Shiva Baby (2021): l’ansia claustrofobica dell’età adulta

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Shiva Baby

Anno: 2021

Paese: USA, Canada

Genere: Commedia, Commedia nera

Produzione: Neon Heart Productions

Distribuzione: Utopia, Pacific Northwest Pictures

Durata: 95min

Regia: Emma Seligman

Sceneggiatura: Emma Seligman

Fotografia: Maria Rusche

Montaggio: Hanna A. Park

Musiche: Ariel Marx

Attori: Rachel Sennott, Molly Gordon, Polly Draper, Danny Deferrari

Trailer ufficiale di Shiva Baby

Il film d’esordio della regista canadese Emma Seligman, laureata alla Tisch School of the Arts di NYU, nasce proprio dal suo corto di tesi Shiva Baby, trasformato in un lungometraggio e successivamente selezionato al SXSW e al Toronto Film Festival. Distribuito dalla piattaforma streaming MUBI, nel cast figura come protagonista Rachel Sennott, che oltre a recitare, è una comica e scrittrice divenuta famosa per l’originalità con cui racconta la vita dei millennials.

Trama di Shiva Baby

Danielle (Rachel Sennott), una studentessa di arti liberali in lotta per adattarsi alle esigenze dell’età adulta e all’imminente “mondo reale” del post-laurea, viene catapultata in una giornata infernale. Difatti uno shiva – rituale ebraico post-funerale – diventa l’ambientazione perfetta per una serie di scontri sempre più angoscianti e indesiderati. Dopo un incontro da sugar baby, la ragazza viene trascinata al funerale dai suoi genitori ed è insicura di conoscere la defunta. Allo stesso tempo deve respingere le domande insistenti dei presenti sul suo corpo, sul futuro lavorativo, evitare l’ex fidanzata (che tutti conoscono) e il suo attuale sugar daddy, presente allo shiva perché amico del padre.

Emma Seligman e Rachel Sennot sul set di Shiva Baby

Recensione di Shiva Baby

Shiva Baby nasce dall’unione di due termini: sugar baby e shiva. La prima, è un’espressione che identifica una persona supportata finanziariamente da una più adulta (sugar daddy o sugar momma) in cambio di compagnia o favori sessuali. La seconda è riferita allo shiva, una veglia funebre ebraica che può durare fino a sette giorni, in cui parenti e amici si riuniscono a casa della persona estinta, portando da mangiare alla famiglia. Questa intersezione d’intimità e isolamento è alla base della commedia d’esordio di Emma Seligman, il cui film inizia letteralmente col botto (sul divano di un loft inondato di luce). Nella scena d’apertura infatti, incontriamo la protagonista con lo sugar daddy Max (Danny Deferrari), che prima di andarsene, accetta in regalo un braccialetto tempestato di diamanti che si rivelerà in seguito la pistola di Cechov del film. La conversazione tra i due è breve e la performance fisica degli attori implica una dinamica di potere in cui lei ha il dominio.

Danielle e Max in Shiva Baby (2021)

Questa però, è una sottovalutazione di quello che avviene nei successivi 75 minuti, una volta che Danielle si ritrova allo shiva in balia sia della sua l’ex Maya (Molly Gordon), sia dello sugar daddy Max, lasciato frettolosamente la mattina stessa. Il funerale si trasforma rapidamente in una casa angusta piena di persone che commentano il peso di Danielle, si lamentano del fatto che non ha un fidanzato, la insultano quando non è alla portata delle loro conversazioni e cercano malamente di tenerla lontana da Maya. Ma aggiungi Max nel quadretto e le cose peggiorano esponenzialmente; soprattutto quando si presenta la moglie shiksa di lui (Dianna Agron) e una bambina urlante al seguito. Lui le ha mentito e lei ha mentito a lui, a Maya e ai suoi genitori. La ragazza si metterà subito sulla difensiva riguardo alla sua educazione (che nessuno sembra capire), al suo futuro (che è mutevole) e alla sua vita sociale (che è del tutto segreta). La famiglia diventa un luogo in cui ci sentiamo più insicuri e vulnerabili invece che protetti. 

