Il Grande Carro (2023): tra l’arte e la vita di Philippe Garrel

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Trailer de Il Grande Carro

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Grazie al suo film “Il Grande Carro”, presentato in anteprima in concorso al Festival Internazionale del Cinema di Berlino 2023, Philippe Garrel ha ottenuto in riconoscimento l’Orso d’Argento per la Miglior Regia. La pellicola, disponibile in tutte le sale cinematografiche a partire dal 14 settembre 2023, è prodotta in collaborazione con Altre Storie, una società indipendente di produzione e distribuzione cinematografica e audiovisiva che, proprio come dimostra il seguente film, conferisce maggior importanza alla narrazione per immagini.

Trama de Il Grande Carro

Il Grande Carro, propone una narrazione apparentemente semplice che ruota attorno ad una famiglia di burattinai. Insieme, i fratelli Louis, Martha e Lena, assieme al padre che dirige la compagnia e alla nonna che realizza le marionette, formano una compagnia impegnata nella creazione di spettacoli. Un giorno, dopo una rappresentazione, improvvisamente il padre muore di ictus, lasciando i suoi figli soli, smarriti e con un progetto artistico in eredità.                                                                                  

La coralità familiare nel film Il Grande Carro (2023)
La coralità familiare nel film Il Grande Carro (2023)

Note di regia

Philippe Garrel

Volevo fare un film con i miei tre figli che in questi ultimi anni, uno dopo l’altro sono diventati attori, diretti da altri registi. Mi rendo conto che raffigurare la propria famiglia è un piacere solitamente riservato ai pittori. Dato che i miei figli hanno 22, 30 e 38 anni, ho dovuto trovare un motivo per portarli insieme in scena alle loro rispettive età. Ho deciso di rappresentare una famiglia di burattinai, che esistono ancora oggi. Quando sono nato, prima che diventasse attore, mio padre era un burattinaio nella compagnia di Gaston Baty. Il mio padrino, Alain Recoing, si esibiva nella compagnia. Ho scritto la sceneggiatura con Jean-Claude Carrière, Arlette Langmann e Caroline Deruas Peano. Ogni sabato provavamo le scene del film e dello spettacolo di marionette. Gaston Baty ha scritto queste scene di repertorio con Eloi Recoing, uno dei figli di Alain Recoing. Baty era un membro del “Cartello dei quattro”, insieme a Louis Jouvet, Charles Dullin e Georges Pitoëff, e ha scritto e messo in scena per il suo teatro di marionette. Quando ero ragazzo, questi artisti erano molto poveri, ma io li consideravo dei re. Volevo fare un film che, sebbene nato dalla mia immaginazione, somigliasse anche a un documentario su questo mestiere. Jean-Luc Godard ha detto che un buon film di finzione deve anche essere un documentario su qualcosa. Nella disgregazione di una compagnia di artisti-burattinai, vedo la metafora di un mondo dove le tradizioni stanno morendo.

Recensione de Il Grande Carro

È attraverso la scelta registica della coralità familiare di questi burattinai che Philippe Garrel, erede e continuatore dello stile Nouvelle Vague, decide ancora una volta di traslare e mettere in scena la sua personale autoanalisi.

Il regista, sin dagli anni Settanta, ha dimostrato la sua ossessione nel voler far confluire arte e vita, ponendo al centro dei suoi lavori eventi, personaggi ed emozioni appartenenti al proprio vissuto biografico, familiare o sentimentale (non a caso spesso gli attori sono membri della sua famiglia,) riuscendo infatti a conferire ai suoi film quella sincerità e semplicità propri di un diario intimo, trasformandoli in un fatto privato, capaci però al tempo stesso di proporre una riflessione universale e collettiva su tematiche quali l’amore, l’amicizia, il processo artistico e la responsabilità dell’essere cineasti.

Nel suo film, che può essere considerato una sorta di mosaico di tutto il cinema del regista, egli si serve della morte del capofamiglia, nonché suo alter ego, per alludere alla propria morte ed interrogarsi così sulla direzione che prenderà la sua eredità artistica. Proprio con l’incombere di questo tragico evento, l’unione e la complicità familiare inizia a vacillare, tanto da intaccare anche la passione che li ha accomunati sin dalla tenere età. Insoddisfazione, disorientamento e paura incombono presto nelle vite dei nostri protagonisti, poiché l’inaspettata ed improvvisa assenza del padre ha rappresentato una rottura alle fondamenta di quel castello apparentemente indissolubile.        

