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Radiofreccia
Titolo originale: Radiofreccia
Anno: 1998
Paese: Italia
Genere: Drammatico
Produzione: Fandango
Distribuzione: Medusa Film
Durata: 112 min
Regia: Luciano Ligabue
Sceneggiatura: Luciano Ligabue, Antonio Leotti
Fotografia: Arnaldo Catinari
Montaggio: Angelo Nicolini
Musiche: Luciano Ligabue
Attori: Stefano Accorsi, Luciano Federico, Serena Grandi, Francesco Guccini, Alessio Modica, Patrizia Piccinini, Paolo Maria Scalondro, Enrico Salimbeni, Cristina Moglia, Roberto Zibetti, Cosima Coccheri, Davide Tavernelli, Manuel Maggioli, Paolo Cremonini, Ottorino Ferrari, Fulvio Farnetti
Il film si ispira apertamente al romanzo di Ligabue “Fuori e dentro il borgo”, e il successo che ne viene fuori è stato a dir poco inaspettato, riuscendo a conquistare ben tre David di Donatello, due Nastri d’argento e quattro Ciak d’oro. Ma il riconoscimento non fu solo nazionale, infatti la pellicola fu proiettata nel 2006 al museo MoMA di New York. Un bottino prezioso per Ligabue che è alla sua prima opera dietro la macchina da presa. Chi non è al suo primo lavoro invece è il protagonista Stefano Accorsi (Freccia), che si presenta all’appuntamento con Ligabue con ben nove film all’attivo; tra i quali Naja e I piccoli maestri. Impossibile non citare la partecipazione di Francesco Guccini nei panni di Adolfo, proprietario del bar punto di ritrovo dei protagonisti. Ma oltre al protagonista assoluto Accorsi e alla presenza secondaria ma illustre di Guccini dobbiamo sollecitare anche la parte di Luciano Federico (Bruno), vero megafono del racconto, un racconto scandito da esperienze di vita terribili addolcite da momenti di svago e da un Soundtrack da brividi. Nel film troviamo anche Serena Grandi.
Trama di Radiofreccia
Bruno Iori( Luciano Federico), un giovane radio amatore racconta attraverso la sua voce lo spaccato di vita della sua comitiva nella Correggio degli anni ‘70, dalla fondazione di Radio Raptus alla dipendenza dall’eroina del suo migliore amico Ivan – alias Freccia – (Stefano Accorsi). Un tracciato che vede oltre alle drammatiche dinamiche di vita di alcuni amici, anche il boom di un fenomeno in grande espansione in quegli anni, ovvero la nascita delle radio libere.
“Invece le canzoni non ti tradiscono. Anche chi le fa può tradirti, ma le canzoni, le tue canzoni, quelle che per te hanno voluto dire qualcosa, le trovi sempre lì, quando tu vuoi trovarle. Intatte. Non importa se cambierà chi le ha cantate. Se volete sapere la mia delle canzoni, delle vostre canzoni vi potete fidare.”
Radiofreccia – Bruno ( parlando alla radio)
Recensione di Radiofreccia
Il film è un lungo flashback di Bruno (Luciano Federico) che una notte del 1993 chiude definitivamente l’emittente radiofonica Radiofreccia, una volta Radio Raptus, ripercorrendo i ricordi della sua gioventù e quella dei suoi migliori amici. Il nome della cittadina in questione non è mai nominato, ma tutto lascia presagire sia Correggio, paese di Luciano Ligabue.
La pellicola diventa un Cult assoluto, un po’ per l’interpretazione magistrale dei protagonisti, un po’ per la genialità di Ligabue d’inserire nel prodotto una Soundtrack sublime, con il top del top della galassia musicale Rock ‘n Roll degli anni ‘60 e ‘70. È altissimo il grado d’immedesimazione nei confronti degli eventi che accadono, ma Ligabue sembra essere già un veterano del mestiere, riuscendo a colpirci emotivamente attraverso le dinamiche e allo stesso tempo accarezzarci attraverso le note d‘Iggy Pop, Doobie Brothers, Lou Reed e David Bowie, che per chi è dotato di un minimo di coscienza musicale è davvero tanta roba, facendoci annusare la vera essenza di quegli anni. Anni particolari, dove troviamo diversi spartiacque sia in ambito sociale che politico. Anni in cui pesa ancora tanto l’eredità lasciata dal ‘68, con le lotte studentesche, quelle sindacali, il boom delle droghe pesanti – in particolare l’eroina -, e la scia di sangue che lascia sul campo la strategia della tensione. Ma Luciano Ligabue si focalizza su un altro aspetto rivoluzionario di quell’epoca, ovvero la nascita delle radio libere, dei veri e propri megafoni sociali e culturali, dove quella generazione trovava libero sfogo della sua creatività e dei propri disagi, ma Ligabue trova elemento di critica non su l’oggettiva exploit del fenomeno, ma sul fatto che le radio libere subiscono una mutazione quasi ineluttabile in radio commerciali.
“Be’… Probabilmente quella volta più che chiedermi perché mi sono chiesto perché no?”
(Freccia) [sulla sua prima volta con l’eroina]
Ma tralasciando aspetti di contorno e contesti generali non possiamo ignorare il vero sviluppo del racconto, uno sviluppo che si focalizza con la parentesi droga, una parentesi agghiacciante che ci incanala all’interno del racconto in una dimensione improvvisamente drammatica ed emotivamente folgorante.
Ligabue ci tiene in una comfort – zone per una buona prima parte del film per poi chiudere il sipario della spensieratezza per accompagnarci gradualmente in un labirinto di disagi, dipendenze e dispiaceri. Un prodotto di qualità eccelsa per contenuti umani e artistici, con una sceneggiatura e riprese da applausi. Un prodotto che nei piani di Ligabue forse voleva essere il manifesto di una generazione sbandata vittima della provincia e del suo destino, e se questo era il suo intento non possiamo dire ci sia andato lontano.