Incarnation (2020) di Noburu Suzuki: un truffatore incontra un vampiro – TS+FF 21

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incarnation locandina 2021

Incarnation

Titolo originale: Incarnation

Anno: 2020

Paese: Giappone

Genere: Horror

Durata: 14 minuti

Regia: Noboru Suzuki

Sceneggiatura: Noboru Suzuki

Fotografia: Shuhei Yamamoto

Montaggio: Noboru Suzuki

Musiche: Yurie Minakata

Attori: Mayumi Amano, Shinsuke Kato, Lynn Nagatsuki, Shiino Fujita, Bakko Maeda

Trama d’Incarnation

All’interno di un bar. Un truffatore cerca di estorcere dei soldi a un anziana signora, la quale però asserisce di essere un vampiro da quasi 400 anni. L’uomo non sa come comportarsi e la sua tranquillità verrà scossa dai discorsi di quella donna.

Recensione d’Incarnation

Presentato in anteprima italiana il 27 ottobre al Trieste Science + Fiction Festival 2021, Incarnation è un opera dialogica giapponese di Noboru Suzuki che viaggia tra atmosfere horror e da commedia, andando a sfruttare l’elemento del mistero e della suspense per creare un cortometraggio di soli quattordici minuti che sa incuriosire e scuotere lo spettatore attraverso una storia piuttosto semplice e piena di fascino. Un uomo ha contattato una vecchia signora chiedendogli dei soldi per salvare da alcuni guai finanziari il figlio, questa si reca all’appuntamento all’interno di un bar piuttosto surreale e vuoto, dove troviamo solo una cameriera e un uomo intento a leggere il giornale e a dormicchiare. Il truffatore vuole i soldi e sbrigare velocemente la pratica ma l’anziana non sembra intenzionata a darglieli, anzi inizia a vaneggiare asserendo di avere 400 anni e di essere un vampiro.

Anziana: Mi hanno morsa nel 16° secolo, avevo 83 anni.

Truffatore: Ok. Sai chi mi ha morso?

Anziana: Sebastian. Era così bello. Bello e dal petto villoso. Era un europeo, arrivato su una barca cinese. Era uguale a George Clooney. Seb si è ubriacato, mi ha scambiato per una giovinetta e mi ha morsa.

Incarnation

La donna asserisce di non bere più sangue umano ma quello di coniglio poiché oramai il corpo degli uomini è tossico, pieno di “aromi artificiali e additivi da fast food” risultando troppo cattivo per il suo palato. In questo senso viene posta una critica sociale sui tempi odierni della società che si è distaccata dal cibo della terra alla ricerca di un mangiare a basso casto oppure di verdure che crescano il più velocemente possibile. Tutto ciò però intacca il nostro organismo che mangia cibi che non ci fanno bene, ma che intossicano il nostro strumento primario per vivere.

La storia si svolge tutta attraverso una fotografia statica con una fotografia tendente al rosso. La regia è piuttosto didascalica concentrandoci essenzialmente su dei primi piani e campo – controcampo sapendo bene però i momenti in cui andare ad aprire la scena mostrando anche gli altri personaggi in scena e lo spazio scenico. Il tutto funziona grazie a un climax sospeso dove noi abbiamo i medesimi dubbi dell’uomo che non comprende dove inizi la follia e dove la verità. I dialoghi conducono sempre di più il truffatore dentro un ansiogena paura e timore, fino a compiere una scelta che sconvolgerà per sempre la sua esistenza, con un finale da maestri che ci dona un ottimo colpo di scena, in cui sembra entrare in gioco la tematica della perdita del se interiore, della propria identità. Il truffatore ha dimenticato la sua vera natura, e la donna deve ricordargliela.

Note positive

  • Regia
  • Sceneggiatura
  • Montaggio

Note negative

  • /
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