L’Ombra del Giorno (2022): la parafrasi dei sentimenti secondo Giuseppe Piccioni

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Trailer de L’Ombra del Giorno

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Candidato ai Nastri d’Argento 2022, per la miglior sceneggiatura, curata da: Giuseppe Piccioni, Gualtiero Rosella e Annick Emdin, L’ Ombra del Giorno, è il lungometraggio diretto dal medesimo Piccioni, con produttore Riccardo Scamarcio, coprotagonista dell’opera insieme a Benedetta Porcaroli. Il film è uscito nelle sale cinematografiche italiane il 24 febbraio 2022, con lo scopo di traslare, sul grande schermo, l’amore nella totale complessità di una trama che pone i protagonisti di fronte agli ostacoli, sia soliti che atipici, del sentimento più raccontato nella storia del cinema, donandogli un’essenzialità priva di arzigogoli.

Un amore con le spine, non c’è una rosa senza spine, non c’è amore senza difficoltà che valga la pena di essere raccontato. Io credo di riuscire a raccontare l’amore senza essere sentimentale, sto bene attento a sottrarre al racconto amoroso tutti quegli “sbracamenti di parole”, di effusioni, oppure di spostarli su un piano coraggiosamente melò

Giuseppe Piccioni

Delle attenzioni, quelle del regista, che offrono spazio ad un contesto storico rilevante, quale quello del ventennio fascista, rendendo i personaggi con caratteristiche congeniali al processo di scissione sociale, motore culturale dell’ideologia politica dell’epoca.

Trama de L’Ombra del Giorno

I fatti si svolgono ad Ascoli Piceno nel 1938, il Governo Mussolini è al potere da sedici anni, nel settembre dello stesso anno vengono promulgate le leggi razziali, il Patto d’Acciaio, che sigla l’alleanza tra il Regno d’Italia e la Germania nazista, è ormai alle porte (22 maggio 1939).  Luciano (Riccardo Scamarcio), reduce di guerra e simpatizzante del fascismo, è un ristoratore completamente assorbito dal suo lavoro, uomo elegante e tutto d’un pezzo, si limita a seguire lo scorrere della vita dalle vetrine del suo ristorante, in Piazza del Popolo (Caffè Meletti, bar storico del centro di Ascoli Piceno, aperto dal 1906), da cui osserva il fermento e il desiderio di affermazione dei giovani; ma anche il tacito consenso di una popolazione attuatrice di precetti e misure, contrari all’inclusività e privi di fondamento logico ed etico. Un giorno, scorge da quelle stesse vetrine una giovane donna di nome Anna (Benedetta Porcaroli), visibilmente in difficoltà e alla ricerca di un lavoro. Luciano, dopo una breve indecisione, decide di assumerla come lavapiatti e successivamente, a seguito delle dimissioni di un anziano dipendente, come cameriera ai tavoli. La ragazza si mostra capace nelle mansioni affidatele, riesce ad apportare cambiamenti utili alla struttura organizzativa del ristorante e dimostra praticità e metodo in diverse attività. Le buone maniere e il linguaggio forbito, evidenziano che la giovane ha conseguito degli studi, Luciano, che fino ad allora non aveva mai avuto l’ardire di chiedere dettagli sul passato di Anna, comprende che la donna porta con sé un segreto. Nel mentre, i due iniziano a instaurare un rapporto estraneo all’ambito lavorativo, da cui nasce un’intesa, che compensa le loro, spesso discusse, divergenze di opinione sulla situazione politica e sociale del paese. L’intesa si evolve presto in un sentimento più forte, il quale porta la donna a manifestare i suoi timori, comprende che il segreto che custodisce pende come una spada di Damocle sulla testa di entrambi, non può esimersi dalla confessione verso chi, inconsapevolmente, l’ha protetta. Anna dichiara, in realtà, di chiamarsi Ester, di essere ebrea, in fuga da Roma, sua città natia, in cerca di un luogo sicuro e di una nuova identità per sfuggire alla diffusa ondata di antisemitismo di cui è anche lei vittima. Luciano, dopo un primo sgomento, decide di assisterla e aiutarla, da questo preciso istante, la condivisione dei momenti si trasforma in sguardi silenziosi, parole non pronunciate, tensioni e timori, delineando il rapporto in un vortice incerto di separazioni e riappacificazioni, governato dal clima ostile che dispensa brevi e frenetici attimi.

