Sanctuary – Lui fa il gioco, lei fa le regole (2022): quando l’estetica domina lo schermo – Roma FF17

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Trailer ufficiale + clip italiane di Sanctuary – Lui fa il gioco, lei fa le regole

In concorso alla Festa del cinema di Roma 2022, Sanctuary – Lui fa il gioco, lei fa le regole è il secondo lungometraggio di Zachary Wigon, che torna alla regia dopo The Heart Machine del 2014. Scritto da Micah Bloomberg (Homecoming), il film ha come protagonisti Christopher Abbott e Margaret Qualley ed è stato presentato in anteprima mondiale al Toronto International Film Festival. Verrà distribuito in Italia il 25 Maggio 2023 da I Wonder Pictures. QUI potete leggere la nostra intervista al regista.

Trama di Sanctuary – Lui fa il gioco, lei fa le regole

Rebecca è una dominatrice, una professionista del sesso e Hal è il suo cliente, un ottimo cliente. Fa infatti parte di una ricca famiglia di cui sta per ereditare le fortune e non può più permettersi di avere una pericolosa relazione con una donna che conosce i suoi segreti e le sue perversioni. Così decide di vederla per un’ultima volta e dirle che tra loro è tutto finito, ma il suo tentativo di tagliare i legami gli si potrebbe ritorcere contro. Rebecca è tutt’altro che d’accordo e farà tutto il possibile per far cambiare idea all’uomo.

Sanctuary 2022 recensione
Sanctuary (2022)

Recensione di Sanctuary – Lui fa il gioco, lei fa le regole

La Festa del Cinema di Roma cambia forma quest’anno e reintroduce il Concorso ufficiale internazionale che si intitola Progressive Cinema – Visioni per il mondo di domani, con ben 16 film in gara. Tra questi spicca Sanctuary, thriller psico sessuale di Zachary Wigon che si muove sicuro nel trend dei film rinchiusi in un microcosmo temporale. È come se la pandemia avesse trasformato i film in opere teatrali (The Whale, Malcom & Marie), ed è sempre interessante vedere in che portata le restrizioni produttive alimentano quelle creative. Non c’è niente di sbagliato in un dramma in una singola location, ma laddove l’intera sceneggiatura è raccolta in un unico ambiente, i pilastri per sorreggere l’intero film si basano sul dialogo e l’intensità della recitazione. In una configurazione simile a Piercing del 2018, dove tra l’altro troviamo lo stesso Christopher Abbott in lotta con la versione BDSM di Mia Wasikowska, Sanctuary può certamente contare nella performance dei suoi due attori protagonisti, tra i quali emerge l’attrice statunitense Margaret Qualley.

Margaret Qualley nel ruolo di Rebecca in Sanctuary (2022)

Con l’apertura del film che suggerisce diversamente, i due interpretano una coppia Dom/Sub. Il primo atto infatti, si apre con un interrogatorio formale, in cui il personaggio di Hal è dipinto come un uomo d’affari che ha tutto sotto controllo, una maschera che verrà strappata umiliazione dopo umiliazione dal personaggio di Rebecca, dominatrix pagata dallo stesso per maltrattarlo da diversi anni. Scopriamo presto che il giovane erede è in realtà un maschio beta interessato più alla fortuna che sta per ereditare che a essere un CEO in una spietata società americana. In questo il film ci prepara psicologicamente a tutto quello che verrà, ovvero una montagna russa mentale in cui nulla è come sembra. L’evento che ci trascina in questo vortice è proprio nella proposta di Hal di terminare gli incontri con Rebecca, che si infiamma di un immediata animosità dettata da un sentimento ambiguo che suggerisce il dolore del rifiuto ma anche la rabbia di una dipendente che perde il proprio lavoro. Stiamo forse assistendo a una storia d’amore? Solo il tempo (filmico) ce lo dirà.

Per quanto riguarda le conversazioni e i monologhi, si percepisce una certa superficialità nel raccontare la disparità di classe ma soprattutto di genere. Sicuramente c’è la volontà di schernire determinati stereotipi, ma alla fine non emerge nessuna riflessione interessante o particolarmente aggiornata, solo un dry humor che lascia tutta la responsabilità allo spettatore. Ciò che fa funzionare la messinscena sono sicuramente le già citate esibizioni di Qualley e Abbott, che crollo dopo crollo danno prova di grandi capacità attoriali. E’ sicuramente il personaggio di Rebecca a comandare lo schermo, con un magnetismo isterico che esplode tra scherni, urla e un’irresistibile malizia. Una performance in cui l’attrice, reduce da diversi successi, si trasforma utilizzando tutta l’ampia gamma dei sentimenti umani.

Frame di Sanctuary (2022)

In conclusione

L’appartamento di Hal, santuario mistico di perversioni e traumi, può decisamente apparire come un personaggio a sé stante. Dove al di fuori del corridoio e nell’ascensore dell’hotel, si evolve e cambia proprio come fanno Hal e Rebecca durante il film. Grazie alla splendida fotografia di Ludovica Isidori, l’appartamento prende forma affiancato da inquadrature vertiginose, in cui la camera si muove sugli assi e segue i protagonisti senza mai risultare scontata. Non sempre il gioco funziona, ma con diversi richiami al cinema hitchcockiano e le giuste interpretazioni, Sanctuary si può definire un interessante esercizio stilistico, in cui alla fine a dominare è principalmente l’immagine.

Note positive

  • Le interpretazioni attoriali
  • La fotografia di Ludovica Isidori

Note negative

  • Dialoghi non sempre funzionali
  • Regia insicura, a tratti superficiale
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