Frame di Shiva Baby

L’inferno sono gli altri

In A Porte Chiuse del 1944, Jean Paul Sartre costruisce una stanza senza finestre né specchi metafora di un luogo infernale. I personaggi al suo interno si aspettano di essere torturati, ma pian piano comprendono di essere lì per torturarsi a vicenda. Iniziano allora a tormentarsi gli uni con gli altri con domande o commenti sulla loro vita. Verso la fine del dramma, uno dei personaggi scopre che la porta della stanza è sempre stata aperta, ma né lui né gli altri sono ormai in grado di lasciare la stanza, imprigionati nella rete di rapporti che hanno creato. La frase più celebre dell’opera recita: “l’inferno sono gli altri”, come a intendere l’amara constatazione che esistiamo solo attraverso gli altri e sono i loro giudizi, la loro percezione di noi a definirci. La condanna dell’inferno sartriano diventa quella della protagonista Danielle: essere relegati al giudizio altrui, consapevoli che qualsiasi cosa noi facciamo per alterarlo e apparire migliori, l’ultima parola spetterà sempre agli altri.

Frame di Shiva Baby (2021)

In questo Seligman cattura perfettamente il bello e il dolore della famiglia, il teatro che spesso accompagna ogni interazione sociale e il modo in cui l’identità personale si oppone alla percezione pubblica. C’è da sottolineare inoltre la presenza di una forte critica sociale presente nel film. I paragoni affrettati con registi come John Cassavetes e Noah Baumbach potrebbero marcare il film con il bollino di “cinema borghese”. I due cineasti infatti raccontano spesso protagonisti ricchi, bianchi, di Brooklyn con dilemmi quotidiani e anche se sarebbe ingiusto dire che questi registi trascurano costantemente i privilegi dei loro personaggi, molto raramente li analizzano con la profondità e l’arguzia con cui la regista fa qui.

Per fortuna, questo non avviene tramite una critica alla decisione di Danielle di guadagnarsi da vivere attraverso un’app Sugar Baby, ma smantellando l’illusione che Max le ha presentato del suo successo, con l’eventuale rivelazione che le sue varie indulgenze (dal suo appartamento da scapolo dove porta Danielle, alla sua passione per cenare nei ristoranti più costosi della città) sono finanziate da sua moglie molto più stabile. È una rivelazione che altera fondamentalmente le dinamiche di potere nel dramma e che lascia il posto a una critica molto più tagliente del desiderio maschile di apparire a uno status più elevato. Sia Max che Danielle hanno costruito reti di bugie intorno a loro, ma solo uno di loro lo fa per necessità finanziarie.

Maya e Danielle in Shiva Baby (2021)

Aspetti tecnici e valutazioni

Fatta eccezione per alcune scene di apertura, la maggior parte di Shiva Baby si svolge all’interno e all’esterno di una casa di periferia. L’ambientazione è uno strumento drammatico e strutturale essenziale che stabilisce la crisi centrale per Danielle: è intrappolata. C’è una perversione consapevole nel confinare la protagonista in uno shiva, con i rituali post-funerali che si trasformano in una rappresentazione simbolica del suicidio sociale di Danielle. La sceneggiatrice e regista Emma Seligman impiega una macchina da presa stretta e una fotografia opprimente, così come le corde pizzicate e tintinnanti della colonna sonora di Ariel Marx, in un modo che è più simile all’horror, ma comunque bilanciato allo stato emotivo della protagonista.

Le debolezze dei personaggi vengono sfruttate congiuntamente e proprio quando pensi siano arrivati al limite, sovviene un finale così intenzionale e promettente che il risultato è un trionfo preciso della commedia. Rachel Sennott segue perfettamente questa linea tonale alternata e dà a Danielle un’energia irta che suscita risate. Catturando al contempo l’angoscia paralizzante di una giovane donna che è profondamente insicura del suo posto nel mondo, nel momento esatto in cui tutti si aspettano che lei abbia capito tutto della vita.

Note positive

  • Sceneggiatura di debutto arguta e attuale
  • Editing e fotografia funzionali alle scelte registiche intraprese
  • L’interpretazione di Rachel Sennot e Polly Draper
  • La colonna sonora di Ariel Marx

Note negative

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