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The Djinn
Titolo originale: The Djinn
Anno: 2021
Nazione: Stati Uniti d’America
Genere: horror
Casa di produzione: Mad Descent, Kinogo Pictures, SVO Special Vehicle Operations
Distribuzione italiana: Midnight factory
Durata: 1h 22min
Regia: David Charbonier, Justin Powell
Sceneggiatura: David Charbonier, Justin Powell
Fotografia: Julián Estrada
Montaggio: Justin Powell
Musiche: Matthew James
Attori: Ezra Dewey, Rob Brownstein, Tevy Poe, John Erickson, Donald Pitts
Trailer di The Djinn
Informazioni sul film e dove vederlo in streaming
Arriva in Italia il 15 giugno 2023, direttamente sulla piattaforma one demand di Midnight Factory e in edizione home video, nei formati DVD e Blu-ray, grazie a Plaion Pictures, l’horror soprannaturale The Djinn (2021) secondo lungometraggio del duo David Charbonier e Justin Powell, registi e sceneggiatori del film di genere thriller/horror The Boy Behind the Door (2020). Negli Stati Uniti la pellicola, che vede nel cast Ezra Dewey, Rob Brownstein, Tevy Poe e John Erickson, è stata distribuita in alcune sale selezionate per poi venire distribuita in video on demand, dal 14 maggio 2021, da IFC Midnight.
Trama di The Djinn
1989. Durante la notte, Dylan Jacobs, un ragazzino muto e che soffre d’asma, si sveglia sentendo qualcuno piangere. Camminando lentamente verso la cucina trova sua madre, in lacrime, davanti al lavello della cucina con accanto una candela accesa. La donna si gira e la candela si spegne del tutto. Qualche tempo dopo, nell’autunno del 1989, Dylan e suo padre Michael si trasferiscono in una nuova casa. Il bambino, perlustrando la nuova abitazione e la sua cameretta, trova un vecchio specchio polveroso e un libro alquanto antico dal titolo oscuro: Il libro delle ombre. Il tomo istruisce il lettore sul come far avverare i propri desideri attraverso l’evocazione dell’entità djinn. Il testo afferma che, un’ora prima della mezzanotte, l’evocatore deve mettere tre gocce del suo sangue nella cera di una candela ed esprimere, dinanzi allo specchio, il proprio desiderio. Lo scrittore però ammonisce il lettore che il desiderio potrebbe costare caro all’evocatore, perché il djinn, prende sempre in cambio qualcosa dal suo evocatore. Nonostante questo avvenimento il piccolo Dylan, che si trova da solo in casa, decide di compiere il rito, desiderando ardentemente poter parlare. Il giovane però è ignaro di ciò che ha scatenato e di come poter fermare l’avanzata dell’oscuro djinn.

Recensione di The Djinn
Non sempre le ciambelle escono con il buco, ciò è corretto asserirlo per The Djinn, un lungometraggio che rimane godibile, essenzialmente, per l’abile mano registica del duo David Charbonier e Justin Powell e per il compatto tecnico visivo e musicale presente nel lungometraggio. La scenografia, la colonna sonora e i costumi ci fanno entrare dentro le atmosfere disco degli anni ‘80, attraverso scelte musicali efficaci e un attenta ricostruzione scenografica dell’ambiente circostante, un appartamento in cui è presente una radio tipica degli anni ‘80, uno vecchio televisore non funzionante e un gioco robot con voce metallica. The Djinn è un po’ come Stranger Things, è impregnato, fin nel midollo, da questa verve anni ‘80, grazie a un attento e intenso uso della colonna sonora, che sfrutta, nella prima parte, canzoni disco per creare la giusta atmosfera familiare e gioviale, per poi passare a melodie e suoni più oscuri e horror nel procedere degli eventi narrativi, senza dimenticare però il suono delle tastiere, strumento abusato nell’epoca musicale.
La fotografia gioca a livello visivo, passando da tonalità e colori diversi a secondo del momento narrativo, ad esempio in una scena in cui il Djinn ricerca il bambino abbiamo una fotografia impregnata da un colore rosso (elemento di pericolo) che poi diluisce entro una colorazione più verosimile alla vicenda. A livello registico non abbiamo niente da recriminale, i due cineasti si erano già dimostrati abili a trattare soggetti ambientati in uno spazio chiuso in The Boy Behind the Door, dimostrando tutte le loro qualità registiche nel raccontare storie con al centro bambini che devono scappare e nascondersi dal loro assassino o aguzzino, se però in The Boy Behind the Door il pericolo arrivava da un entità fisica in The Djinn si spostiamo entro componenti paranormali, connessi all’elemento demoniaco e infernale. La regia sfrutta in maniera incessante dei piani sequenza (avvolte più brevi altre volte più lunghi) al fine di farci provare una sorta di suspense per tutta la durata filmica. La regia, grazie anche a questa scelta stilistica, riesce a mostrarci nel dettaglio l’intero appartamento che, anche noi, alla fine della pellicola, conosciamo in ogni suo dettaglio.
David Charbonier e Justin Powell
Avevamo un altro film per le mani, che doveva entrare in produzione alla fine del 2018, ma che alla fine è saltato. […] Poi, è venuta fuori la possibilità di accedere a un appartamento per circa un mese. Il protagonista l’avevamo, perché Ezra Dewy era stato già scelto per il film che non si è fatto. Ezra è un attore straordinario, davvero incredibile, per cui abbiamo sfidato noi stessi a inventare e a girare in tempi brevi una storia con questi elementi: un piccolo appartamento e un bambino.
La storia però funziona solo a livello visivo e tecnico e nella creazione del Djinn, figura leggendaria della tradizione araba che ha funzione di genio, ma non un genio come quello di Aladdin ma più oscuro e pericoloso, che pretende qualcosa in cambio dalla suo “padrone”. Se il mostro risulta interessante su carta non appare mai realmente pericoloso durante la vicenda, anzi, sembra un entità maligna poco capace di catturare e uccidere le sue vittime. Inoltre la vicenda pecca a livello di sceneggiatura, soprattutto nella creazione del rapporto genitoriale tra madre e figlio, un legame che i due cineasti riescono malamente a raccontare. La storia alla fine ricade interamente entro un concetto semplice come: accontentati di ciò che hai, non cercare altro, ma cerca di essere felice per quello che hai già. Questo è il messaggio finale che lo spettatore può ottenere dalla vicenda.

In conclusione
Una pellicola pregevole a livello estetico ma che a livello di trama è veramente poca cosa. Gli autori avrebbero dovuto, forse, rendere la vicenda un cortometraggio, e se volevano realizzare un film avrebbero dovuto scavare più a fondo nel legame tra il bambino e la madre, alla fine abbiamo una storia molto prevedibile con un finale alquanto scontato, che funge solo da messaggio buonista.
Note positive
- Regia
- Fotografia
- Colonna sonora
- Montaggio
Note negative
- Scrittura dei personaggi
- Sceneggiatura
- Storia prevedibile