Fotogramma del film L'Ombra del Giorno (2022)
Fotogramma del film L’Ombra del Giorno (2022)

Recensione de L’Ombra del Giorno

La storia d’amore raccontata nella pellicola di Piccioni supera il mero sentimentalismo, incorniciando la relazione perfettamente nel contesto storico di riferimento, del quale vengono meno, appropriatamente, i dettagli documentaristici di cui l’intero elaborato non necessita. L’Ombra del Giorno accarezza una pagina buia del passato, da cui trae spunto una decisa costruzione dei personaggi, lasciandone inalterati i tratti caratteristici, ma non escludendo le necessarie trasformazioni determinate dallo scambio relazionale che si sviluppa tra di loro. Giuseppe Piccioni, come dimostrato in opere precedenti, riesce abilmente a creare una coesistenza armoniosa tra personaggi che appartengono a sfere di pensiero diverse, trovando un solido legame tra di loro nel contesto narrativo. Come avvenuto nel suo Il Rosso e il Blu (2012), scritto a quattro mani con Francesca Manieri, dove riesce a confrontare, un giovane supplente, Prezioso (Riccardo Scamarcio) e un anziano professore di storia dell’arte, Fiorito (Roberto Herlizka). Entrambi non stabiliscono un rapporto diretto, ma esaminano il contesto, in particolare quello scolastico, con punti di vista divergenti. Tuttavia, la loro riflessione intrinseca rivela una convergenza verso le stesse finalità, portando così alla condivisione e all’unione dei due personaggi. Nell’ Ombra del Giorno, questo intricato processo viene favorito dal sentimento amoroso che lega i due protagonisti, andando a coniare la famosa, e spesso usata, affermazione “gettare il cuore oltre l’ostacolo”. Tuttavia, la strada dei due amanti è disseminata di numerosi ostacoli, che vengono abilmente evitati grazie a una sceneggiatura che custodisce gelosamente l’intima profondità del loro sentimento, con un marcato sapore rétro. I due protagonisti diventano, quindi, responsabili delle complesse sfide affettive, aggravate ulteriormente dai pericoli dovuti alla clandestinità del loro rapporto. Il cast sostiene una dura prova nel tradurre personaggi idealisticamente distanti dalla società odierna. Esempio palese è Luciano, che emerge come un sostenitore precoce del fascismo, offuscato, come tanti, dagli apparenti progressi raggiunti negli anni precedenti all’alleanza con Hitler, ma dissidente verso la folle politica, sempre più repressiva, negli anni a seguirsi. Ciononostante, mantiene un tratto ideologico di stampo evoliano (Julius Evola, 1898 – 1974), prova dell’inalterabilità dei principi fondamentali di cui i personaggi vengono dotati.

Luciano (Riccardo Scamarcio) e Ester (Benedetta Porcaroli)
Luciano (Riccardo Scamarcio) e Ester (Benedetta Porcaroli)

Non mi sentivo all’altezza di questo personaggio e di restituirle le complessità e la tridimensionalità che poi aumenta di difficoltà rispetto al fatto che il linguaggio non è minimamente uguale a quello a cui siamo abituati oggi e che conosco.

