His House (2020): L’importanza delle proprie origini

Recensione, trama e cast del film horror netflix His House (2020) presentato al Sundance Film Festival 2020
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His House locandina del film

His House

Titolo originale:  His House 

Anno: 2020

Paese: Gran Bretagna

Genere: Horror

Produzione: BBC Films, New Regency Productions, Starchild Pictures, Vertigo Entertainment

Distribuzione: Netflix

Durata: 93 min

Regia: Remi Weekes

Sceneggiatura: Remi Weekes

Fotografia: Jo Willems

Montaggio: Julia Bloch

Musiche: Roque Baños

Attori: Wunmi Mosaku, Javier Botet, Emily Taaffe, Matt Smith, Sope Dirisu, Andy Gathergood, Cornell John

Trailer di His House

Trama di His House

Dopo essere fuggiti dal Sudan e aver affrontato delle terribili perdite, come quella del loro figlia Nyagak durante la traversata su un barcone, i due migranti Rial e Bol, sono rinchiusi all’interno di un centro d’accoglienza da un anno, in attesa della possibilità di vivere da persone libere all’interno del Regno Unito.

Un bel giorno, per la felicità dell coppia, ottengono la cauzione come richiedenti asilo e grazie a ciò gli viene assegnata una abitazione. Per ottenere tutto ciò però devo accettare alcune condizioni:

Vi valuteremo una volta alla settimana. Non dovete saltare alcun incontro. Avrete un aiuto finanziario di 74 sterline a settimana. Non potrete lavorare né integrare le vostre entrate con qualsiasi altro mezzo. Ultima clausola, vi verrà assegnata una casa scelta da noi. Dovrete risiedere a questo indirizzo. Non potete trasferirvi altrove. È casa vostra adesso

His House

I Signori Majur vengono così trasferiti nella loro nuova residenza, che risulta una enorme villetta, immersa in un quartiere povero e alquanto mal tenuto all’interno del Regno Unito. La stessa abitazione risulta sporca e mal messa mandando un odore maleodorante. Nonostante ciò e i mille problemi del luogo, Rial e Bol sembrano essere felici del loro traguardo raggiunto. Ma proprio quando sembra avviarsi tutto per il meglio, ecco che Bol incomincia ad avere delle terrificanti visioni spiritiche oltre a sentire dei rumori dentro la casa, che pare essere infestata.

Contemporaneamente il senso di colpa e di lutto per la perdita della figlioletta durante il naufragio del loro barcone va a creare un enorme vuoto e un muro comunicativo interno alla coppia, che sembrano affrontare il tutto in modi completamente divergenti; in tutto ciò però i fantasmi sono dietro l’angolo pronti a venire fuori.

i protagonist di His House
i protagonist di His House

Recensione di His House

Presentato al Sundance Film Festival 2020 e giunto direttamente sulla piattaforma on-demand come contenuto Netflix originals, His House è l’opera prima del regista Remi Weekes che riesce a dimostrare una buona padronanza del linguaggio cinematografico andando a creare alcune inquadrature piuttosto suggestive e che vanno mostrare i personaggi attraverso delle angolazioni non comuni e che ben si confanno alla storia narrata, come nella parte finale in cui il protagonista maschile della storia viene ripreso dal basso verso l’alto in maniera obliqua per andare ad accentuare il pathos riprendendo anche la lampada che si accende e si spegne, oppure le scene “incubo”, in una troviamo il personaggio maschile a mangiare un piatto in cucina, completamente da solo, qui la macchina da presa compie una carrellata all’indietro andando a mostrare come la cucina in cui si trova Bol ci sia distaccata dal resto della casa e sia finita nel bel mezzo del mare, tale scena (la migliore dell’interno film) mostra anche una fotografia piuttosto accattivante e ben congenita che riesce ad aumentare quel clima horror, che per lunghi tratti, è assente all’interno della storia.

Remi Weekes si dimostra specialmente capace nella direzione attoriale riuscendo a far rendere al meglio tutto il cast di His House, dai personaggi principali a quelli minori come Matt Smith, colui che è famoso per aver interpretato l’undicesima incarnazione del Dottore in Doctor Who, che qui si dimostra un controllore del servizio immigrazione piuttosto comprensibile nonostante i suoi numerosi pregiudizi, non a caso si meraviglia quando Bol fa la firma sul contratto per ottenere la casa, stupendosi ancor di più nello scoprire che quell’immigrato era un banchiere. Questa sua vena di pregiudizio è riscontrabile anche nella parte finale della storia, quando definisce matti i coniugi Majur per le loro credenze sugli stregoni.

