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Nezouh – Il buco nel cielo
Titolo originale: Nezouh
Anno: 2022
Nazione: Regno Unito, Siria, Francia, Qatar
Genere: Commedia, Drammatico
Produttori: Yu-Fai Suen, Soudade Kaadan, Marc Bordure
Distribuzione italiana: Officine UBU
Durata: 103 min
Regia: Soudade Kaadan
Fotografia: Helene Louvart, Burrak Kanbir
Montaggio: Soudade Kaadan, Nelly Quettier
Musiche:Rob Lane, Rob Manning
Attori: Nizar Alani, Kinda Alloush, Samir Al Masri, Hala Zein, Darina Al Joundi
Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, ha assegnato il Premio Diritti Umani Amnesty International a Nezouh – Il buco nel cielo, in occasione della 28a edizione del Medfilm Festival di Roma, con la seguente motivazione:
Perché racconta con delicatezza e apparente leggerezza una pagina imperdonabile della nostra storia recente. E commuove la forza con cui questo racconto a tratti surreale e sempre poetico celebra caparbiamente la vita, la resistenza e la capacità delle donne e dei giovani di prendersi il ruolo di motori del cambiamento profondo.
Trama di Nezouh – Il buco nel cielo
Quando una bomba provoca uno squarcio nel tetto dell’appartamento in cui vivono a Damasco, la quattordicenne Zeina e i genitori si trovano improvvisamente esposti al mondo esterno. Un giorno, un ragazzo che vive nelle vicinanze cala una corda attraverso l’apertura nel tetto e così Zeina può vivere il primo assaggio di libertà. Mentre il padre è determinato a rimanere nella città assediata per non diventare un rifugiato, questa nuova finestra apre un mondo inimmaginabile di possibilità a lei e alla madre, che ora si trovano di fronte al dilemma se restare o fuggire.

Recensione di Nezouh – Il buco nel cielo
Il film Nezouh è il terzo lungometraggio della regista siriana Soudade Kaadan che ha esordito con The day I lost my shadow (film di finzione premiato a Venezia con Leone del futuro nel 2018) e diretto il cortometraggio Aziza, anch’esso premiato al Sunday Dance Film Festival. Già con esperienze documentaristiche su Damasco, in questa pellicola la regista Soudade Kaadan, attraverso una narrazione lirica, con echi di un qualche “neorealismo”, racconta di coloro che fuggono dagli orrori della guerra e di coloro che restano: una dramma che inghiotte brandelli di legami parentali, negli sguardi assorti tra sogno e realtà di una vicenda familiare. I protagonisti (padre, madre e giovane figlia) vivono asserragliati nel loro bunker domestico, senza acqua, cibo e luce…Il cielo stellato (di kantiana memoria)non si vede più e la città sventrata dal segno delle macerie è la scenografia del film.
C’è un “interno giorno” in penombra, entro il quale bisogna munirsi di pistola, improvvisarsi rivoltoso, come tenta di fare Motaz (l’ottimo Samir al-Masri) per difendere la figlia Zeina (una straordinaria giovanissima Hala Zein) e la moglie Hala ( la bravissima Kinda Alloush). Movimenti di macchina, lenti (mai noiosi) raccontano l’angoscia ineluttabile dell’assedio. Quando un ordigno cade sul tetto della casa, aprendo una voragine, il silenzio filmico viene interrotto dal boato che irrompe. L’ “interno giorno” è un interno a metà, polverizzato dall’esplosione, luogo da cui si è guardati e dal quale si guarda. Il palazzo colpito è il territorio franco al di qua della linea del fronte: la regista usa la macchina da presa in “soggettiva” della giovane Zeina che, da dove si trova, spia la madre dal tetto e scruta il giovane Amer (il bravo, anche lui giovanissimo Nizar Alani). All’interno di un particolare movimento di macchina (detto “a salire”) la vita, il sogno, e la libertà passano attraverso quel “buco nel cielo”, per superare il realismo ed entrare come dice la stessa regista “nel realismo magico “.

Scopri anche: Intervista a Soudade Kaadan sul film da lei diretto Nezouh – Il buco nel cielo (2022)
Questo movimento della cinepresa (reso possibile anche attraverso l’uso di steadycame) rappresenta un moto ascensionale che decide di estrarre dalle mura della casa/maceria, coloro che si vogliono emancipare (la fanciulla, la madre e il ragazzo) ed esclude chi vuole restare (il padre). In questo universo travagliato, tra il restare o andare verso un vero mare (non quello proiettato sul muro, come nella bella sequenza dei due ragazzi sul tetto)sopravvivono il “wi-fi”e il “tablet”, aspetti “visibili” e materici del “mondo libero”. Con il passare del tempo, le due figure femminili (madre e figlia) diventeranno “antagoniste” di Motaz che cerca di camuffare gli squarci, con delle lenzuola: in attesa della fine della guerra, Motaz, il capofamiglia avviluppato su se stesso, vuole restare, nel suo status di non-rifugiato.

In conclusione
In una sequenza preceduta dal volo inconsueto di un drone, il giovane Amer afferma che la ripresa dall’alto di una Siria distrutta, è merce che può valere molti, molti soldi. Una canzone “rap”, che parla della notte di Damasco quando non si dorme perché ci sono le bombe, risuona sotto una galleria – rifugio. La caratteristica peculiare del film Nezouh (in arabo, spostamento di anime, acque e persone) è quella si saper affrontare il tema difficile, quanto mai attuale della guerra, senza retorica. La fotografia, già bella, diventa efficace in una sequenza dove la luce passa attraverso i fori delle pallottole. Emozionante, da non perdere.
Note positive
- Sceneggiatura
- Fotografia
- Attori
Note negative
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