Good Omens (2019), Buona Apocalisse a tutti!

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Good Omens

Anno: 2019

Paese di produzione: Regno Unito, Stati Uniti d’America

Genere: fantastico, commedia

Formato: miniserie tv

Puntate: 6

Produzione e Distribuzione: Amazon Prime Video

Soggetto: Neil Gaiman, Terry Pratchett

Sceneggiatura: Neil Gaiman

Regia: Douglas Mackinnon

Attori: Michael Sheen, David Tennant, Frances McDormand, Daniel Mays, Sian Brooke, Ned Dennehy, Anna Maxwell Martin, Nina Sosanya, Sam Taylor Buck, Adria Arjona, Miranda Richardson, Michael McKean, Jack Whitehall, Jon Hamm, Amma Ris, Mark Gatiss, Ilan Galkoff, Alfie Taylor, Benedict Cumberbatch.

Trailer di Good Omens

Nel 2021 la miniserie Amazon Prime Good Omens è stata rinnovata per una seconda stagione.

Trama di “Good Omens”

Fin dalla creazione dell’uomo l’angelo Aziraphale e il demone Crowley convivono pacificamente nonostante la loro differente natura. Nel 2019 verranno chiamati a risolvere un disastro commesso 11 anni prima: l’Apocalisse è alle porte e i due protagonisti non sanno chi sia il piccolo Anticristo che darà inizio all’Armageddon.

Tratto dal romanzo Good Omens – Le Belle e Accurate Profezie di Agnes Nutter, Strega (1990) scritto da Neil Gaiman e Terry Pratchett.

Recensione di “Good Omens”

Ho letteralmente divorato questa miniserie in una giornata e mi è piaciuta talmente tanto che ho deciso di leggere il romanzo (e ho divorato pure quello). “Good Omens” è una piccola opera che secondo me funziona al massimo anche con i non amanti del genere fantasy (come me), perché non è mai banale. È vero, abbiamo l’happy ending, ma non è stucchevole o eccessivamente strappalacrime come spesso accade in molte serie/film/libri di questo tipo. Inoltre non è limitato per quanto riguarda gli argomenti, perché affronta tematiche molto delicate e lo fa con una reale profondità, in grado di coinvolgere anche i più grandi. Peccato che in Italia se ne sia parlato poco.

Aziraphale (Michael Sheen) e Crowley (David Tennant) nell’ultimo episodio

ATTENZIONE!
L'analisi potrebbe contenere SPOILER!

Le ‘regole’ del fantasy

Ora, cosa c’è di meglio di prendere degli stereotipi e riutilizzarli talmente bene da farli sembrare interessanti? Per due autori come Gaiman e Pratchett in questa storia, probabilmente niente. Il fantasy è uno dei generi letterari più antichi, l’uomo ha sempre avuto bisogno di un universo fantastico da far scorrere accanto a quello reale. Negli ultimi anni la produzione è sicuramente cresciuta, ma poche opere riescono veramente a passare alla storia. Il rischio (non solo nel fantasy) è sempre quello di sembrare banale, dato che spesso ci si deve piegare a qualche piccolo stereotipo, per forza di cose. “Good Omens” è tutto uno stereotipo: Adam è il bambino predestinato che non sa di esserlo, Aziraphale e Crowley le due entità soprannaturali che equilibrano la storia, c’è la tipica lotta fra il bene e il male e qualche personaggio di contorno funzionale alla trama. Abbiamo persino l’happy ending e muoiono solo i cattivi. Il punto è, perché nonostante la ‘banalità’ “Good Omens” non è noioso? In primis per il tipo di narrazione: i fatti vengono progressivamente raccontati dalla voce fuori campo di Frances McDormand (Dio), ci sono delle prolessi e delle analessi, e sopratutto la sceneggiatura di Neil Gaiman è molto scorrevole. Gli elementi classici sono stati quindi sfruttati in modo intelligente, facendo risultare la serie molto citazionista, grazie anche all’equilibrio fra tradizione fantasy e Bibbia.

Questa serie prende molto in giro il genere anche a livello registico. Spesso vediamo movimenti di macchina complessi e molto interessanti, panoramiche e piccoli piani sequenza… e poi c’è una delle scene che riguardano Newt in cui, proprio la camera che si avvicina alla stanzetta del bambino, sbatte all’improvviso contro il vetro della finestra. È un piccolo campanello che ci ricorda che tutto ciò che stiamo vedendo è finzione, è fantasia.