Un plauso va dunque fatto ai due protagonisti, Wunmi Mosaku e Sope Dirisu, che mettono l’anima all’interno della storia arrivando emotivamente al pubblico dove il film, a causa di una sceneggiatura troppo confusionaria, non riesce ad arrivare. I loro volti divengono pietre all’interno di His House e i loro occhi, bagni di lacrime e di dolore, sopratutto nella parte finale non possono che trasmettere il senso di paura e di dolore represso dei caratteri drammaturgichi. Sope Dirisu crea un personaggio a 360 gradi andandolo a interpretare anche con la muscolatura del corpo, realizzando un individuo che sembra viaggiare per tutto il film da un estrema felicità a un estrema follia interiore, come vediamo attraverso quelle risate strane ed eccessive, tipiche dei film horror.

His house scena film
His house scena film

La ricerca di essere altro da un film horror

His House rimescola le regole del genere horror cambiando il paradigma in campo: non è la casa a essere infestata ma lo sono loro, specialmente Bol, incapace nell’aiutare la loro figlioletta nell’attimo in cui il barcone è sprofondato. Gli sceneggiatori hanno trovato questa innovazione all’interno di un genere già affrontato molte volte riguardo a una casa infestata, ma nell’imporre drammaturgicamente che è la coppia a essere maledetta avviene il primo grande buco di trama interno al film: Perché le visioni di fantasmi, dei loro antenati e degli immigrati morti avvengono solo ora e non mentre erano nel centro d’accoglienza? Domanda che non troverà risposta risultando un vero e proprio elemento che fa crollare tutta la storia dentro un non senso, venendo a mancare la base su cui è appoggiata.

Se non facciamo caso a ciò nella prima parte della storia siamo dentro a un film drammatico di critica sociale dove non compare l’elemento horror ma viene mostrato in maniera piuttosto cruda e senza evitare uno sguardo oggettivo sul mondo circostante, la difficoltà nell’immergersi da immigrato dentro una nuova nazione. Vediamo subito nei primi minuti lo squallore dei centri d’immigrazione, dove un ragazzo viene bloccato e pestato da delle forze armate all’interno della propria camera, oppure dalla cattiveria degli altri compagni di sventura che sembrano non supportare come dovrebbero i loro simili nutrendo un senso di forte invidia l’uno con l’altro.

Non vi fate illusioni. Vi rispediscono a morire, come fanno sempre i bastardi.

His House

Tale senso di cattiveria tra i simili viene anche reso in maniera più esplicita dalla scena in cui Rial, perdutasi nel nuovo quartiere, chiede indicazioni a un gruppo di ragazzini neri che invece di aiutarla riconoscendosi in lei, la maltrattano dicendogli indicazioni errate e di ritornare in Africa da dove viene. Anche la casa che viene data ai due risulta squallida e quasi inabitabile per gente normale, ma risulta esternamente e internamente sudicia e priva di qualsiasi mezzo d’illuminazione.

His House ricorda molto speso l’horror di critica Scappa – Get Out riuscendo a risultare interessante però solo nei momenti sociali in cui si va a puntare il dito contro le ingiustizie ma quando la storia vuole mostrare il vero tema portante del film: il senso di colpa e il rispetto delle proprie origini e tradizioni ecco che la storia diventa eccessivamente confusa con un finale che strizza l’occhio a Lynch, con un tempo narrativo indefinito in cui gli eventi accadono come in una sorte di limbo, ma che non fa altro che creare confusione narrativa senza apportare niente d’interessante alla storia.

In conclusione, His House è interessante nell’aspetto di critica e prova attoriale e registica ma pecca fin troppo all’interno di una sceneggiatura che nell’ultima parte risulta eccessivamente confusionaria e sbrigativa.

Note positive

  • Attori
  • Regia
  • Prima parte

Note negative

  • La parte horror
  • Il finale troppo caotico
  • Il tema del senso di colpa poteva essere svilluppato meglio.

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Stefano Del Giudice
Stefano Del Giudice

Laureatosi alla triennale di Scienze umanistiche per la comunicazione e formatosi presso un accademia di Filmmaker a Roma, nel 2014 ha fondato la community di cinema L'occhio del cineasta per poter discutere in uno spazio fertile come il web sull'arte che ha sempre amato: la settima arte.

Articoli: 978

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