Hill of Vision (2022): l’incredibile storia del Premio Nobel Mario Capecchi

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Trailer del film Hill of Vision

Hill of Vision è una pellicola di Roberto Faenza, basata sull’infanzia del Premio Nobel Mario Capecchi. Il film è una coproduzione Italia-Stati Uniti, frutto di un lungo lavoro di ricerca e preproduzione che vede il coinvolgimento di Jean Vigo Italia, Rai Cinema e Rhino Films. Dopo la presentazione al Bif&st 2022, Hill of Vision sarà distribuito da Altre Storie, dal 16 giugno 2022.

Trama di Hill of Vision

Seconda guerra mondiale, Alto Adige. Mario ha solo 4 anni quando sua madre viene arrestata dai fascisti. Il piccolo trascorre l’infanzia per strada vivendo di espedienti. Finita la guerra, lui e la madre miracolosamente si ritrovano e ricominciano una nuova vita in America, presso la comunità Quacchera ‘Hill of Vision’. Mario non riesce a inserirsi nel nuovo contesto di normalità, fino a quando non scopre, grazie allo zio scienziato, la passione per la scienza. Basato sull’avventurosa vita di Mario Capecchi, Premio Nobel per la Medicina nel 2007.

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Hill of Vision, foto di scena

Recensione di Hill of Vision

La magia del cinema riesce a far rivivere grandi storie che meritano di essere conosciute e la storia di Mario Capecchi è sicuramente una di queste. Roberto Faenza torna dietro la macchina da presa per mettere in scena la vita del premio Nobel, soffermandosi sulla sua infanzia e adolescenza. Il risultato è un film di formazione che riesce a intrattenere e a infondere speranza negli spettatori, soprattutto i più giovani.

Si inizia dal Mario bambino (Lorenzo Ciamei) che a soli quattro anni si ritrova ad affrontare una vita da vagabondo durante la Seconda Guerra Mondiale, abbandonato dal padre fascista e spietato (Francesco Montanari) e dalla madre americana (Laura Haddock) deportata in un campo di concentramento. Nel suo percorso sarà accompagnato da una bambina di nome Frank e da un bambino muto chiamato Fratello, con cui riuscirà a sopravvivere mendicando e commettendo piccoli furti. Per tutto il tempo la sua spinta sarà la speranza di ritrovare la madre che, sopravvissuta alla guerra, lo porterà in America dove dovrà affrontare nuove sfide.

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Mario, Frank e Fratello in un fotogramma del film

Molti sono i punti che sembrano frutto della fantasia degli sceneggiatori, dalla determinazione di Mario nell’affrontare le sfide della vita di strada fino alla sua facilità nell’imparare l’inglese appena arrivato oltreoceano; eppure ogni fatto narrato appartiene alla reale biografia del protagonista. Anche alcuni personaggi a prima vista possono risultare poco caratterizzati e senza sfumature: il padre è rappresentato come un uomo spietato senza un minimo di tenerezza, mentre al contrario gli zii americani sono delle figure quasi angeliche, che non mostrano lati negativi. La spiegazione di questa scelta interpretativa risale alla volontà del regista di mettere in scena i fatti partendo proprio dai ricordi di Capecchi, ricostruiti attraverso approfondite interviste con lui e con le persone che lo conoscevano e tramite la visita ai luoghi della sua infanzia. Ne emerge una storia autentica e profonda, inevitabilmente filtrata dalla memoria di chi ha vissuto quegli eventi in prima persona in un contesto sicuramente non facile. Per apprezzare a pieno il film è quindi necessario non soffermarsi troppo sul realismo per lasciarsi guidare dal flusso della storia, dalle atmosfere del tempo e dalle emozioni.

La nostra unica scuola era la strada, altrimenti non saremmo sopravvissuti alla guerra.

Mario Capecchi

Tra i molti personaggi messi in scena quello più interessante è sicuramente quello di Lucy, la madre di Mario, interpretata da Laura Haddock. La donna, dopo essere stata deportata nel campo di Dachau, ha sviluppato una logorante malattia mentale che le ha impedito di prendersi cura del figlio. Nonostante questo il legame tra i due è sempre stato fortissimo ed è stato l’appiglio a cui Mario si è aggrappato nei momenti più bui. Il tema della malattia mentale e delle conseguenze che ne derivano è affrontato in maniera delicata e realistica, mettendo in scena il dolore di una famiglia nell’affrontare un male ancora parzialmente sconosciuto all’epoca. Sarà proprio la volontà di “trovare una cura per la mamma” a spingere il Capecchi adolescente a intraprendere la carriera scientifica.

hill of vision mamma
Mario e sua madre in un fotogramma del film

Dal punto di vista tecnico il film è ben realizzato, con una particolare attenzione ai dettagli e alla ricostruzione storica degli ambienti. Le riprese si sono svolte principalmente in Alto Adige, comprese le scene ambientate nella comunità quacchera americana, ricostruita tra gli altopiani sopra Bolzano. Una menzione speciale va infine allo splendido lavoro della quattro volte premio Oscar Milena Canonero che ha ridato vita ai costumi e alle acconciature dell’epoca, contribuendo a immergere lo spettatore nelle atmosfere anni ’40 tra Italia e Stati Uniti.

In conclusione

In conclusione Hill of Vision è un film con qualche debolezza ma che riesce nell’intento di portare l’attenzione su una storia poco nota ma che merita di essere conosciuta. A fine visione si esce dalla sala con un senso di speranza e un invito a credere in sé stessi e nelle proprie potenzialità perché, anche quando tutto sembra buio, il futuro può riservare grandi sorprese.

Note positive:

  • Il racconto di una storia vera poco conosciuta.
  • I costumi di Milena Canonero.
  • Il messaggio di speranza.

Note negative:

  • Personaggi poco approfonditi.
  • Perdita di ritmo ed emotività nella seconda metà del film.
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