Crowley e Aziraphale nel primo episodio

I personaggi e il tempo

I personaggi di Good Omens sono abbastanza diversi tra loro, eppure sono stati studiati al millimetro e creati con sapienza anche a seconda dello spazio e del tempo della storia. La miniserie è infatti ambientata nel 2019, in piena Era di Internet, eppure al secondo episodio ci viene presentato Newton Pulsifer che, oltre ad avere un nome fortemente in contrasto con la sua personalità, è totalmente incapace di utilizzare un computer, o un qualsiasi altro supporto elettronico. Ma Newton non è il solo a non servirsi della modernità: Anatema ci viene infatti mostrata più volte durante le sue ricerche nel bosco di Thornfield e possiamo notare che tutti gli oggetti che utilizza (pendolo, orologio, telescopio…) sono visibilmente molto antichi, a parte un piccolo tablet che compare solo in una scena. Anche lei è quindi poco avvezza alla tecnologia moderna. Soffermiamoci allora anche sul terzo episodio, in cui possiamo assistere alla brevissima telefonata fra Aziraphale e il padre di Adam: possiedono entrambi due modelli di telefono che nel 2019 vengono considerati totalmente obsoleti e che, probabilmente, non potrebbero nemmeno funzionare. Persino Crowley si mette in contatto con l’angelo grazie a un cellulare non propriamente di ultima generazione.

Anatema Device (Adria Arjona)

Ma non è solo la forte collisione con la nostra tecnologia a sottolineare questo aspetto: il sergente Shadwell è fermamente convinto di essere un cacciatore di streghe, figura praticamente scomparsa già dal seicento (e il secondo episodio ce lo dimostra). Non è un semplice pensiero di vecchiaia, ma al contrario è qualcosa di cui Shadwell è sempre stato convinto. Nessuno, Aziraphale e Crowley per primi, gli ha mai fatto notare la stranezza di questo suo pensiero; nemmeno Newton, che lo segue senza esitare, pur rendendosi conto della bizzarra situazione. Nemmeno Madame Tracy, alla quale Shadwell indirizza ogni giorno insulti di ogni tipo.

Insomma, possiamo notare un’armonia meravigliosa fra i personaggi, del vero rispetto che si donano l’un l’altro. Sappiamo però che all’interno di Good Omens il tempo è molto relativo, il che ha portato diverse persone a definire la storia ‘frammentaria e inconcludente’, definizioni dalle quali io però mi dissocio pienamente: la miniserie è un lungo viaggio nel tempo ed è giusto seguire con attenzione i vari salti che ci vengono presentati. Ricordiamo che alla fine Good Omens racconta gli avvenimenti di una sola settimana. È per questo che i personaggi sono veramente ‘fuori dal tempo’.

I Quattro Cavalieri e i Quelli

All’interno di “Good Omens” Adam e il suo gruppo di amici vengono definiti I Quelli. Sono quattro undicenni, ma Gaiman e Pratchett li contrappongono ai Quattro Cavalieri dell’Apocalisse. Ma perché?

Guerra e Pepper: War è il primo cavaliere che ci viene presentato. È una donna avvenente, vestita di rosso e Dio provvede fin da subito a dirci che dove passa lei, c’è conflitto. La guerra è infatti una possibilità di risoluzione alquanto attraente per, purtroppo, molti Paesi. Possiamo dunque dire che Guerra rappresenta il suo inizio e la sua fine, ovvero il sangue, ricordato appunto dai suoi abiti rossi. È inoltre importante specificare che la sua arma prediletta per l’Armageddon sia proprio la spada di fuoco di Aziraphale, quella che lui stesso donò ad Adamo dopo la cacciata dall’Eden. La spada si può interpretare come il libero arbitrio che, secondo la Bibbia, ci viene messo in mano fin dalla nascita, portandoci poi ad una scelta. A sconfiggere Guerra è Pepper, una dei Quelli, anche lei perennemente vestita di rosso e molto determinata. Dichiaratamente pacifista e femminista, Pepper è l’unica in grado di poter cancellare momentaneamente il primo cavaliere, proprio grazie ai suoi princìpi.

Carestia e Wensleydale: Carestia è il proprietario di una catena di fast food che produce letteralmente del non-cibo (velata protesta nei confronti di note catene di ristoranti). Egli infatti lavora a dei piatti costituiti di sola aria, oppure di sostanze non organiche mal identificate, che rendono il tutto assolutamente non commestibile. È quindi questo particolare a fare da perno fra la solita concezione antica di carestia e quella moderna: una carestia di cui nessuno di noi si rende conto, una carestia che alimentiamo con i nostri soldi. Una carestia che, quasi, ci piace. Ecco che entra in gioco Wensleydale, l’amico chiamato per cognome della situazione, apparentemente invisibile (è il componente dei Quelli che possiede meno battute e i suoi amici lo sfruttano un po’ come ‘cavia’ per i loro giochi) e perso dietro i libri e i discorsi degli adulti. Ma in realtà è un bambino consapevole, e solo con la consapevolezza si può sconfiggere qualcosa di mimetizzato, edulcorato, qualcosa di cui (appunto) non ci rendiamo conto: la carestia dei Paesi più sviluppati.