Inquadratura della coralità familiare durante uno spettacolo Il Grande Carro (2023)
Inquadratura della coralità familiare durante uno spettacolo Il Grande Carro (2023)

Attraverso una scelta per lui anticonvenzionale, il bianco e nero della pellicola viene abbandonato, per lasciare spazio ai colori, probabilmente per riuscire a donare maggior rilievo all’arte dei burattini, rappresentati come entità che sembrano quasi essere dotate di anima propria. Inoltre, grazie alle numerose inquadrature che ritraggono la troupe intenta nella messa in scena di uno spettacolo, portando lo spettatore al di là della scenografia teatrale fittizia, diventa più semplice mostrare e dimostrare quanto lavoro, impegno e coordinazione ci siano dietro la creazione di uno spettacolo di marionette.

La scelta di narrare proprio questo mondo, calza a pennello con lo scopo del nostro regista: svuotare il film della sua analisi psicologica, per conferire maggior rilievo alla dimensione fisica dell’attore in scena. Il corpo e la sua composizione all’interno dell’inquadratura infatti assumono una vera dimensione comunicativa, riuscendo a dimostrare che spesso un semplice gesto o un’espressione siano capaci di raccontare molto di più delle parole. Ecco il perché dell’assenza del sonoro, della presenza limitata di dialoghi e la prevalenza di inquadrature statiche e prolungate, che indugiano e si soffermano sui volti. Con questo stile registico contemplativo, Garrel riesce abilmente a cogliere l’essenza delle cose, anche e soprattutto nella banalità del quotidiano, permettendo allo spettatore di non perdersi nessuna reazione o micro-espressione dei nostri attori, che apparentemente possono sembrare insignificanti.

Fotogramma primo piano di Martha e Lena - Il grande carro
Fotogramma primo piano di Martha e Lena – Il Grande Carro

Parlando proprio del suo stile, è chiaro come il regista non cerchi in alcun modo di servirsi di tecniche quali l’idealizzazione, l’immaginazione o l’artificiosità, poiché piuttosto desidera avvicinarsi sempre di più alla realtà e dipingerla il più fedelmente possibile, con la sua complessità ed irrequietezza e con tutte le sue mille emozioni e sfaccettature. Non a caso sono presenti in maggioranza ambientazioni di interni familiari, scenografie poco elaborate o pretenziose ed una luce quanto più naturale. Purtroppo però, queste scelte registiche, unite al ritmo estremamente lento, rendono il film a tratti piatto e poco scorrevole, dando inoltre l’impressione che nessuna emozione sia vissuta davvero. In numerose occasioni infatti, prima fra tutte alla morte del padre, l’impressione che lo spettatore ha, è proprio quella che le emozioni dei protagonisti non vengano affatto esternate, ma piuttosto represse e controllate, conferendo paradossalmente alla storia un’accezione del tutto innaturale.

fotogramma di Louis, Marta e Lena con la Nonna
Fotogramma di Louis, Martha e Lena con la Nonna – Il Grande Carro

In Conclusione

Garrel con questo film si distacca sicuramente dalla filosofia di quelle pellicole esclusivamente a scopo di intrattenimento, che richiedono un basso indice di attenzione per comprendere lo sviluppo della storia e le tematiche affrontate. Il Grande Carro infatti necessita di un maggiore impegno e coinvolgimento da parte dello spettatore, che viene totalmente rapito ed ipnotizzato dalle sue inquadrature fotografiche, proprio come accade quando si ammira un’opera di pittura. Nonostante ciò, lo scopo del regista non verte nel far immedesimare lo spettatore nella storia, quanto piuttosto sembra che egli sia impegnato nel riuscire a mostrare per immagini, piuttosto che a raccontare attraverso le parole. Dunque, la struttura alla quale il nostro regista francese sembra volersi allineare maggiormente è quella di un documentario; proprio per questo non è da escludere la conseguenza che questa decisione potrebbe provocare, andando ad intaccare la sfera empatica che unisce personaggio e spettatore, poiché quest’ultimo potrebbe percepire un maggior distacco ed essere emotivamente poco coinvolto.

Note Positive

  • Inquadrature contemplative
  • Assenza di artificiosità

Note Negative

  • Ritmo a tratti lento
  • Poca empatia
  • Trama originale, ma poco sviluppata
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