Benedetta Porcaroli

Le preoccupazioni legittime dell’attrice venticinquenne si trasformano in un risultato che soddisfa appieno le aspettative riposte in lei dal regista. Come dimostrato nei suoi lavori precedenti, l’attrice mostra un’empatia naturale nei confronti del set e dei personaggi che interpreta. Riesce a dimostrare una straordinaria versatilità, come già evidenziato nei suoi cambi di registro, passando dal dramma adolescenziale di Baby, serie TV trasmessa su Netflix tra il 2018 e il 2020, in cui interpreta una giovane coinvolta in un giro di prostituzione minorile nell’alta società romana, fino alla convincente interpretazione del massacro del Circeo nel film La Scuola Cattolica (2021), diretto da Stefano Mordini e basato sul romanzo di Edoardo Albinati, in cui veste i panni di Donatella Colasanti. Riccardo Scamarcio, regala un’interpretazione straordinaria del protagonista della storia, diventando il pilastro identitario dell’intera pellicola, accompagnando lo spettatore in un percorso amoroso distante dalle ingenuità di cui si è fatto carico nei primi anni di carriera, come nel caso di Tre Metri Sopra il Cielo, film del 2004 tratto dall’omonimo romando di Federico Moccia diretto da Luca Lucini.

Spesso c’è anche un pregiudizio nei confronti delle storie d’amore. Si tende a considerare i film d’amore, i melò, come questo, quasi come se fossero dei film facili, secondari, in realtà non è così. Raccontare l’amore al cinema è la cosa più difficile e importante. I film che ci ricordiamo, che abbiamo amato, sono tutte storie d’amore.

Riccardo Scamarcio

Con la sua convinzione e sicurezza, conferma ancora una volta la sua abilità di interpretare i personaggi in modo autentico, mantenendo una visione artistica che si situa tra l’astrazione introspettiva e la concretezza comunicativa. Tali elementi, distintivi della sua espressività attoriale, sono già emersi in lavori precedenti come Mine Vaganti di Ferzan Özpetek del 2010, fino al più recente L’Ultimo Paradiso del 2021, diretto da Rocco Ricciardulli. Il regista, sfruttando appieno l’ambientazione, carica il film della giusta dose di tensione, giustificando il lento ma, al contempo, fluido svolgersi degli eventi, molti dei quali si sviluppano nel suggestivo Caffè Meletti, un luogo storico che si intreccia in maniera coerente con la trama. La fotografia contribuisce a creare una coesione visiva che si sposa perfettamente con l’atmosfera del film. Scopo ultimo del regista, quello di distinguersi per la sua autenticità narrativa, che si discosta dalla tradizionale impostazione storiografica tipica del periodo a cui fa riferimento, concentrandosi invece sui sentimenti, evitando le banalità e gli eccessi retorici in cui spesso il linguaggio cinematografico può cadere. I canoni espressivi, seppur melò, vengono resi originali dalla maestria degli interpreti e dalla ferma volontà essenzialistica di Giuseppe Piccioni, affermando l’opera per la sua romantica accezione, ma soprattutto per l’assenza di cliché, nel panorama cinematografico italiano.

In conclusione

Il lungometraggio staziona nel mezzo del sentimentalismo distopico e della realtà amorosa nella forma più primordiale del linguaggio cinematografico, andando a creare una fusione ampiamente apprezzabile dall’eterogenea platea appassionata del genere. I meccanismi narrativi, se anche flemmatici, favoriscono l’attenzione dello spettatore, tenuti in piedi dalle tormentate aspettative sull’epilogo dell’opera. L’ Ombra del Giorno è un racconto adattato in una determinata epoca, dalla quale trae l’ispirazione necessaria affinché possa rientrare nelle condizioni secondo cui è stato concepito, da non confondere con opere che sfruttano la medesima impostazione viaggiando nell’opposita direzione. In tal senso, ricerca un pubblico interessato ad andare oltre le parole che attraversano lo schermo, che superi i contesti e cerchi una visione nitida, nella forma più sublime e centrale, dell’espressione dei sentimenti.

Note positive

  • Proposta sentimentale alternativa
  • Trama
  • Regia
  • Recitazione

Note negative

  • /
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