan decimava gli abitanti della terra, presagendo una prospettiva provocatoria e sperimentale; superiore ed autosufficiente, l’ambiente provvede a tutelarsi spontaneamente, senza l’ausilio di antropiche tecnologie visionarie. Quest’insolito sottotesto impreziosisce un’opera brillantemente diretta ed adeguatamente sceneggiata, impoverita però da personaggi deboli e dissuadenti e da micro-trame inconsistenti. Per giunta non tutte le morti inscenate risultano taglienti ed efficaci, una diminuzione nel numero ne avrebbe accresciuto la forza e l’autenticità consentendo magari di esagerare nella ferocia. L’impatto delle storture viene tuttavia addolcito da un epilogo eccellente.  

Note positive

  • Regia
  • Sceneggiatura
  • Ritmo
  • Sottotesto

Note Negative

  • Scrittura dei Personaggi
  • Dialoghi
  • Interpretazioni
  • Taluni decessi vagamenti ridicoli
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