Il pasto nudo (1991): l’esperienza della droga e l’esplorazione della sessualità per David Cronenberg

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Trailer del film Il pasto nudo

David Cronenberg, dal suo esordio alla regia con “Stereo” (1969) fino al recentissimo “Crimes of the future” (2022), ha sempre messo in chiaro qual è la sua idea di cinema; un’idea che nel tempo si è evoluta ma le cui fondamenta restano le stesse. Cronenberg mostra le sue ossessioni, i suoi tormenti e le sue perversioni, filtrate dal mezzo cinematografico con opere metaforiche e riflessive. Nei primi film l’interesse per il corpo umano e le sue mutazioni sono il perno centrale del suo cinema, per poi spostarsi verso un maggiore richiamo per la mente e la psicanalisi. Alcuni film del cineasta canadese si ritrovano nel mezzo di questa sua evoluzione artistica, quando ancora era attratto dai segreti del corpo umano ma già iniziava a interessarsi al lato più psichico dell’uomo. Il pasto nudo è uno di questi.

Tratto dal libro “Pasto nudo” di William S. Burroughs del 1954, il regista voleva realizzare il film da diversi anni ma per problemi di diritti e fondi la possibilità gli viene data solo nel 1991. Il film non riesce a spopolare al botteghino diventando uno dei tanti flop di Cronenberg, che verrà rivalutato con gli anni, aggiudicandosi la fama di cult.

Trama del film Il pasto nudo

New York, 1953. Bill Lee è un disinfestatore e per uccidere gli insetti utilizza una polvere gialla. La polvere può anche essere usata come droga per gli esseri umani, e la moglie del protagonista ne è dipendente. Quest’ultima viene erroneamente uccisa da Bill che, accecato dal senso di colpa, si rifugia nella sua stessa droga, iniziando a soffrire di allucinazioni, tra macchine da scrivere che diventano scarafaggi parlanti e alieni che lo spediscono fuori città per scrivere di una misteriosa organizzazione nemica situata nei paesi arabi.

Frame del film Il pasto nudo 1991
Frame del film Il pasto nudo 1991

Recensione del film Il pasto nudo

Allerta Spoiler

Niente è vero, tutto è permesso.

Hassan I Sabbah

Basterebbe questa citazione, che lo stesso Cronenberg inserisce a inizio film, per riassumere ciò che il regista tenta di fare con il pasto nudo. Il film non racconta una storia ma una sensazione. Episodi apparentemente sconclusionati e surreali si susseguono per regalare un’atmosfera onirica e la percezione allucinogena che il protagonista stesso prova. Cronenberg dice così, dopo pochi secondi di film, che ciò a cui assisteremo non deve aver un senso stretto, una logica narrativa, ma è un viaggio dove il reale e l’irreale non esistono più, sono intercambiabili e mescolabili, proprio perché nel cinema di Cronenberg, tutto è permesso.

Bill Lee è un ordinario disinfestatore in una New York sporca, gremita di scarafaggi, dove le condizioni sociali sono estreme. Il protagonista sopravvive in una realtà apatica, nella quale la droga risulta essere l’unica via di fuga. In un gioco mortale, che dimostra la noncuranza della vita da parte dei personaggi, Bill spara alla moglie per errore, uccidendola. Il senso di colpa inizia a insediarsi nel protagonista, che cerca riparo nella droga, tentando di dimenticare l’accaduto, o meglio di rifiutarlo. È infatti il rifiuto uno dei temi che stanno alla base del film. Bill non solo vuole dimenticare l’omicidio ma la sua mente ripudia di averlo fatto; non versa lacrime per la moglie uccisa e va addirittura a crearne un alter ego, Joan, della quale si innamora. Una volta che il protagonista inizia ad abusare della polvere, usata come droga, inizia un viaggio trascendentale, costruito in un mondo fantastico. Quando Bill incontra un essere alieno in un bar, che lo spedisce in un paese arabo a trascrivere informazioni su un’organizzazione nemica, lo spettatore dimentica la realtà, immergendosi in quello che è un nuovo mondo, vede ciò che vede il protagonista e prova in prima persona l’esperienza della droga.

Bill, una volta giunto nel paese arabo, scrive tutte le notizie che scopre in una macchina da scrivere, che presto diventerà uno scarafaggio, come quelli che lui stesso cacciava. Cronenberg riesce a dare un’interpretazione originale e molto metaforica della sessualità, esplorata in ogni suo aspetto. La macchina da scrivere, diventata scarafaggio, ricorda il corpo umano, in particolare quello maschile.

Scrivendo con la macchina, il protagonista sembra avere quasi un rapporto sessuale con lei, avvicinandosi così all’idea dell’omosessualità. La macchina e i suoi rimandi al corpo maschile sono infatti solo un mezzo col quale Bill riscopre la sua omosessualità che da sempre negava. E allora forse l’omicidio commesso nei confronti della moglie non è stato un malaugurato incidente, bensì una presa di coscienza, un rifiuto del corpo femminile con il quale è costretto a stare per vergogna e pudore. Nel finale Bill riesce finalmente ad accettare il senso di colpa, ad accettare la sua attrazione per la figura maschile e a uccidere anche l’alter ego della moglie, questa volta piangendone il corpo, rendendosi conto di ciò che ha compiuto e metabolizzando l’accaduto.

Immagine del film Il pasto nudo 1991
Immagine del film Il pasto nudo 1991

Tutti gli avvenimenti potrebbero essere avvenuti nella mente di Bill, il quale potrebbe non essersi spostato di casa ma aver semplicemente viaggiato con la mente, accecato dalla polvere. Ciò che è certo è che lo spettatore ha viaggiato nella sua psiche, provando le sensazioni della droga, del senso di colpa e del tentativo di accettazione di un’omosessualità repressa.

La fotografia di Peter Suschitzky è fatta da colori caldi, tendenti al giallo ed insieme ad una colonna sonora jazzata nella quale dominano suoni di saxofono, contrasta benissimo lo stato d’animo cupo dei personaggi e l’atmosfera pessimista del film. Cronenberg inizia analizzare la mente umana ma lo fa con uno sguardo ancora ancorato al passato, mettendo in mostra un’attrazione verso il corpo e le sue mutazioni, il tutto impreziosito da effetti speciali avanguardistici. La regia è impeccabile e raramente si discosta dal personaggio principale. Il paesaggio arabo, che fa da sfondo alla seconda parte del film, è mostrato tramite carrellate laterali e frontali che seguono Bill, mostrando un luogo affollato e arido. Il protagonista è un eccezionale Peter Weller che riesce a rendere l’apatia del personaggio, il suo stato d’animo in costante rifiuto della realtà.

Il film presenta le più importanti tematiche di Cronenberg, dall’esplorazione della sessualità, al corpo, alla mente umana, all’aspetto sociale, sempre caro al regista. “Il pasto nudo” riprende alcuni elementi delle pellicole passate come “Scanners” (1981) e “Videodrome” (1983) e anticipa argomenti che si consolideranno nei suoi più grandi capolavori futuri, come “eXistenZ” (1999) e “Crimes of the future” (2022).

In conclusione

“Il pasto nudo” è uno dei film più importanti e personali di David Cronenberg, quanto uno dei suoi più difficili ed interpretabili. Un ritmo lento ma avvincente, una regia quadrata ed una fotografia eccelsa conferiscono un impeccabile lato tecnico, che aggiunto all’affascinante sceneggiatura regala un’opera indimenticabile.

Note positive

  • Una storia ammaliante
  • Ottima fotografia
  • Lo stile sempre riconoscibile di Cronenebrg

Note negative

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