Inquinamento e Brian: Inquinamento riceve la sua corona di battaglia mentre si trova sulla riva di un fiume pieno di plastica. Secondo la Bibbia questo cavaliere sarebbe dovuto essere Pestilenza, ma Gaiman e Pratchett hanno preferito di nuovo modernizzare il tutto. Pollution è di basilare importanza per “Good Omens”, dato che spesso all’interno della storia si parla di riscaldamento globale, ecologia, animalismo, plastica e nucleare. Anatema è la prima a dare l’idea di cambiamento ai Quelli, e infatti sarà ancora uno di loro a battere il terzo cavaliere. Brian, sia nel romanzo che nella serie, ci viene presentato sempre disordinato e a volte persino sporco (vedi la scena del gelato). Si mette allora in campo anche il concetto di sporcizia: chi è realmente sporco fra Brian e l’Inquinamento? Ovviamente il secondo, Brian è ha solo la maglia sporca, non il cuore.

Morte e Adam: Morte è l’ultimo cavaliere. Per recapitare il messaggio per lui, il fattorino Leslie è morto. È di certo il più potente fra i quattro e li tiene uniti grazie al suo potere. È la stessa cosa che fondamentalmente fa Adam con i suoi amici (si dichiara apertamente molto attento al fine di non fare mai annoiare Pepper, Brian e Wensleydale), ma la leadership di Morte è completamente diversa. Persino quando il lato oscuro di Adam prenderà il sopravvento senza che lui possa fare qualcosa per fermarlo, il ragazzino si dimostrerà di base non cattivo: illustrerà infatti un piano per poter regalare agli altri Quelli il resto del mondo per poterli far giocare per sempre. È l’Anticristo che non riesce ad esserlo, perché non lo è mai stato, nessuno è predestinato. Il Piano Ineffabile di cui tanto si parla in Paradiso, dice che il mondo è iniziato e deve finire con un Adam, ma l’undicenne non vuole far parte di questo piano. Non sconfigge Morte, ma ferma l’Armageddon.

Aziraphale e Crowley: perché entrambi funzionano

Ultimi ma non meno importanti, i protagonisti Aziraphale e Crowley. Nel libro, le parti che li riguardano non sono molte, ma Gaiman ha voluto recuperare nell’arco di questa serie, riscrivendo e approfondendo certe scene e dialoghi. È stata sicuramente un’ottima mossa, che ci ha dato la possibilità di comprendere meglio i due personaggi.

Fin dal loro primo incontro nell’Eden si comprende che entrambi non sono completamente rappresentativi delle proprie categorie: Crowley è un demone, ma fondamentalmente è ancora un angelo; Aziraphale è un angelo, ma ogni tanto riesce a tirare fuori un lato malefico tutto suo. Insomma, sono entrambi atipici e questo è il loro bello. La loro ‘collaborazione professionale’ nel corso dei millenni ha sicuramente preso una piega non del tutto inaspettata (date le loro personalità pressoché complementari), fino a diventare un rapporto vero e proprio, un rapporto unico, che quasi va oltre la comprensione umana. Questo particolare è coerente con il resto, poiché Aziraphale e Crowley non sono due uomini. Si sono mimetizzati, sembrano uomini, ma non lo sono. Non sottostanno quindi alle nostre regole dell’amicizia, o dell’amore umano.

Si conoscono alla perfezione e uno sa esattamente quali siano le abitudini e gli interessi dell’altro. Interagiscono senza disperdere le linee dei rispettivi caratteri, non sentono il dovere di piacersi o odiarsi, perché si piacciono già. Si salvano a vicenda nelle situazioni più complicate (spesso in realtà è Crowley a salvare l’angelo), mettendosi in pericolo per il bene dell’altro. Il loro rapporto è quindi oltre l’umano, perché veramente in pochi riuscirebbero a mantenerne uno del genere per così tanti anni. Fra loro, l’interruzione del rapporto non è contemplata: lavorano insieme come hanno sempre fatto e ormai sono diventati una coalizione, la terza dopo quella del Paradiso e dell’Inferno. Questi ultimi non fanno che ostacolarli, dimostrandosi malvagi in egual modo.

Personalmente ho trovato molto interessante non Aziraphale (che di per sé è abbastanza trasparente), quanto più Crowley. Il demone è infatti molto attento a specificare a parole la sua appartenenza all’Inferno, ma concretamente non fa mai nulla di veramente cattivo. Rispetto al compagno è molto più criptico, ma si lascia spesso andare a dichiarazioni e azioni molto importanti per lo sviluppo del suo personaggio, e tre quarti delle volte riguardano Aziraphale. Basi pensare alla sua reazione di fronte all’incendio che distrugge la libreria dell’angelo, o alla seguente sbronza per cercare dimenticare la morte (mai avvenuta) di questo. Crowley fa tantissimo per Aziraphale e questo certamente emerge.

Quindi si. “Good Omens” funziona sorprattutto perché Crowley e Aziraphale funzionano. Due personaggi di fantasia che hanno molto da insegnare quanto a valori e emozioni. Due entità che dovrebbero odiarsi, ma non ci riescono.

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